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Il futuro del centro-sinistra
I “pazzi” della sinistra rinsaviranno?
Franco Livorsi


Avendo scritto qui, il 19 ottobre, un lungo articolo - che a quanto pare è stato non poco letto - intitolato “La congiura dei pazzi” - sulla pervicace volontà delle diverse fazioni della sinistra, da Bersani a Renzi, di seguitare a combattersi senza quartiere anche mentre la casa della sinistra, e forsanche quella della democrazia italiana, brucia - sento il dovere di valorizzare la recente apertura del PD di Renzi alle altre componenti “progressiste”. Il leader dem, forse realizzando una svolta di 180 gradi, nell’ultima Direzione del PD ha infatti deciso di aprire a tutte le alleanze possibili e immaginabili, senza riconoscere nemici a sinistra, ma solo potenziali alleati. E ha incaricato l’ex dirigente comunista Piero Fassino, che molti di noi conoscono da quando lui nel 1972 era un ventenne segretario dei giovani comunisti di Torino, di sminare il terreno, cercando accordi e promuovendo l’unità “senza condizioni” (ovviamente salvo l’esplicita negazione della propria politica di governo, che, oltre ad essere ingiusta - perché Renzi e Gentiloni hanno governato abbastanza bene - sarebbe demenziale da parte dei leader di qualunque partito alla vigilia delle elezioni politiche; e chiederlo loro può essere solo una meschina sortita per giustificare i propri no faziosi nel campo della politica delle alleanze finalmente possibile).

    Perché accade tutto questo?

    Taluno dice che Renzi bluffa, volendo solo dimostrare che a chiudere alle alleanze a sinistra non è lui, ma sono gli altri. Ma sia come sia, perché non andare a vedere? Perché non prenderlo in parola? Perché chiudere la porta che il PD apre a sinistra (se non si è politicamente degli sprovveduti)?  

  La svolta unitaria a sinistra, decretata dall’ultima Direzione del PD a grandissima maggioranza, oltre a tutto a me non pare affatto soltanto tatticistica, ma anche strategica, di linea politica. Renzi era stato letteralmente spiazzato dalla dura sconfitta 60 a 40 al referendum del 4 dicembre 2016 e dal successivo pronunciamento della Corte Costituzionale anche contro punti decisivi della sua legge elettorale detta Italicum. Con quei voti e pronunciamenti cadeva la sua idea centrale, se si vuole minigollista di sinistra, volta a realizzare un sistema monocamerale nella formazione dei governi, basato su un assetto elettorale a doppio turno e con congruo premio di maggioranza, garante di governi di legislatura. Questa sconfitta secondo me è stata una sciagura nazionale, arrivata anche perché il Movimento Cinque Stelle non ha capito che da un sistema a doppio turno che portava i due primi partiti al ballottaggio, aveva tutto da guadagnare e niente da perdere. Peggio per lui, ma purtroppo anche per noi, e per l’istanza improcrastinabile di una democrazia governante, che se non arriverà da sinistra, arriverà da destra, probabilmente tramite unione tra tutti i populisti d’Italia. E in tal caso sarà la “democratura”, ossia la miscela tra democrazia e dittatura che pare sia, come in Russia e Turchia, o in Ungheria o Cechia, la nuova forma dell’autoritarismo di destra.

   Lo spiazzamento di Renzi di cui i è detto - pur rieletto segretario al congresso da elettori e iscritti al PD col 70% dei consensi, tra cui il mio – dopo il triste referendum è stato accentuato dall’assurda scissione di Articolo uno. Movimento Democratico Progressista: rottura di ben scarso peso elettorale, ma tale da spostare al centro l’asse di un partito di centrosinistra come il PD. Tale partito, poi, ha tergiversato troppo a lungo in materia di nuova indispensabile legge elettorale. Per mesi ha pensato di poter giocare di rimessa aspettando le proposte altrui. Poi ha preso a fare proposte proprie, ma mostrando di impegnarvisi scarsamente, tanto facilmente le mollava senza lotta in Parlamento: prima il ritorno al Mattarellum (due terzi di maggioritario e uno di proporzionale); poi il Rosatellum uno, con 50% di proporzionale e 50% di maggioritario; dopo ancora il Tedeschellum, con proporzionale puro e clausola del 5% per entrare in Parlamento. Probabilmente un tale modo di fare registrava una specie di stato confusionale o, se si preferisce, le continue oscillazioni di un leader che aveva preso colpi troppo duri e numerosi sul viso, sicché traballava sul ring della storia. Infine è arrivato il Rosatellum bis, approvato con molte forzature, fuori tempo massimo, e che a me pare sia - pur con alcuni lati buoni - un gran pasticcio. Nel proporzionale, che vale per i 2/3 del Parlamento, i deputati sono praticamente dei nominati, tramite listini bloccati preconfezionati; ma un solo voto al simbolo nel maggioritario trascina il voto anche dell’altra parte (mentre nel Mattarellum si votava su due liste, una per il maggioritario e una per il proporzionale). Tuttavia la parte del terzo maggioritario costringe alle alleanze per vincere nei collegi, e questo spinge alle coalizioni. E ciò va bene. E’ il solo punto che non ci risospinga totalmente alla prima repubblica, ma tenga una porticina aperta per un futuro ritorno positivo alla democrazia delle alternative, quando sarà, quando anche questa brutta legge sarà superata. Il meccanismo è stato certo fatto anche per l’interesse di Renzi (PD) e Berlusconi (F.I.), e degli altri loro alleati (o “alleabili”), di snidare il M5S. Questo Movimento è nato contro tutti, ed è così votato perché è contro tutti: ma con i candidati sul territorio già debolissimi che si ritrova, e senza alleati, dovrebbe perdere in ogni collegio; ed è difficile vincere la corsa se si è 1/3 più indietro. D’altra parte se non si vogliono alleare, come in democrazia è inevitabile salvo che nei sistemi a due turni con premio alla lista (come quello bocciato col loro decisivo aiuto il 4 dicembre 2016), gli altri che possono farci? “Chi è colpa del suo mal, pianga sé stesso”. Comunque ora il nuovo sistema c’è, e farvi i conti nelle politiche del marzo 2018 “necesse est”.

