Introduzione
1… Con questo libro, frutto
di una selezione di miei articoli e interventi, desidero offrire un contributo al dibattito in corso, soprattutto
fra le forze progressiste e di sinistra, sulle migrazioni attraverso l’area
mediterranea che, in vario modo, seguo dagli inizi degli anni ’80 del secolo
scorso. Ciò anche per far notare che non parliamo per sentito dire.
Per altro, da figlio di
operaio siciliano emigrato, osservo il fenomeno da una posizione “privilegiata”
essendo la Sicilia
divenuta il principale punto di approdo e di transito dei flussi di emigranti.
Ovviamente, non è un problema solo siciliano, ma una drammatica questione
globale nata da cause diverse e che interessa tutte le regioni del Sud del
mondo: dall’Africa all’America Latina, dal Medio Oriente alla Cina, dall’India
al Sud est asiatico. Al Sud Europa. Insomma, una “moderna schiavitù” che, come
quella dei secoli trascorsi, proviene, soprattutto dall’Africa ossia dalla
nostra Terra madre, un continente ricchissimo di risorse naturali e di
contraddizioni politiche e sociali.
Certe condizioni sono mutate ma non la sostanza. A quel
tempo, il traffico schiavistico verso le Americhe era promosso, organizzato da
spietati negrieri e mercanti islamici in combutta (d’affari) con cristianissimi
armatori europei e latifondisti delle Americhe.
Oggi,
i “nuovi schiavi” non vengono cacciati e incatenati come i loro antenati, ma
sospinti, incoraggiati, talvolta anche finanziati, ad emigrare clandestinamente
verso questa vecchia Europa, opulenta e morente, dove saranno usati come
manodopera irregolare in taluni settori dell’economia locale.
Per giungere in Europa gli immigrati devono sottostare
ai tormenti di due “catene” infernali:
la prima, fatta di pericoli e di violenze disumane, che si snoda dal luogo
d’origine fino alle coste europee; la seconda, fatta di mala accoglienza e di
lavoro nero, che li accompagna nei luoghi di destinazione.
Partono, all’avventura,
soprattutto quelli che sono in grado di pagare l’esoso passaggio ai trafficanti
della “prima catena”, di sobbarcarsi migliaia di km per deserti inospitali,
mesi e mesi di permanenza in terribili campi di concentramento, traversate a
bordo di natanti precari e rischiosi, ecc.
E, finalmente, quando
i più fortunati riescono ad approdare in Europa li attende una seconda,
variegata catena di profittatori.
In realtà, questi
flussi sono anche incoraggiati dalle grandi oligarchie globalizzate dominanti
che perseguono un obiettivo chiaro e, per loro, molto conveniente: produrre a
costi da terzo mondo e vendere a prezzi da primo mondo.
2… Tutto ciò è umano?
Chi è il vero razzista: il lavoratore preoccupato di perdere il posto di
lavoro, la vecchia signora che si lamenta per certi disagi che riscontra nel
suo quartiere di periferia o chi organizza e/o sponsorizza tali traffici per
trarne vantaggi e profitti scandalosi?
La
questione non è nominalistica ma di sostanza ed ha un risvolto specificamente
italiano. C’è, infatti, un dato drammatico, largamente sottovalutato,
ignorato, che segnala una fragorosa
ripresa dell’emigrazione italiana. I numeri sono davvero allarmanti. Dai media
si apprende che, negli ultimi anni, sono
emigrati all’estero 265.000 cittadini italiani. Si legge che, nel 2016, dalla
Sicilia ne siano ne siano partiti, addirittura, 1.000 al mese!
Immigrazione ma anche emigrazione,
dunque.
Comunque sia, di la delle
singole situazioni, bisogna affrontare tali problematiche riaffermando i
principi di solidarietà nella legalità, secondo
un assunto inconfutabile: il mondo é uno ed é abitato da una sola razza,
quella umana! Non ci sono superuomini, popoli eletti e primi dei non eletti!
Siamo tutti uguali. Figli dello stesso Sole che ci scalda e della stessa Terra
che ci nutre…
Storicamente, l’umanità è stata tormentata da grandi
disuguaglianze di classe, oggi acuite dalla ricerca spasmodica del profitto,
spesso illecito, come vuole il neoliberismo dominante che produce ingiustizie e
nuove povertà; che, di fatto, ha annullato il diritto a un lavoro stabile e
sicuro, ha alterato pesantemente, a suo favore, il rapporto capitale-lavoro
fino a degradare il lavoratore da persona
a “capitale umano”, a “risorsa
umana” .
