Associazione Città Futura - Logo
Letture
Saraceni ad Acqui (copertina)


Prologo

LA  LEGGENDA  DI  ALERAMO (1)

Nell’anno di Gesù Cristo 934, essendo imperatore del Sacro Romano Impero Ottone, il VI imperatore di tale nome, un certo nobile signore di Alemannia, il cui nome ora si ignora, insieme alla propria moglie, in pellegrinaggio a Roma per devozione, arrivarono in Lombardia, scortati da una comitiva di onorevoli cavalieri pervenendo a Sezzadio nella diocesi di Acqui. Vi si fermarono ospiti dei signori del luogo, i quali dominavano anche nella contrada di Spigno.
La moglie del nobile pellegrino germanico era però gravida e proprio mentre era a Sezzadio si avvicinò il momento del parto. Qui diede alla luce un bellissimo figlio maschio, che molti dei nobili che lo tennero a battesimo chiamarono Aleramo, dicendo al padre: “Dio ti ha dato gaudio nel tuo pellegrinaggio!”
Ma dopo breve tempo, volendo i genitori del piccolo Aleramo continuare il loro viaggio per portare a compimento il pellegrinaggio, lasciarono a Sezzadio il bambino con una nutrice di lingua tedesca, finché fossero tornati da Roma. Ma i genitori di Aleramo, dal lungo viaggio a Roma, misteriosamente non tornarono più.
In Sezzadio Aleramo crebbe e quando aveva tre anni gli morì anche la nutrice teutonica, ma poiché il bambino era bello e nobile, gli venne data un’altra nutrice a spese della Comunità.
Divenuto a quindici anni un ragazzo bello e forte, venne fatto scudiero da quei nobili signori che avevano il dominio di Sezzadio e, poiché era un grazioso giovane, lo tennero quasi fosse figlio loro. Fu istruito nell’uso delle armi e divenne anche un coraggioso e buon soldato.
Ora, avvenne che la città di Brescia in Lombardia, che spesso diede molestie agli imperatori germanici, si ribellò a Ottone VI. Questi chiamò a raccolta i soldati che ogni suo feudatario o vassallo doveva mandare in caso di guerra e, per conto dei Signori di Sezzadio – che dovevano fornire un uomo – venne mandato Aleramo, equipaggiato di tutto punto.
Quando l’imperatore  lo vide restò molto ammirato dalla facondia e dall’aspetto del giovane e gli chiese notizie sulla sua provenienza. Egli con sicurezza rispose: “Sono di sangue teutonico, ma sono lombardo di adozione, e ciò perché i miei genitori erano germanici, ma sono nato e sono stato allevato a Sezzadio di Lombardia, nel Vescovado della città di Acqui.”
L’imperatore, istintivamente prese a ben volere Aleramo e subito dispose che venisse ammesso a far parte del suo seguito, lo ordinò cavaliere e volle che a lui fosse riservato l’incarico di coppiere e di servire alla sua mensa, nel grande e lussuoso padiglione imperiale. Restando presso la corte di Ottone, Aleramo conobbe Alasia, figlia dell’imperatore, la quale prese ad amarlo e Aleramo la ricambiò dello stesso grande amore; fintanto che insieme convennero di fuggire dalla corte stabilita dell’imperatore.
Così fecero una sera con due cavalli uno bianco e uno roano e fuggendo arrivarono fin sulle montagne del Comitato di Albenga, che Aleramo ricordava per esservi stato a caccia quando era scudiero dei signori di Spigno. E pensò che in quei luoghi avrebbe potuto stare sicuro e costruirvi un rifugio per vivere in tranquillità con Alasia al fianco.
Nella zona vi era un luogo alto e deserto chiamato Petra Ardena e fu là che insieme ad Alasia si costruì, come meglio poté, una capanna di tronchi e rami. Quindi dal monte Petra Ardena scese ad Albenga, dove vendette uno dei cavalli, tenendosi l’altro. Sposò quindi Alasia e da lei ebbe un figlio che essi chiamarono Ottone come l’avo imperatore.
