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Ma il treno va?
Nicola Parodi
Appartengo alla scuola di pensiero che ritiene che non si debbano fare solo opere che producano reddito ma opere che, nell’interesse di tutti, siano utili ai cittadini. Non penso che gli antichi romani abbiano costruito la loro rete di strade per ricavarne un reddito. In un paese con un livello di civiltà normale si dovrebbe poter valutare l’opportunità di realizzare un opera pubblica senza che a impedire un giudizio sereno si frapponga il dubbio (o la quasi certezza) che i conti vengano truccati per l’interesse di qualcuno. 

I recenti scandali relativi alle grandi opere hanno anche riacceso il dibattito sull’alta velocità ferroviaria con articoli di stampa che contengono informazioni tecniche non sempre puntuali. Non voglio in questa articolo discutere dati relativi alla redditività o meno delle linee AV/AC attualmente in costruzione. Probabilmente per la linea AV Torino-Milano-Bologna-Firenze  Roma-Napoli su cui circolano attualmente i treni AV, con i denari incassati con i pedaggi, RFI non riesce a coprire le spese per mantenerla in esercizio.

Capita però di vedere utilizzare, a sostegno di una o dell’altra tesi, dati irreali. Ad esempio si dice che sulle linee AV  circoleranno anche treni merci. I treni merci tradizionali sono lenti e pesanti essendo molto più lenti dei viaggiatori su linee con intenso traffico viaggiatori (le uniche su cui potrebbe essere teoricamente giustificata la necessità di treni viaggiatori AV) creerebbero conflitti di circolazione tali da non permettere la circolazione contemporanea di treni viaggiatori e merci; inoltre le ore libere da treni viaggiatori dovrebbero essere essenzialmente riservate alla manutenzione. Anche supponendo che la circolazione dei treni viaggiatori non sia molto intensa occorrerebbe prima valutare i rischi che possono esserci nella circolazione contemporanea di merci e viaggiatori. Inoltre, per andare a 300 km/h  il binario deve essere “un bigliardo”, i treni merci normali, sia per effetto della massa per asse che della massa complessiva, creano forti sollecitazioni al binario causando rapidamente il degrado delle caratteristiche geometriche del binario stesso con la conseguenza di far ridurre la velocità per i treni viaggiatori. Per onestà intellettuale non si può però non dire che la UE aveva finanziato un progetto denominato HISSPEEDMIX per un trasporto merci particolare da effettuarsi con treni composti con materiale rotabile derivato dai treni viaggiatori, in grado di viaggiare a  fino a 300 km/h e caricato a 17 tonnellate per asse per non deteriorare i binari. Questo tipo di servizio serve? può avere un futuro? Discussione aperta.

Un altro dato spesso non correttamente utilizzato è quello relativo alla potenzialità di una linea.

Il numero dei treni che possono circolare su una linea  è determinato da molti fattori. Premessa: per garantire la sicurezza è necessario  che fra due treni  ci sia un segnale “rosso”; in ragione del basso coefficiente di attrito, il macchinista deve essere avvisato in anticipo (normalmente oltre i 1200 m) di un successivo segnale rosso per poter arrestare il treno senza superare lo stesso. Se immagino un tratto di linea a doppio binario su cui circolano treni viaggianti alla stessa velocità  posso avere un numero di treni condizionato solo dalla velocità dei treni e dalla distanza  di sicurezza  fra un treno ed il precedente. Ad esempio, per le ragioni suesposte, fra due treni che si seguono viaggiando a 120 km/h la distanza deve essere   di circa 3 km e viene percorsa in 1,5 minuti. In teoria, stando a lato della ferrovia, si potrebbe vedere  passare un treno ogni 1,5 minuti. Questo genere di ragionamento  vale solo su una pista circolare per ferromodellisti. Far circolare  treni su una ferrovia vera non è cosi facile. Intanto almeno i treni viaggiatori devono fare qualche fermata costringendo a fermarsi anche il treno che lo segue immediatamente e cosi via; tutti abbiamo presente l’effetto coda che si crea in autostrada con traffico intenso quando un mezzo lento invade la corsia di sorpasso. I  parametri da tener presenti per valutare la potenzialità di una linea sono svariati. Uno, a cui difficilmente pensano i non tecnici, riguarda la necessità, sulle linee principali che sono a trazione elettrica, di avere fra due treni un congruo intervallo di tempo dipendente dalle caratteristiche della linea elettrica di alimentazione e dalla velocità o peso dei treni per non creare problemi ai conduttori[1]. Ma a condizionare il numero dei treni in circolazione è soprattutto la potenzialità dei nodi. Pensiamo ad una stazione come Alessandria in cui convergono, da sud, 3 linee a doppio binario e una a semplice binario, da nord, due linee a doppio binario, in più i binari da e per Alessandria Smistamento. É facile verificare che se da ogni linea arrivassero in stazione gli oltre 220 treni potenzialmente previsti da diversi modelli teorici per le linee a doppio binario e i 70/80 previsti per una linea a semplice binario, in stazione arriverebbe un numero di treni tale da rendere difficile gestire gli arrivi e le partenze dei treni contemporaneamente a tutte le restanti operazioni che solitamente  si devono svolgere in una stazione. Ovviamente devono essere, e sono, adottati tutti gli accorgimenti per sfruttare appieno le potenzialità delle stazioni. A limitare la potenzialità sia delle linee che delle stazioni ci sono poi i lavori di manutenzione che perlopiù  devono svolgersi senza treni in circolazione e non possono essere fatti solo di notte.

Se le maggiori soggezioni per la circolazione derivano dai nodi, una delle soluzioni sarebbe quella di fare in modo che i treni evitino di attraversarlo senza una ragione. Si tratta di realizzare ad esempio le cosiddette linee di cintura, ma in Italia sono pochissime ad esempio Torino non ha una cintura merci.

Sicuramente per snellire il traffico merci è più efficace una  spesa contenuta per qualche tratto di quadruplicamento, qualche nuova cintura ferroviaria anche per nodi di media importanza, più che nuove linee. Ma i problemi per realizzare queste opere, oltre che da scarsa attenzione della politica, derivano in buona parte dall’urbanizzazione selvaggia e dallo scarso rispetto delle distanze dai binari per le nuove costruzioni stabilito dal DPR 753/80. I problemi da affrontare nel gestire una rete ferroviaria, una stazione sono tanti (ad esempio secondo voi quanti annunci si possono fare in una stazione senza che, per chi è in attesa di un treno, si produca l’effetto “torre di Babele”?) e non si può pensare che la complessità del sistema ferroviaria possa essere descritta esaustivamente in una paginetta. (alla prossima).

Bene o male, però, il treno va!

 



[1] Per approfondire consultare il numero di Marzo 2006 de “La Tecnica Professionale” rivista del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani

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