Nefandezze che offendono la
dignità dei lavoratori e , ancor di più,
quella degli emigrati che si vogliono schiavi e proni ai voleri di
padroni e padroncini.
Contro tali ingiustizie le
forze di progresso dovranno riprendere la sana abitudine di battersi, unite e
dovunque nel mondo, per riformare le società, l’economia secondo principi di
equità, nel rispetto della Natura e dell’ambiente, all’insegna della
cooperazione fra i popoli e gli Stati, anche per ciò che riguarda
l’emigrazione.
A mio parere, l’Europa, per mantenere un livello
accettabile e diffuso di benessere, deve far ricorso all’immigrazione. Ma
questo non può avvenire, come oggi avviene, in maniera disumana, incivile e
illegale. I “corridoi umanitari” invocati possono lenire parte delle sofferenze ma non estinguerle. Ci vogliono
accordi di cooperazione con i Paesi d’origine, per legalizzare i flussi e
sottrarli alle catene di profittatori. Gli emigrati dovrebbero venire in Europa
con aiuti statali a bordo di mezzi di trasporto moderni e sicuri e, una volta
inseriti nelle realtà produttive, devono essere trattati alla pari dei
lavoratori residenti. Questa sarebbe la vera svolta! Altro che la carità
pelosa, il pietismo d’occasione, invocato anche dagli alti pulpiti.
3… Ciò detto, andiamo al tema specifico che dovrebbe essere affrontato
non con le contumelie, con intolleranze, odio perfino, ma con serenità e con proposte risolutive.
E’ inaccettabile questa
conflittualità da “opposti estremismi” che impedisce una discussione libera e
proficua, che rischia d’ intaccare perfino il diritto costituzionale di potere
esprimere la propria opinione. Della serie: chi più blatera ha più ragione.
E dire che, solo pochi mesi fa, abbiamo difeso, a grande maggioranza, la nostra
bellissima Costituzione laica e antifascista.
In realtà, siamo in presenza di una colossale
mistificazione che vorrebbe dividere gli italiani in razzisti e buonisti!
Si tratta di due rumorose minoranze, due opposti che
alla fine convergono: da un lato una subcultura di tipo razzistico, xenofobo
che rifiuta l’immigrato per principio, cui si contrappone una subcultura di
stile “buonista”, per usare una fraseologia impropria, che non si fa carico di
tutti i problemi (e dei diritti) delle comunità d’origine e di accoglienza.
In questo crogiuolo di posizioni convivono posizioni
“in buona fede” e mire inconfessabili di carattere elettorale e venale. Il
problema è uscire da questa logica paralizzante e ragionare, lottare per una giusta
accoglienza nella legalità. A certa “sinistra” impellicciata si deve ricordare
che - così agendo - si finisce per favorire l’affermazione elettorale (e
culturale) delle destre in Europa e non solo.
Il risultato delle recenti elezioni tedesche e
austriache dovrebbe essere di monito. Per tutti. Un’Europa dominata dalle
destre non sarebbe un buon viatico, prima di tutto per gli emigrati.
4… Dopo oltre un ventennio di migrazioni verso l’Italia e l’Europa, appare chiaro che
non trattasi di un’emergenza ma di un fenomeno di massa incontrollato, indotto da plausibili cause socio-economiche, sovente
strumentalizzate (talvolta alimentate) da certi gruppi di potere locali e
internazionali per obiettivi che poco o nulla hanno a che fare con la dignità
degli emigrati e con l’umanitarismo da più parti invocato.
Un’emergenza si apre e si chiude entro breve tempo.
Quando supera l’arco dei decenni diventa qualcos’altro che abbiamo il diritto
di capire e, se del caso, intervenire per regolamentarla, per correggerne le
storture.
Ogni Paese ha dei limiti nel suo sviluppo, problemi di
compatibilità, di legalità, di bilancio, di sicurezza collettiva di cui devono
farsi carico i governi e le forze responsabili, con spirito di solidarietà e in
armonia con le norme del diritto nazionale e internazionale.