Consumato tutto quanto avevano portato con loro, Aleramo, in quella foresta del monte, incominciò a fare carbone che quindi portava a vendere con il cavallo ad Albenga. Ora, avvenne che per caso faceva sovente le vendite del carbone al cuoco del Vescovo, entrando così in familiarità con lui. E questo durò alcuni anni.
Dopo qualche tempo, nella foresta nacque ad Aleramo e ad Alasia un secondo figlio che chiamarono Bonifacio e poi un terzo che chiamarono Guglielmo e quest’ultimo ebbe un fisico ancora più forte degli altri. Ebbero ancora un quarto figlio che chiamarono Tete, e si dice che ebbero anche un altro figlio il quale non scampò e morì bambino.
Allorquando Ottone, il figlio primogenito, ebbe dodici anni, il padre lo portò ad Albenga mentre andava a fornire il carbone alla curia del Vescovo; e il Vescovo, vedendolo e notando che era un grazioso ragazzo, lo volle fare suo scudiero. Aleramo, da allora, con o senza carbone, scendeva di frequente alla corte del Vescovo per vedere i progressi che faceva il figlio.
Mentre ciò accadeva, i Bresciani si ribellarono ancora all’Imperatore Ottone, cosicché egli mandò invito ai propri vassalli, e specialmente ai prelati della Chiesa e ai Vescovi che avevano avuto feudi in concessione dall’Impero,  perché partecipassero con proprie milizie all’assedio di Brescia. Ed anche il Vescovo di Albenga si preparò a partire. Allora il cuoco del Vescovo, parlando della partenza con Aleramo, gli chiese se non avesse voluto andare anche lui: “Starai con me in cucina e mi aiuterai!” E Aleramo accettò anche perché ci andava già il figlio Ottone quale scudiero del Vescovo.
Arrivati intorno a Brescia, il cuoco, che aveva un buon cavallo, si dipinse anche una sua arma simbolica e anche un vessillo al centro del quale vi erano i simboli della cucina: padella, paiolo e catena del fuoco, tutti neri in campo bianco.
Durante quell’assedio, un giorno i Bresciani fecero una veemente sortita e con gran valore e audacia arrivarono fino al padiglione dell’Imperatore costringendolo a fuggire, insieme con i suoi baroni, per quasi cinque miglia. Aleramo, vedendo ciò, si dolse della vergogna dell’Imperatore e subito corse ad afferrare le armi del cuoco; montato a cavallo e seguito dal figlio sedicenne che gli portava il vessillo e che cavalcava assai bene, si gettò contro i Bresciani trascinando con l’esempio numerosi altri cavalieri imperiali, cosicché riuscirono ad arrestare l’impeto dei nemici e a ricacciarli fino alla porta della città. Fu subito chiaro che la prima iniziativa era stata assunta da quel cavaliere che portava uno strano vessillo con le armi e le insegne dei cuochi, ma nessuno sapeva dire chi esattamente egli fosse.
In un giorno successivo, i Bresciani fecero una nuova sortita in forze, arrivando ancora in vicinanza del padiglione imperiale, ma questa volta Aleramo e suo figlio, che inalberava lo stesso vessillo con le insegne della cucina, fu pronto a ingaggiare battaglia e a trascinare con l’esempio gli altri migliori cavalieri, cosicché i Bresciani furono nuovamente respinti. Dopo questo nuovo fatto, grandemente crebbe la fama di questo sconosciuto cavaliere il cui merito si divulgò in tutto l’esercito.
Anche l’Imperatore chiese notizie di questo prode che nessuno conosceva, ma il Vescovo  di Albenga che era presente precisò a Ottone: “Ma queste insegne io le conosco: sono quelle del mio cuoco! E le sue armi vennero usate dal suo sguattero!”
Venne chiamato il cuoco perché portasse Aleramo e suo figlio al cospetto del Vescovo, il quale capì che c’era un segreto di mezzo e lo volle conoscere dicendogli: "Tu sei chiamato ‘il carbonaio’; ma in effetti, chi sei tu?”
