Una casa tra i campi scabri della pianura
coperta dalla prima neve.
La fiamma nel camino stenta a crepitare,
assonnata come gli abitanti che muovono i primi rumori d’un placido risveglio:
niente affanno lungo le scale, né il caffè in piedi che esce pessimo dalla
macchinetta ancora fredda, il pensiero altrove, le chiavi che non si trovano, i
saluti affrettati, le porte che sbattono, l’automobile che non parte,
l’oppressione incombente del lungo orario di lavoro. E’ Natale e vorremmo
crederci… o almeno fare in modo che sia un giorno diverso.
E questa volta diverso lo è.
Non c’è nemmeno l’assillo di mobilitare
la cucina di prima mattina per il pranzo di famiglia: siamo tutti invitati. Per
me, abituata ai ritmi lenti di vita da singola, non c’è l’imperativo morale di
rendermi utile in casa della mia unica prole quale ospite attiva. Posso
riprendere il solito abito di gatto di
marmo: bere il mio caffè in solitaria con gli occhi ciechi, fumare la prima
sublime sigaretta, attardarmi in bagno e impiegare il tempo nel modo migliore
che è “perderlo”.
Bene. Mi presenterò graziosamente per la
prima colazione, con un gesto d’attenzione degno della ricorrenza.
Per il gaudio della nuora scavo nelle
mobilie argenteria e porcellane, lini di Fiandra e varie tentazioni da peccar
di gola a lume di candela, preludio all’armonia di un rituale che si perpetua
negli anni: sorprese, abbracci, reciproca emozione nell’amare e sentirsi amati.
Non manca nemmeno la colonna sonora di sottofondo che intona canti e sinfonie.
Ci disperdiamo su piani diversi per
prepararci al meglio. Io, che già mi ero
portata avanti nel restauro, non ci impiego molto a completarlo. Attenderò in
salotto.
Sento il ronzio d’un rasoio elettrico e
il ticchettio dei passi della giovane nuora che zampetta sui tacchi alti: non
le ho mai visto indossare un paio di pantofole… autentico stupore è il mio per
questo tributo costante alla femminilità.
Accendo il televisore ed è un susseguirsi
di babbi natali dal mondo, renne cornute e slitte, cori di voci bianche,
presepi e comete, luci e riti diversificati, papi e patriarchi. E’ Natale
ovunque. Resto immobile, ipnotizzata,
fino a quando, intorno a mezzogiorno, un’idea mi taglia la mente e comincio a
saltare da un canale all’altro.
“Strano”,
penso “chissà come mai…” e girando
qua e là, sempre più spazientita col telecomando, ripercorro l’iter delle solite immagini , col punto di domanda
che ormai giganteggia nel mio cervello.
“Che
fai mamma?”, mi distoglie improvvisa la voce dietro di me.
“Che
faccio, che faccio… che vuoi che faccia ? Sto cercando il concerto di Capodanno
dall’Opera di Vienna !”
“Ah,
giaaà… quello diretto da Herbert Von Alzheimer!!”