Terza Pagina
In margine ad un libro sull'attentato a Mussolini
Gian Domenico Zucca
Roberto Gremmo, Anteo Zamboni e l’attentato a Mussolini
L’antifascismo anarchico e l’attentato a Mussolini, Storia Ribelle, Biella,
luglio 2017, pp. 240, 20 €.
...
Il
Duce la sera del 21 ottobre 1929 si era recato a Bologna per presiedere alle
manifestazioni relative all’inaugurazione dello stadio, ovviamente Littoriale,
con discorsi, personalità, propaganda fascista, immane corteo sia di sportivi che
di curiosi, nonché un gran numero di fascisti non solo bolognesi, né emiliani. Capeggiava
il lungo corteo, ma, per motivi di sicurezza, e poi perché, come sappiamo, era
un gran sportivo e propugnatore degli sport in quell’Italietta pastasciuttara
non ancora fascistizzata, Mussolini precedeva il corteo comodamente seduto sul sedile
posteriore d’una chiara lussuosa automobile, anche lei non ancora fascista (lo
sarà la nera e proletaria Balilla). Ad un certo punto, per omaggiare e salutare
la folla, a stento trattenuta da robusti cordoni di fascisti, Benito, il cui
nome fu asporttato dal padre, repubblicano, dal rivoluzionario messicano Benito
Juarez, fece aprire la portiera anteriore sinistra per salutare fascisticamente
la folla. Ma in quel preciso istante, e poi si dice al caso!, sbucò una mano
tra il cordone di fascisti, ed una pistola inviò un generoso proiettile verso
il prezioso, quanto affascinatore di donne, cranio, lucido e brillante, de
generoso fascista nostro Duce. E un
colpo di pistola si udì. In situazioni del genere nel parapiglia, e nello
scompiglio generale che segue, tutti sanno l’attentatore si dilegua facilmente
ad eccezioni di pochi, tra cui Bresci. Invece, di nuovo fu il caso a volerlo, l’attentatore
fu immediatamente afferrato da generose fasciste mani, e sul posto immediatamente
linciato dalla tranquilla fascistica folla, folle per tanto nero, fascista o
anarchico non si sa, dramma.
Ma
torniamo seri. Roberto Gremmo analizza la vicenda dagli antefatti al corteo, dall’attentato
ai processi ai famigliari e complici dell’attentatore, dalle componenti
anarchiche della famiglia di Anteo alla stupefacente involuzione del padre di
Anteo: anarchico e poi massone, ma già a quell’epoca anarchico, massone e
fascista convinto contemporaneamente, un assurdo tra i vari della vicenda, sebbene
all’epoca non del tutto raro, pasticcio d’idee tipico dell’epoca. Roberto
Gremmo tratta, con dovizia di particolari, i vari processi che subirono i
familiari e i complici dell’attentatore, sino alla, e l’avrete già capito,
revisione del processo del 1946, che confermò quanto tutti gli italiani,
compresi i fascisti, sapevano: l’innocenza della vittima e la macchinazione
dell’attentato ad opera degli alti vertici del fascismo, Mussolini compreso,
senza dimenticare inquirenti, polizia e magistrati. Perché la macchinazione fascista?
Essa non era altro se non un corroborante per far digerire agli italiani, che
nella stragrande maggioranza non erano
ancora, se non in piccola parte, fascisti, le drastiche leggi che
seguirono contro la libertà di stampa, contro gli oppositori, parlamentari
compresi, i vari assassinii operati da squadracce fasciste (non dimentichiamoci
di Matteotti), alla creazioni giuridica del carcere speciale e alla invenzione
del confino, e quant’altro di meglio non riuscì ad inventare il fascismo
italiano, modello storico di tutti i susseguenti fascismi, compreso il
nazismo, che, però, in abbondanza lo
superò. Roberto Gremmo, se ce ne fosse ancora bisogno, dimostra la colpevolezza
degli autori dell’attentato, ovviamente fascisti non di primo pelo, e dei
linciatori di Anteo Zamboni, unica vera vittima del complotto fascista, in cui
Benito Mussolini non subì nemmeno un graffio. Dalla fotografia che abbiamo del
povero ragazzo steso in obitorio, vediamo un volto irriconoscibile, occhi
sbarrati in un’espressione di stupore catatonico e l’espressione del volto
resta paralizzata nello spasmo del terrore e del dolore. Il suo volto è
impressionante, per cui consiglio vivamente di non cercare in internet
l’immagine per non rimanere turbati e ferire qualche coscienza, sebbene faccia
pensare e ripensare alla violenza, politica o meno, anarchica, comunista o
fascista che sia, del passato come dell’attuale.