Allora Aleramo gli si manifestò: “Io sono quell’Aleramo che tempo addietro sottrasse Alasia, figlia dell’Imperatore, e dalla quale ebbi quattro figli di cui Ottone, che è qui con me vestito da scudiero, è il primo, mentre altri tre sono nella foresta di Petra Ardena con la loro madre!”
Quando il Vescovo udì ciò, andò dall’Imperatore Ottone e, dopo aver dichiarato che gli avrebbe rivelato un segreto, chiese comprensione e perdono per quello che gli stava per dire; gli raccontò la storia di Aleramo concludendo: “Ed è lui che ha conquistato le ultime vittorie contro i Bresciani.”
L’Imperatore, che si era incupito, subito si placò e perdonò ad Aleramo, disponendo che tutti fossero portati a lui. Il Vescovo quindi fece venire Alasia con gli tre figli e, vestitili tutti di sontuose vesti, li presentò all’Imperatore il quale li ricevette nella sua grazia. L’Imperatrice, quando vide la figliola, svenne per la commozione, prontamente soccorsa e confortata dal consorte. Ottone volle poi ordinare cavalieri di propria mano sia Aleramo che i suoi figli, e fece fare gran festa per diversi giorni, sia nella corte che in tutto l’esercito che assediava Brescia. Contemporaneamente all’ordinazione cavalleresca, l’Imperatore diede a Ottone il vessillo di combattimento con stemma di colore rosso e bianco, incoraggiando i figli di Aleramo ad essere degni del padre, sempre debitori al valore e alla probità, virtù che i due colori rappresentavano. 
Alcuni giorni dopo, Ottone, figlio di Aleramo, con alcuni suoi compagni, senza che il padre lo sapesse si portò sul fronte dell’altra parte della città, intendendo attaccare e arrecare perdite ai Bresciani. Frattanto Aleramo, con la milizia che gli era stata affidata, stava uscendo dagli accampamenti intendendo affrontare quei gruppi di cavalieri nemici che spesso uscivano per molestare gli imperiali. E, mentre andava galoppando di gran carriera con i suoi armati, vide il drappello di suo figlio Ottone e dei suoi i quali procedevano con gli elmi abbassati, e non conoscendoli li assalì con violenza. Ottone si difese valorosamente contro il padre, perché ciascuno di loro credeva di combattere contro i Bresciani. Ma Aleramo era più forte del proprio figlio e più esperto, per cui gli fu facile disarcionarlo con un sicuro colpo di lancia e, ignorando chi egli fosse, lo uccise.
Caduto Ottone, i suoi giovani compagni si sottrassero al combattimento e presero la fuga dirigendosi verso l’esercito imperiale. Cercando poi tra loro chi fosse il cavaliere morto, scoprirono che era stato Ottone ad essere stato trafitto dalla lancia del padre Aleramo. Enorme fu il dolore e il cordoglio in tutto l’esercito e alla corte dell’Imperatore per il fatto incredibile, e l’Imperatore portò grande tristezza per moltissimo tempo senza poter essere consolato.
Passò qualche tempo e finalmente Brescia fu conquistata e riassoggettata all’autorità imperiale, per cui l’Imperatore con il suo seguito si portò a Ravenna. E fu da Ravenna che fece Aleramo Marchese di Monferrato con diritto di trasferimento del titolo anche ai suoi eredi; e gli diede tutto il territorio che si trovava dalla valle del fiume Orba fin verso la riva del fiume Po, al di qua del Tanaro e fino alle montagne, per tutta l’estensione dal Vulture al lido del mare, fatta eccezione per gli altri Comitati già esistenti.
E si dice che Aleramo, per tre giorni interi cavalcando attraversò tutta quella terra, in modo tale che il secondo giorno il suo cavallo gli morì alle propaggini del monte che è detto “Del cavallo morto”.

