Alle due di notte del 16 marzo
1957 Constantin Brancusi smette di volare.
Nei giorni precedenti la morte,
smette di parlare francese, parla romeno con chiunque vada a visitarlo. Al
momento della sepoltura, nel cimitero di Montparnasse, viene distribuita,
secondo il rito rumeno, una porzione tiepida di coliva ,
l'impasto di grano, zucchero e noci, che in Romania è il pane dei morti.
Gli inizi della vita di
Brancusi sono un susseguirsi di fughe e ritorni, di domande di sussidi e borse
di studio per poter continuare a studiare e a coltivare la passione che mai lo
abbandonerà: la scultura.
A ventotto anni lascia la
Romania diretto a Parigi. Parte nel maggio del '904, attraversa l'Ungheria a
piedi e l'Austria con brevi soste a Budapest e Vienna e un più lungo soggiorno
a Monaco. Si mantiene lavorando come infermiere; prosegue il viaggio verso
Rorschach e Zurigo, varca a piedi il Gran San Bernardo. Cade ammalato per il
freddo ( intaglia per le monache che lo hanno soccorso un crocefisso) e riparte
per l'Alsazia fino a Langres e da qui, grazie al danaro inviatogli da un amico,
arriva Parigi il 14 luglio, in piena festa nazionale.
Mille peripezie, anni di buio e di
aperture luminose per arrivare a dire:
“La scultura non è che
l'acqua, l'acqua “, per me una delle più profonde definizioni della
scultura, dell'Arte : strumento di diffusione dell'idea religiosa.
Come ricorda Michael Middleton di una
conversazione con Brancusi:
“I più grandi capolavori del
passato si associano con i periodi di più grande esaltazione religiosa.
L'esaltazione passava, la decadenza sempre seguiva e la decadenza
sistematicamente cadeva nel realismo imitativo. In altri tempi era la fede che
necessariamente creava l'arte; oggi è l'arte che crea da sola una fede che ci è
necessaria, poiché non è ancora arrivato il giorno in cui l'uomo, ormai
cosciente della bellezza universale, non abbia più bisogno dell'arte per
soddisfare i propri bisogni estestici, e nel quale, libero da tutte le teorie e
pregiudizi, possa trarre direttamente dalla natura ciò che ora può trarre solo
dall'arte“.
Come sento vere queste
riflessioni; in questi anni dove nessuna forma d'arte è più capace di creare
quella “fede” all'uomo necessaria, oggi che ogni forma d'arte pare arrotolarsi
su se stessa senza più slancio, senza più coraggio, senza più fiduciosa fiducia
nell'Invisibile, rantolante per l'assenza di quel respiro che infonde il fiato
vitale, cieca di quegli occhi che sanno osare lo sguardo nella pienezza del
vuoto, l'arte dovrebbe finalmente divenire quel che da sempre è, un organismo
naturale che sgorga dalla sorgente senza riprodurre o imitare, ma in ascolto e,
parte costitutiva dello spirito universale, divenire continuatrice di creazione
di eterna bellezza.
Solo in questa sapienza ( in
questa nuova Innocenza) l'uomo scoprirà il divino della materia, è in questa
consapevolezza e responsabilità che ogni violenza cadrà, che nulla sarà più
violato nella sua intima profondità.
E' la materia che suggerirà a
chi avrà occhi nuovi, mostrando l'espressione umana ( di cui anche la scultura
è parte e Arte) come azione della stessa natura e sarà l'invisibile, l'essenza
cosmica, che diventerà esistenza visibile.
“Siamo api dell'invisibile”,
scriveva Rilke e forse non è un caso che anche Brancusi sia passato dalle
stanze di Rodin a Meudon, lasciandole quasi quasi subito perchè :” non
cresce niente sotto i grandi alberi “ .
“L'arte – ricorda ancora
Middleton nella conversazione con Brancusi - apre la porta per entrare
nel principio creativo, nella assoluta bellezza del principio universale.
Coloro che hanno mantenuto in se stessi l'armonia che è in ogni essere, la loro
natura, non sbaglieranno nel comprendere l'arte moderna, poiché sentiranno in
risposta alle leggi della natura.
Nulla ha danneggiato di più
l'arte moderna, e per il vero e la sana ragione, della massa di pseudo-artisti,
che non avendo nulla da dire, hanno valuto parlare un linguaggio del quale non
sapevano niente. Non confondiamo l'arte moderna con gli artisti moderni, non
confondiamo la realtà con le apparenze.”
E di questo che Brancusi ha lavorato e
vissuto ed è questo che lo fa continuare a vivere: rendendo visibili,
come lui stesso dice, gli esseri per i quali vivo....La riconciliazione
con se stessi avviene nell'anima quando ci si considera l'anello della catena
infinita degli antenati e quando non si modificano di una virgola le
prescrizioni dell'eterna naturalezza...........Tutto deve partire dalla terra.”
Torniamo a scoprire questo Artista,
andiamo a ri-vedere le sue opere: inni, preghiere, senza tempo e senza spazio;
Natura che si presenta come il primo giorno ridonandoci lo stupore di un
infanzia mai finita.
...
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