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Economia
Il caso "Deutsche Bank"
Maria Rita Gelsomino

Il titolo Deutsche Bank quotato al Dax,  il listino azionario tedesco, ha perso quest’anno più della metà del suo valore. A fine settembre ha ceduto più del 5% fino a 10,68 euro , facendo temere la perdita della quotazione a due cifre. Iniziata a febbraio, la crisi dell’importante banca tedesca si inserisce perfettamente in quella generale   delle banche europee, costrette tra bassi utili e crediti deteriorati, ma nasconde anche i segnali di una guerra commerciale tra  Unione e Usa che, se si inasprisse ulteriormente, potrebbe portare al collasso il sistema bancario europeo soprattutto dei paesi più deboli come il nostro.

La Db ha problemi finanziari notevoli, intanto un’esposizione ai derivati per 42000 miliardi di euro, praticamente 5 volte il Pil tedesco, a cui si aggiunge ora una sanzione di 14 miliardi di euro, richiesta dal Dipartimento di Giustizia americano per una supposta speculazione illegale sui mutui subprime avvenuta durante e dopo la crisi finanziaria americana. La banca tedesca sarebbe chiamata a sborsare, una cifra certamente più elevata di quella pagata da Goldman Sachs per lo stesso tipo di reato, 5,06 miliardi, superiore all’intero importo della sua capitalizzazione ai valori attuali di borsa e per reperire la quale dovrebbe lanciare un aumento di capitale dalle dubbie possibilità di successo.

Alla notizia della maxi sanzione Db ha reagito dichiarando di non avere alcuna intenzione “di saldare questo risarcimento civile per un ammontare così alto”, un chiaro segnale di trattative in corso che si sarebbero avviate col Dipartimento di giustizia che da parte sua avrebbe già diramato la notizia di aver chiesto alla banca tedesca di fare la sua controproposta.

La vicenda di Deutsche Bank   non sarebbe che l’ultimo episodio di una   crisi più vasta dei rapporti commerciali tra Unione e Usa che risale al 2010 quando l’ex Presidente del Consiglio Mario Monti , allora commissario della Concorrenza, inflisse una sanzione a Microsoft di 497 milioni di euro per abuso di posizione dominante. La grande società americana veniva accusata di avere negato agli utenti una effettiva scelta del browser preferito, montando automaticamente il proprio. La reazione degli Usa si è fatta sentire solo un anno fa quando “scoprì” che la maggiore casa automobilistica tedesca , la Volkswagen violava le regole sulle emissioni inquinanti . L’attacco alla Commissione Europea, colpevole di aver richiesto, poche settimane fa, alla Apple il versamento di 16 miliardi di tasse evase alle casse di Dublino, è proseguito con la vittoria Usa della causa iniziata davanti all’Organizzazione del Commercio Mondiale che ha definito sicuramente illegali gli aiuti ricevuti da Airbus, nel corso di 40 anni, per un totale di 40 miliardi di euro. Colpo su colpo.

Questa sequenza di avvenimenti, legati fra di loro più di quanto non si pensi ha compromesso l’accordo sul libero scambio, il TTIP.

Che a farne le spese degli attacchi americani sia la Germania risulta naturale in quanto viene considerata la vera titolare del potere politico e burocratico dell’Unione, tuttavia il caso Deutsche Bank risulta allarmante perché riguarda una di quelle banche “too big to fail” e potrebbe rivelarsi alla fine come il classico elefante nella cristalleria che fa crollare tutta la bottega in mille pezzi. Attualmente la banca quota in borsa più di dodici euro per azione, ma un’eventuale sua caduta sotto i dieci innesterebbe la fuga degli investitori contagiando tutte le banche del Vecchio Continente , in particolare quelle tra le nostre più deboli, come  Monte dei Paschi la cui vicenda  è ancora ben lontana dalla conclusione o Unicredit che cerca sul mercato 10 miliardi di euro per portare a termine l’ aumento di capitale .

Chi volete infatti che sia così sprezzante del pericolo di investire i suoi soldi su un maxi aumento di capitale di una banca europea situata in Italia, la cui capitalizzazione è dieci volte in meno del suo fabbisogno finanziario?

Sarebbero inevitabili interventi pubblici o spietati bail in come esige la normativa dell’Unione Bancaria. Piano dunque a gioire mal comune mezzo gaudio ma piuttosto mal comune e nessun gaudio.

E’ stato sostenuto che dietro all’attacco finanziario contro la banca tedesca, ci sarebbero anche motivazioni geopolitiche . Alla speculazione avrebbe preso parte anche il grande finanziere Soros lo stesso che nel ’92 affondò la lira e che oggi si dice anche interessato alla sorte del Monte dei Paschi. In particolare Soros sarebbe un forte oppositore di Angela Merkel di cui non approva la gestione del debito europeo, essendo un sostenitore dell’attuazione di un vero stato federale europeo a cui la Cancelliera si oppone per mancanza di fiducia verso i suoi partners, e per paura di dover portare i tedeschi a rinunciare al ricco surplus commerciale e  a  pagare i debiti altrui, in particolare quelli delle odiose cicale del sud Europa.

Nella guerra commerciale contro l’Europa, gestita dagli americani con arte raffinata che usano con rara competenza, colpire Deutsche Bank, che rappresenta la longa manus  della Germania nella finanza mondiale, indebolisce la posizione del Governo tedesco nel mondo, ma in particolare in ambito europeo dove  si mina la posizione  di resistenza alla creazione di un super stato europeo. Occorre fare però molta attenzione : la destabilizzazione di Db finirebbe col colpire tutto il sistema bancario europeo e in fin dei conti anche il nostro già molto indebolito.

 

30/10/2016 21:15:45
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