In questi giorni si sono fermati un po’, grazie alle feste e alla sospensione di numerosi programmi televisivi di cosiddetta informazione, ma c’è da scommettere che già stanno scaldando i motori per la nuova, rutilante serie “Di che scempio si tratta?”, che ci accompagnerà almeno fino alla coppa del mondo di calcio.
Partecipare è semplice: organizzi una manifestazione di protesta, dentro o fuori il Parlamento, confezioni qualche striscione, tiri su un palchetto o almeno una predella, afferri un microfono e ci urli dentro. Il motivo lo trovi sempre. Ci sono talmente tanti guasti in Italia, che hai solo l’imbarazzo della scelta. La sanità? Vada per la sanità. Il lavoro? Vada per il lavoro. La cultura? Vada per la cultura.
Ma, fra le tante opzioni possibili, ce ne sono due che la fanno da star: le tasse e la politica. Se vai su quelle, sei a posto. Arrivano i cronisti, arrivano le telecamere, arrivano i commentatori televisivi e, a quel punto, puoi sguazzarci dentro. Interviste, dirette, inviti ai talk show. Tutto va bene, per risolvere la serata a te e per risolvere la giornata a chi su quelle cose ci campa.
Lo spettatore, l’ascoltatore, il lettore ci capiscono qualcosa? In genere quasi nulla, ma poco importa. Importa, invece, che stiano sempre attaccati alla sedia, travolti da quel turbine incontrollato e incontrollabile di dichiarazioni, proclami, proteste, denunce, rivelazioni sensazionali e colpi ad effetto. D’altronde, dove vai se vuoi sentire di politica? Ormai, quasi tutti i programmi sembrano fatti con lo stampino. Sempre a crescere, con l’onda dello sdegno che monta e il pathos che aumenta, mentre il presentatore ti strizza l’occhio e annuncia nuove, sensazionali rivelazioni.
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Non ho capito bene se questa deriva avrà un momento di svolta, se riusciremo a invertire la rotta, se qualcuno sarà tanto ragionevole da mettere uno stop. Non ho capito bene, però non ci spero granché. Abbiamo metà del Parlamento che passa da una gazzarra all’altra. Alcuni leader di peso che non fanno passare giorno senza rifilare ceffoni a destra e a manca. Giornali che, a iniziare dalla prima pagina, fanno a gara a chi si dimostra più fazioso, irridente, sarcastico, caustico e strafottente. Capipopolo improvvisati che capeggiano drappelli altrettanto improvvisati e danno vita a proteste altrettanto sgangherate. Ognuno ha la sua ricetta per uscire dalla crisi: tagliate – gli altri – ridate il maltolto – a me. Togliete di mezzo i politici, togliete di mezzo la politica, o ci penseremo noi.
Ma noi chi? Vorrei far notare che, se in Italia si evadono circa 180 miliardi l’anno, gli evasori non possono essere solo i politici. Gli evasori sono tra noi. Anzi, tra voi. Vorrei far notare che, se in Italia la corruzione ha un fatturato di 60 miliardi l’anno, per raggiungerlo ci vogliono legioni di corrotti ma anche di corruttori. Che sono tra noi. Anzi, tra voi. Vorrei far notare che, se il nostro territorio è disastrato, ci vuole qualcuno che sana l’utilizzo indebito di qualcun altro. E questi sono tra noi. Anzi, tra voi. Vorrei, infine, far notare che ognuno ha diritto al voto, non importa quanto urlatore, demagogo, populista o cacciaballe sia. La nostra Costituzione non dice niente in proposito.
Scegliere tocca a voi. Al di là dei comizi, delle dirette e dei talk show.