   Ma sino a pochi giorni fa l’odio antirenziano della sinistra, e la tentazione di Renzi di reagire ad esso e alla scissione di MDP accettando per il PD un destino di centro e con alleanze tutte conformi (dopo le elezioni anche con Berlusconi, pur non potendo dirlo ora), stava producendo la comune rovina delle parti di sinistra in lotta. Donde il mio grido contro la congiura dei pazzi del 19 ottobre. Dopo di che però qualcuno - credo soprattutto Franceschini, è riuscito a far capire a tutti i suoi amici e compagni del PD che se non si fa una vera coalizione - non limitata a liste civetta dell’1% - nel terzo maggioritario del nuovo sistema si perde rovinosamente, come le stesse elezioni recenti in Sicilia dimostrano. Perciò Renzi, che non è un teorico, ma un pragmatico assoluto, ha fatto una svolta di linea radicale, poco importa se perché costretto o perché intimamente convinto. Ha aperto a ogni possibile alleanza a sinistra, incaricando pure il vecchio Piero Fassino di tessere rapporti, con un mandato molto ampio. Molte cose si stanno muovendo. Pare che siano in campo, almeno come fautori di alleanze, tutti i padri nobili dell’Ulivo: Prodi, Veltroni e lo stesso Fassino.  Sinora la sinistra “storica” rispetto al PD - quella di Sinistra Italiana e di MDP - è stata sorda e cieca (e per me - per quel che ho detto - “svitata”); e non saprei neanche dire se cambierà idea. Del resto la sua corta visuale e vera faziosità sono tali che ha persino perso l’aggancio con un leader che è stato prestigioso sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che voleva un forte soggetto alla sinistra del PD, ma alleato del PD. Gli ha preferito gente che non è mai stata leader e non sarà mai leader di alcun popolo (urbano o d’Italia, come l’ex giudice Piero Grasso o magari Laura Boldrini). Ma se si formerà alla sinistra del PD, ma alleata del PD, non una lista “cespuglio”, o un insieme di “cespuglietti”, bensì di popolo - neosocialista, socialista, radicale, europeista e verde, diretta da un leader che ricorda moltissimo Pertini, come Pisapia, e con personaggi come la Bonino, e con il pieno ed esplicito consenso di Prodi - il forzato isolamento del PD, letale nella parte maggioritaria, sarà spezzato, e si apriranno “vie nuove”. Non sono sicuro di niente, dopo molte delusioni. Ma vedo un po’ di luce in fondo al tunnel. E vedo pure la conferma totale dell’idea di una sinistra “inclusiva”, dagli ultrariformisti agli antagonisti, che noi di Città Futura già quindici anni fa e più abbiamo voluto porre nello Statuto stesso della nostra piccola Associazione (e tendenzialmente, pur con contraddizioni “in seno al popolo”, ribadire sempre). Anzi, io spero che quasi ciascuno di noi darà una mano in tale operazione, anche mandando eventualmente a quel paese - per non usare espressioni più forti “grillesche” - la propria parrocchia diversamente orientata. L’unione della sinistra non è condizione sufficiente di vittoria, ma è condizione necessaria, in tutti i collegi di tipo maggioritario. Poi, se si vinceranno le elezioni, bene. Ma se non si vincesse si sarà decisivi, comunque, nella politica italiana (in campo “alla grande”). Perciò il lasciar scappare quest’occasione, cui ora alacremente lavora il vecchio Piero Fassino, non sarebbe un errore, ma una colpa storica di quelle che non possono essere perdonate ai capi di un movimento politico. Meditate, compagni: meditate.

                                                                                          (franco.livorsi@alice.it) 

19/11/2017 21:41:06
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