Gli eventi a cui
abbiamo assistito in questi giorni in Spagna, che potrebbero determinare una
dolorosa separazione fra la Catalogna e il resto del paese iberico, non possono
essere sottovalutati in nessun modo dalla sinistra italiana e internazionale.
Se avverrà l’ irreparbile, ovvero lo spezzettamento dei paesi nazionali e le
derive etnicistiche delle piccole patrie, allora saremmo difronte ad un quadro
continentale non solo più sfavorevole allo sviluppo delle forze progressiste,
ma caratterizzato da un ritorno in grande stile delle crisi economiche e di
possibili conflitti nazionali.
Non credo,
francamente, di esagerare. Vedere l’ Europa, tanto decantata come esempio al
mondo di efficiente processo unitario fra nazioni tramite mercato e moneta
unica, trasformarsi nei fatti in una enorme ‘ Jugoslavia’ non può in nessun
modo essere ritenuto un successo dalle tecnocrazie e dalle classi dirigenti
europee. Il ‘sogno democratico’ europeo è diventato semmai un incubo dal quale
faremo molta fatica ad uscire.
Lo stesso QE di Mario
Draghi ha solo addormentato e rallentato i processi disgregativi che avanzarono
negli anni 2010 e 2011, ma ora tale medicina palliativa non è più in grado
nemmeno di nascondere la realtà determinata da condizioni politiche ormai
fuoricontrollo. Se la crisi europea del 2010 - 2012 è stata contenuta dentro i
confini di una discussione tecnico finanziaria relativa ai debiti pubblici, la
crisi attuale è inevitabilmente sociale, politica e istituzionale; pone in
sostanza in questione l’ intera impalcatura dell’’ Unione come è venuta
storicamente a determinarsi.
La situazione attuale
costringe tutti ad approfondire la riflessione e l’ analisi per capire come è
stato possibile vedere degenerare fino a questo punto un tentativo di unità
europea basata sulla libertà di impresa e del mercato, che oggi affoga nei
revanscismi nazionalisti e nella crisi sociale e economica.
In sintesi credo si
possa annotare quanto segue:
1.
La vicenda spagnola dimostra come l’ Europa non sia
affatto una unione politica, ne tantomeno sociale. Essa è solo una unione di
mercato e della moneta, regolata da trattati di cui restano al fondo titolari i
singoli stati. Ne deriva, dunque, una disunione sociale dovuta ai forzati
processi di unione monetaria e di mercato, anzi si intensificano i processi di
disgregazione sociale e di classe all’ interno dei singoli stati e le distanze
economiche fra paesi, a cui segue una accentuata rivalità geopolitica fra le
nazioni che ormai si fatica a nascondere dietro ai ‘patinati’ vertici
diplomatici.
2.
L’ indipendenza catalana si caratterizza per essere un
processo regressivo, fondato su basi etniche e cementato dall’ egoismo fiscale
delle regioni forti contro le aree deboli del paese iberico. Che la destra catalana
abbia assunto e strumentalizzato tematiche democratiche e di sinistra, in
aggiunta al fatto che la sinistra catalana appoggia l’ attuale governo avendo
posizioni ultra indipendentiste, non dimostra affatto che il processo di
secessione in atto possa caratterizzarsi come una situazione gravida di novità
positive e di futuro. La situazione rimane, comunque, strutturalmente
regressiva.
3.
La politica estera americana negli ultimi decenni ha
appoggiato spesso movimenti etnici al fine di disgregare nazioni che potevano
ostacolarne obiettivi e aspirazioni al dominio incontrollato del globo. Il
grande sogno dei diplomatici e strateghi USA sarebbe quello di trascinare in
una lunga serie di conflitti interni grandi imperi etnicamente complessi come
Cina e Russia. Tuttavia tale strategia, come accadde spesso all’ apprendista
stregone, può ritorcersi contro i propri ideatori; chi di conflitto etnico
ferisce di conflitto etnico perisce. Se si guarda ai problemi razziali interni
all’ America e ai conflitti nazionali riattivati nel Regno Unito con la Brexit,
si comprende bene come una disgregazione spinta di un paese europeo
appartenente alla NATO non può essere ben visto dalle burocrazie residenti alla
Casa Bianca.
4.
Lo sviluppo delle politiche neoliberiste provoca un tale
livello di disgregazione sociale e di caos politico da essere fatale agli
stessi meccanismi costituenti il grande mercato mondiale, delle monete e delle
merci. Inoltre, se è difficile ipotizzare una Europa unita con queste nazioni
attuali, così litigiose fra loro, e con questi livelli così bassi di stato
sociale e di solidarietà, mi pare difficile che possa edificarsi l’ unità
continentale sulle disgregazioni rancorose delle nazioni odierne. In sostanza,
non si capisce come una Europa fatta a coriandoli, simile a un vestito di
Arlecchino possa unirsi in modo più efficiente di quella sgangherata esistente
adesso e basata sulle nazioni esistenti da qualche secolo.
5.
La sinistra è del tutto subalterna ai processi etnici in
atto come è in coda al movimento indipedentista catalano, il quale ha
incanalato il moimento sociale degli anni passati verso l’ obiettivo della
secessione. Del resto la burocrazia europea ha bloccato una possibile risposta
da sinistra alla crisi europea, quando ha umiliato nel luglio del 2015 la
piccola Grecia diretta dalla sinistra di Tsiprsas. Tale umiliazione del
tentativo socialdemocratico greco ha dato fiato ai movimenti etnici e
nazionalisti che oggi vediamo nel Regno Unito, in Spagna, nei paesi del gruppo
Visegrad ecc. La sinistra non ha ancora capito che la sua partita si è già
giocata ed è stata persa ad Atene nella estate di due anni fa, quando fu fatto
l’ unico e ultimo tentativo di spostare a sinistra l’ intera costruzione
europea. Fallito quel tentativo siamo ormai immersi nella apoteosi dei
movimenti etnici e nazionalistici ostacolati dalle goffe e impacciate
resistenze delle forze liberali legate all’ alta finanza e ai grandi poteri
filoatlantici.
6.
Nessuno, dunque, è più in grado di dominare le forze
sociali e i processi politici innescatisi negli ultimi due anni. Siamo ormai
agiti dalla storia e non più attori del nostro destino. Niente altro che
spettatori nostro malgrado.
Filippo Orlando
Alessandria 16-10-2017.