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Il futuro del centro-sinistra
Prove generali in Sicilia
Mauro Calise (*)

 

Cercando la bottiglia mezza piena, è una fortuna che ci siano a novembre le elezioni regionali in Sicilia. Nel caos politico in cui ci ritroviamo, la tenzone per Palazzo D’Avalos offre la possibilità di provare uno schema di gioco – tradotto in politichese: di alleanze - per vedere l’effetto che fa. E, quindi, di replicarlo o bocciarlo in primavera, quando la posta in gioco sarà il controllo di Palazzo Chigi. Per un caso – alla bisogna, propizio – l’esperimento siciliano raddoppia il suo valore strategico grazie al fatto che proprio nell’isola ha la sua roccaforte elettorale il leader di Alleanza Popolare. Oggi ministro degli Esteri, e a lungo a capo degli Interni: insomma, un calibro di tutto rispetto dell’esecutivo a guida Pd. E che rischia di ritrovarsi, se andasse male il combinato disposto delle elezioni siciliane e italiane, disoccupato o, comunque, emarginato. In questa sfida per la sopravvivenza, cosa conviene ad Angelino Alfano? E cosa sono disposti a cedergli i due capi – Berlusconi e Renzi – che vorrebbero stringere un accordo?

Il Cavaliere ha già fatto un passo avanti, importante e non indolore. Mettendo in stand-by Nello Musumeci, il candidato più popolare della destra, proprio perché si era platealmente rifiutato di dialogare con Alfano. E sarebbe probabilmente disposto ad accettare un nome proposto dal suo ex-delfino, che potrebbe in questo modo puntare a blindare la propria regione, se le cose dovessero mettersi male sul fronte nazionale. Il punto debole di Berlusconi è che, però, tutto quello che può offrire riguarda la partita siciliana. Se nell’intesa dovesse rientrare anche la corsa per Camera e Senato, gli alfaniani dovrebbero conquistarsi i – pochi – seggi con i propri denti. Ben sapendo che sarebbero accolti male, anzi malissimo, dai colleghi di Forza Italia che, tre anni fa, hanno abbandonato così platealmente per andare con Matteo Renzi. Per non parlare della eventuale modifica all’attuale legge elettorale, un tavolo dove Berlusconi può giocare solo d’intesa con il segretario Pd. Il quale, se Alfano scegliesse di ritornare nel centrodestra, certo non gli offrirebbe una ciambella di salvataggio abbassando la fatidica soglia di ingresso al Senato.

Ben altra sarebbe, invece, la disponibilità di Renzi se AP, in Sicilia, decidesse di schierarsi con il centrosinistra. Una scelta che apparirebbe in linea con la lunga coabitazione al governo, ma segnerebbe in modo eclatante il definitivo spostamento di campo dei centristi di Alfano. A quel punto, i ponti col passato sarebbero definitivamente tagliati. Senza, però, che fosse ancora chiaro un approdo sicuro per la prossima legislatura. Fino a che punto, infatti, il Pd potrebbe spingersi a trasformare un importante accordo regionale, magari anche comprensivo di una clausola sottobanco per la nuova legge elettorale, in una intesa nazionale strategica? A Renzi, per il momento, non conviene. Come tutti i partiti maggiori, anche il Pd continuerà a fare finta di voler fare tutto da solo. Contribuendo a tener viva la finzione che siamo ancora in un sistema maggioritario in cui si può provare a vincere soltanto con i propri voti. Tutti sappiamo che non è così. Ma i leader lo riconosceranno soltanto il giorno dopo il voto. Solo allora Renzi saprà se aggiungere ai propri parlamentari anche quelli di Alfano per rabberciare una maggioranza. Se gli conviene, se gli è indispensabile, se si devono eventualmente sommare anche a quelli di Berlusconi e sempre che il Cavaliere lo accetti. E sempre, ovviamente, che sia Renzi a tenere in mano il boccino per la formazione del governo.

Insomma una sfilza di se, di incognite che per il momento nessuno è in grado di sciogliere. E che complicano di non poco l’equazione di un’intesa che andrebbe siglata, invece, al massimo entro metà settembre. Anche per questo, non è da escludere che alcune delle cambiali firmate nelle prossime settimane non vengano onorate in primavera. O peggio, vengano cestinate direttamente dagli elettori. Non ci sarebbe molto da sorprendersi se, come prova generale delle prossime elezioni nazionali, l’appuntamento di novembre in Sicilia ci consegnasse il primo fiasco dello spettacolo cui gli italiani son costretti dalla pessima legge elettorale che abbiamo. Titolo: il valzer delle alleanze. Sottotitolo: il valzer degli addii.

                                                                     (*-“Il Mattino”, 12 agosto 2017)

13/08/2017 14:52:48
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