(1) Raccontata nel “Chronicon imaginis mundi”  di fra Jacopo Bellingeri da Acqui.

 

29/07/2006 12:00:00
03.03.2016
Franco Livorsi
Siamo tutti fortemente colpiti dal fenomeno sconvolgente del fondamentalismo islamico. Ma questo è solo il più eclatante tra gli estremismi “religiosi” del nostro tempo. Per intenderlo può essere utile spendere qualche parola sul ruolo della religiosità nella storia. Questa dimensione, come forza di...
 
29.03.2015
Patrizia Gioia
E vabbè, è così, proprio così, non lo voglio finire questo libro di Michael Uras (“Io e Proust”, Voland editore, 2014), mano a mano che i numeri delle pagine salgono ( o scendono) anche la mia notte ha meno riparo. Cosa c’è di più bello che andare a letto con qualcuno che ti piace? E cosa meglio...
19.09.2015
Giorgio Marenco
Tecniche e malizie del combattimento individuale. L'immagine del combattente in armatura è ricca di suggestioni e racchiude in sé una forte carica evocativa. L’uomo coperto di piastre metalliche rimanda subito ai cavalieri di antiche leggende ed è, infatti, uno dei simboli più utilizzati per rappresentare...
 
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
I Era notte fonda e la città di Papia dormiva, distesa sul suo pianoro accanto al fiume, raccolta fra le mura. Come spesso accadeva in quelle zone, l’inizio della Quaresima di quell’anno del Signore 951 aveva coinciso con un tempo incerto, bizzoso, sospeso tra le avvisaglie di un acquazzone che non arrivava...
 
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
II Quando era in attesa di Emma, Adelaide aveva preferito traslocare verso la zona interna del palazzo, che aveva il pregio di essere più appartata. Lì si era sistemata in una grande camera, comunicante con un locale più angusto, ma caldo e luminoso, che era stato destinato alla bambina. In quel...
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
III La porta Marinca apparve quando ormai Adelaide non ci sperava più. La prima parte di quella nottata infernale l’aveva passata districandosi nel cunicolo sotto la cappella, e non era stata la parte peggiore. Infatti, appena arrivata a san Colombano, non aveva avuto neanche il tempo di riprendere...
 
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
IV Adelaide era sicura che prima o poi sarebbero andati a sbattere contro qualche pianta, oppure il carro sarebbe sprofondato in una delle tante rogge che le ruote bordeggiavano pericolosamente. Ne era così certa che si teneva con tutte due le mani al sedile, pronta a saltare giù al primo urto o al...
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
VQuando la carretta si mise in marcia per lasciare la casa di Taso, il sole si era levato da un pezzo. Soltanto il giorno avanti Osmund avrebbe sbuffato, recriminato e sbraitato ordini, lamentandosi del ritardo. Quel mattino, invece, aveva manifestato un umore completamente diverso. Si era aggirato...
 
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
VI Il pettirosso arrivava sul torrione ogni mattina, subito dopo l’alba. Con un fruscio leggero si posava sulla grata della finestrella, serrando l’unica sbarra orizzontale fra le sue zampine. Poi si rassettava le piume delle ali e guardava dentro. Un’esplorazione breve, condotta più per abitudine che...
Segnali
Alessandro Gassman e Marco Giallini sul grande schermo ...
Al Teatro Sociale tornano i tanto attesi appuntamenti del Sabato Pomeriggio in Famiglia quest'anno una...
Segnaliamo un articolo comparso sulla rivista economiaepolitica.it in cui si sostiene la tesi che le...
Segnaliamo un interessantissimo articolo di Rosa Canelli e Riccardo Realfonzo sulla crescente disuguaglianza...
Il Forum dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio annuncia che il Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico...
Segnaliamo un interessantissimo articolo del prof. Felice Roberto Pizzuti docente di Politica Economica...
I MARCHESI DEL MONFERRATO NEL 2018 Si è appena concluso un anno particolarmente intenso di attività,...
Stephen Jay Gould Alessandro Ottaviani Scienza Ediesse 2012 Pag. 216 euro 12​ New York, 10 settembre...
Segnaliamo un interessante articolo comparso sulla rivista online economiaepolitica http://www.economiaepolitica.it/lavoro-e-diritti/diritti/scuola-sanita-e-servizi-pubblici/servizio-sanitario-nazionale-a-prezzo-regionale-il-paradosso-del-ticket/...
Segnaliamo, come contributo alla discussione, un interessante articolo comparso sul sito “Le Scienze.it” Link:...
Il Circolo Culturale “I Marchesi del Monferrato” presenta il suo nuovo progetto per il 2018: le celebrazioni...
Segnaliamo un interessante articolo comparso sulla rivista online economiaepolitica http://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/europa-e-mondo/la-ripresa-e-lo-spettro-dellausterita-competitiva/...
DA OGGI IN RETE 2500 SCHEDE SU LUOGHI, MONUMENTI E PERSONAGGI A conclusione di un intenso lavoro, avviato...
Segnaliamo il libro di Agostino Spataro, collaboratore di Cittàfutura su un argomento sempre di estrema...
Memoria Pietro Ingrao Politica Ediesse 2017 Pag. 225 euro 15 Ha vissuto cent’anni Pietro Ingrao...
News dai media nazionali:
Ultime Notizie
facebook
"Citta` Futura on-line" è la testata giornalistica dell`associazione Citta` Futura registrata 
in data 20 gennaio 2012 con atto n°1 presso il Registro della Stampa del Tribunale di Alessandria.
Redazione Mobile:  +39.3351020361 (SMS e MMS)  - Email: cittafutura.al@gmail.com 

Oltre le informazioni. Opinione ed approfondimento.