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La Regione Piemonte e la difesa del territorio agricolo
Renzo Penna
 

Per la tutela del territorio agricolo, contro la cementificazione e il consumo di suolo la giunta regionale del Piemonte, guidata da Sergio Chiamparino, promette nel 2015 una svolta: “Vogliamo individuare uno strumento normativo che blocchi il consumo di suolo vergine e favorisca il riutilizzo delle aree compromesse, preservando i terreni agricoli.” E, con riferimento al rischio idrogeologico e ai recenti danni causati dalle alluvioni, il presidente ha aggiunto: “Il suolo va protetto dal cemento altrimenti c’è il rischio che la natura si vendichi”.[1]

Con questi impegni la Regione Piemonte sembra intenzionata a seguire l’esempio della Toscana che il 31 ottobre dello scorso anno ha approvato la nuova legge urbanistica per il governo del territorio. Una normativa che, prima in Italia, innova la materia in maniera profonda introducendo forti vincoli a difesa dei suoli agricoli e si muove in contro tendenza rispetto all’azione del governo nazionale. Il quale - con lo “Sblocca-Italia” del ministro Lupi - prevede per la manutenzione del territorio un contentino di 110 milioni, a fronte di quasi 4 miliardi di spese in nuove “grandi opere” destinate ad accrescere la fragilità del territorio. Che per il Piemonte sia indispensabile intervenite lo dimostra il fatto che ogni giorno vengono occupati quattro ettari di terreno libero e negli ultimi dieci anni si è perso il 4,3 per cento di suolo agricolo coltivato. Un consumo esasperato che la crisi ha trasformato in un inutile spreco di territorio con: aree industriali dismesse, centri commerciali aperti e poi chiusi, capannoni lasciati a metà e quartieri residenziali rimasti invenduti. Uno sfruttamento poco sensato del territorio prodotto da una speculazione che non ha tenuto in alcun conto l’andamento economico e, in particolare, quello demografico. Gli attuali piani regolatori dei Comuni sono stati infatti predisposti per percentuali di crescita della popolazione del tutto inattuali e hanno favorito l’estensione delle città in zone sempre più periferiche, favorita da costi di edificazione e vincoli urbanistici minori.

Tra i maggiori sostenitori delle promesse del presidente Chiamparino per una legge che segni uno stop al consumo di suolo c’è, non casualmente, l’assessore all’agricoltura Giorgio Ferrero. Gli esponenti dell’agricoltura, ai diversi livelli, sono infatti, al pari degli ambientalisti, impegnati a introdurre norme utili a frenare l’espansione edilizia e a preservare i terreni vergini e quelli agricoli, strategici per una moderna economia del settore. Nel 2012, un po’ a sorpresa, - vista la natura “tecnica” di quel governo - il ministro dell’Agricoltura Mario Catania presentò un disegno di legge: “In materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo” che fu generalmente apprezzato. In particolare il presidente di Slow Food Carlo Petrini definì “coraggiosa” la decisione di inserire nel testo l’abolizione dell’uso da parte dei Comuni degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente.[2] Una decisione “politica”, ma quanto mai motivata quella del ministro, visto i dati di un recente rapporto del ministero per le Politiche agricole sulla cementificazione e la riduzione della Superficie agricola utilizzabile. Dal 1971 al 2010 il Paese - secondo i dati della ricerca - ha perso il 28% della “Sau”, un’area grande come la somma di Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna, e ciò ha causato la riduzione in ettari del 26% di Seminativi, di Prati e Colture permanenti, rispettivamente il 34 e 27%, mentre l’agricoltura italiana soddisfa soltanto più l’80% del fabbisogno alimentare.

Quella proposta di legge è rimasta sulla carta e oggi, in assenza di un analogo indirizzo da parte del governo, tocca alle Regioni intervenire. In Piemonte, poi, la superficie agricola fra il 1990 e il 2000 - secondo il censimento generale dell’agricoltura - si è notevolmente ridotta, a fronte di una quota del suolo cementificato che nel 2012 varia tra il 5,5 e l’8,7 per cento. Un dato superiore alla media nazionale, pari al 7,6%, e in presenza di una tendenza che nei dieci anni successivi non è certo mutata. La necessità di mettere vincoli più stretti all’espansione del cemento nasce anche dalla necessità di prevenire l’erosione del suolo e contenere le alluvioni; il cemento rende il terreno impermeabile all’acqua e le precipitazioni diventano più pericolose e dirompenti. Nella regione sono a rischio frana 651 comuni su 1209 e negli ultimi mesi i fenomeni di erosione hanno interessato milioni di tonnellate di terra.  Ma la tutela dei terreni e dei suoli pregiati liberi da costruzioni è fondamentale per continuare a puntare sull’agricoltura di qualità che ha fatto del Piemonte e di alcune sue zone punti di eccellenza conosciuti in tutto il mondo per la qualità dei vini e dei prodotti della terra. Analogamente, per questa via, si preserva e valorizza il paesaggio, come ha dimostrato il riconoscimento delle Langhe e del Monferrato da parte dell’Unesco. Il suolo coltivato contribuisce così alla bellezza del paesaggio e diventa un elemento della offerta turistica e culturale del Piemonte.

Secondo l’assessore Giorgio Ferrero per preservare il suolo - che rappresenta un bene non riproducibile mentre la cementificazione è un danno non riparabile - il modello cui fare riferimento è quello adottato dall’amministrazione di Berlino. Dove si è stabilito “il principio dell’invarianza”: chi vuole costruire sul terreno nuovo, deve recuperarne una parte analoga su quello già compromesso. “Ci sono località agricole - ha dichiarato Ferrero - che sono state già costrette a spostare la loro attività più volte. E’ necessario fotografare i suoli fertili e tracciare un perimetro definitivo degli agglomerati urbani e affermare che oltre quei confini non si procede. Sono centinaia le case vuote e costruirne di nuove è pura speculazione”.[3]

Compito certo non facile quello che dovrà essere affrontato dall’assessorato regionale all’urbanistica, diretto da Alberto Valmaggia. Riutilizzare, ristrutturare l’esistente, in generale, non costa meno di costruire sul nuovo e con i settori interessati dovranno essere studiate forme per incentivare tali attività. Certo è che con decine di migliaia di alloggi vuoti e milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse non si può continuare nel ricoprire con cemento nuovo terreno fertile. Essere giunti, da parte dei vertici politici della Regione, ad una piena consapevolezza della situazione deve adesso portare rapidamente all’approvazione di norme che sanciscano in Piemonte un doveroso “stop” al consumo di suolo.  

Alessandria, 10 febbraio 2015                 


[1] Mariachiara Giacosa, la Repubblica del 10/01/2015: “Ogni giorno il cemento divora quattro ettari di Piemonte”.

[2] Carlo Petrini:  “Una legge anti scempio” - la Repubblica, 25 luglio 2012

[3] la Repubblica del 9/01/2015: “Rischio alluvioni, piano per impedire la cementificazione del suolo vergine.”

14/02/2015 14:08:36
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