Intanto ribadendo, con
chiarezza, la differenza giuridica fra profughi e altri flussi di migranti.
Secondo le vigenti Convenzioni internazionali, i profughi sono persone
provenienti da zone di guerra o con gravi limitazioni dei diritti umani, ecc.
Con i mezzi di oggi non
dovrebbe essere difficile accertare, in
tempi brevi, lo status giuridico di ogni richiedente asilo.
5… Ogni Stato europeo, firmatario di tali convenzioni, ha il dovere di
accogliere i profughi provenienti da ogni parte del mondo, nella misura
necessaria e sulla base di un’equa distribuzione sul territorio dello Stato e
dei diversi Paesi aderenti all’U.E.
A proposito di accoglienza dei profughi c’è - a mio
avviso- un aspetto non secondario, di solito
trascurato, e che riguarda la responsabilità risarcitoria di chi ha
provocato il “danno” ossia le guerre, gli atti di terrorismo, le occupazioni
militari, ecc.
Si dovrebbe trovare, cioè, il modo di
stabilire, nelle sedi opportune (Onu, tribunale internazionale), un obbligo di
accoglienza, commisurato al danno provocato, da parte di quei Paesi che, con il
loro interventismo militare e con i loro intrighi politici, hanno generato
decine di milioni di profughi dal Medio Oriente all’Africa, al Sud est
asiatico, ecc.
Il discorso vale anche per le quote
di partecipazione agli aiuti che la
“comunità internazionale” dovrà mettere a disposizione per la ricostruzione dei
Paesi distrutti o fortemente danneggiati.
Non é ammissibile, politicamente e moralmente, che i
Paesi aggressori, taluni per altro molto ricchi, possano godersi la “scena”
delle loro distruzioni e passare il conto all’Europa o comunque a Paesi indenni
da tali colpe.
La lista dei Paesi “interventisti” è arcinota. A chi
rifiuta: sanzioni, sanzioni, sanzioni!
6… Per i flussi di altro tipo
valgono le norme vigenti nei singoli Paesi di accoglienza che i governi devono
applicare, invece che stare a guardare o, peggio, assecondare.
So di urtare la sensibilità
di molti amici di FB, ma credo che abbia ragione il ministro Minniti quando
afferma che: «L'immigrazione è una gigantesca questione epocale, di fronte alla
quale una democrazia forte e autorevole non si colloca con l’idea
di inseguire il fenomeno, ma con quello di governarlo…”.
Su come “governarlo” e con
quali proposte c’è da discutere. Importante è ragionare con la propria testa e
sulla base di giudizi ponderati e non di pregiudizi inveterati, come spesso
accade.
In attesa delle nuove regole,
l’Unione Europea, invece di
limitarsi a gestire malamente i flussi,
dovrebbe attivarsi per costruire, insieme ai Paesi d’origine, una
soluzione politica duratura e condivisa. Potrebbe
promuovere una Conferenza intergovernativa sulle migrazioni per giungere ad
accordi, bilaterali e multilaterali di regolamentazione dei flussi, di
cooperazione, di aiuto ai Paesi più poveri, finanziando programmi per uno
sviluppo auto-centrato e diversificato.
“A chi ha fame - diceva Mao - non si deve offrire un
pesce, ma insegnargli a pescare”. A tale fine, appare necessario riformulare
gli strumenti d’intervento della cooperazione internazionale, introdurre nuove
norme per riqualificare la spesa di settore e rimodulare e re-indirizzare il
ruolo delle Ong le quali devono produrre, in loco, istruzione, formazione e,
soprattutto, assistenza allo sviluppo economico, occupazione e cultura
democratica, ecc.
Ovviamente, tali ipotesi non
sono esaustive. Altre ve ne sono o potranno venire. Il dibattito resta aperto,
senza dimenticare un diritto umano fondamentale che ho richiamato nel testo: “Se il mondo fosse più giusto e solidale,
dovrebbe riconoscere, e attuare, come primo diritto umano quello di non-
emigrare ossia non costringere gli uomini e le donne del Pianeta ad abbandonare
la propria casa, la propria terra in cerca di un lavoro, di una vita migliore.
Per chi lo desidera dovrà sempre esserci un diritto a
emigrare, di spostarsi liberamente, per scelta non per costrizione. Purtroppo
così non è.”
(a.s.- ottobre, 2017)