Roberto
Gremmo, per riempire il suo grosso libro di 240 pagine, con vastissima
bibliografia di ogni genere e numerose immagini, oltre a scovare impensabili
fogli dell’epoca, e tirare fuori dai muffosi archivi, come suo solito,
un’immane quantità di documenti, dice e scrive il di più di quanto di più non
si possa dire n scrivere sul tragico argomento, per cui non mi dilungo in
ulteriori elogi. Però io, che già decenni fa esaminai il caso, posso aggiungere
solo due particolari sfuggiti a Roberto Gremmo, e la cosa mi pare un assurdo,
ma lo perdono in quanto il suo lavoro, oltre che vasto, è più che encomiabile.
Si tratta del fatto che, un comunicato dei carabinieri emesso due ore dopo, e
si guardi bene che le Regie Guardie Reali non furono mai completamente
fascistizzate, tanto che in Salò vennero abolite, si affermi che il lobo
dell’orecchio sinistro della povera vittima, non Anteo bensì il Nostro, anzi il
Loro, povero Duce, fu asportato dal proiettile. Non saprei se questo comunicato
realmente fosse esistito, ed ora ne dubito, dopo tutto ciò che Roberto Gremmo ha
sparso sul tappeto, nero e non verde, e non dell’anarchia ma del fascismo, a
cui il fascismo strappò anche il colore. Inoltre ciò sarebbe un assurdo
nell’assurdo, poiché il nostro Duce ebbe sempre, sin da piccolo, gli orecchioni,
e voglio ridere per non piangere. Però, sul momento, il comunicato avrebbe
potuto anche essere stato davvero emesso, più che utile ad alimentare la fobia
del diverso, allora non ancora la folla di omosessuali assedianti i poveri
maschi italiani, né gli immigrati dal terzo mondo. Infatti, forse nessuno lo sa
più, il fascismo adorò sempre i negri, specie se trasformati in sudditi del
futuro impero appositamente creato per loro, da cui l’allegra “Faccetta nera”,
Renato Micheli, Mario Ruccioni, aprile 1935.
Il
secondo fatto non noto a Roberto Gremmo è che fu comunicato pure che il vetro
del finestrino della portiera anteriore sinistra cadde in frantumi, mentre,
insegna Gremmo, era rimasta intatto in quanto la portiera era aperta. Un ultimo
appunto lo farei, dimenticandosi Roberto Gremmo della vasta
pagina sul fatto giacente negli archivi informatici dell’italiana, e per fortuna non ancora fascistizzata, Italia
Wikipedia. Ma, dopo tutto ciò che ha portato alla luce e diffuso, lo posso
ampiamente scusare, tanto più so che ha una certa idiosincrasia per internet e
tutto ciò che di balle, menzogne e furti informatici vi si può trovare.
In
conclusione, nonostante quanto di male io abbia detto, spero di aver invogliato
il lettore a prendere in mano il libro del nostro autore biellese. Ciò è non
solo per illuminare le coscienze attuali, ma pure a futura memoria perché, con
tutti i populismi, di destra o sinistra che siano, e ai nuovi neofascisti
sparsi per l’Europa, Germania e Italia comprese, non si sa come andrà a finire
e cosa potrà succedere.
Gian
Domenico u Stuk
01/11/2017 22:41:12
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