Il dibattito sulla Cittadella, con
annessi timori e speranze a volontà, conosce un momento di pausa tra l’individuazione del percorso di
affidamento gestionale dell’insigne monumento ad “entità privata” e la
possibilità di vedere (e considerare, e discutere), al momento opportuno, le
“carte che tale percorso renderanno palese e dettagliato.La prima fase del dibattito, innescata
dalla notizia del nuovo protagonismo del Demanio nel farsi carico della Grande
Negletta, ha riguardato le condizioni, le cautele e le inibizioni da inserire –
in nome del pubblico interesse conservativo e culturale - nel bando di gara per la ricerca del soggetto
interessato alla concessione pluridecennale (max. 50) del compendio Cittadella.
Oggi abbiamo nozione, grazie a “Città
Futura” del 23.01 (articolo Cavalchini), di una bozza di documento
tecnico-prescrittivo che, redatto in testo finale e rivestito delle forme
opportune, dovrebbe costituire parte sostanziale del bando di gara relativo al
“recupero, restauro ed utilizzo” dell’intera Cittadella. Col che si vanno
precisando, al di là delle precedenti preoccupazioni d’ordine generale, le
“linee guida” – effettive e stringenti -
per gli interventi da effettuare, sul corpo vasto e sofferente della
Fortezza, ad opera di chi ne avrà diritto-dovere.
Si tratta di un notevole passo avanti,
ancorché non ufficiale, non definitivo, per antivedere i contenuti
concreti del prossimo bando di gara,
anche se non si conoscono ancora ipotesi di sorta circa il corrispettivo della
concessione. Notevole, e pur non facile da interpretare, da chi non abbia
qualche dimestichezza tecnico-economica con imprese di tal fatta.
Documento che tuttavia consente, anche
ad un lettore non specialista, di porsi, con buona attinenza, la domanda che aleggiava, inespressa, già nelle
prime fasi del dibattito sulle nuove prospettive concessorie.
Similmente ad una gara di salto in alto,
l’asticella costituita dal bando di gara
risulterà, nei fatti, posta ad un livello difficile ma “abbordabile” dai
possibili concorrenti, ovvero sarà subito percepita dagli eventuali interessati
come invalicabile e scoraggiante, e dunque a rischio – salvo buontemponi – di
gara deserta?
Non è proprio facile, infatti, aggirandosi tra i “paletti” posti a presidiare il
compromesso raggiunto tra i due
legittimi e contrapposti interessi (pubblico e privato), immaginare un’attendibile
area di business per l’ipotetico
concessionario. Tale per cui ai notevolissimi costi di intervento, edificatori
e gestionali, possano corrispondere, sia
pure nel medio-lungo periodo, ragionevoli prospettive di rientro degli
investimenti, e di qualche margine,
principalmente attraverso la locazione a terzi di locali – peraltro tutti da realizzare
in profondo adattamento dell’esistente - per attività varie (commerciali,
artigianali, di svago, di cultura etc.).
La comprensibile, diffusa soddisfazione
per essere pervenuti – e non era facile - in prossimità del bando di gara da
proporre ufficialmente urbi et orbi,
dovrebbe perciò essere prudenzialmente contemperata dalla non remota
possibilità che il primo esito non sia poi favorevole e si debba perciò
ri-decidere il da farsi, mitigando le condizioni o che altro.
Tutto
ciò rimanendo all’interno della filosofia che regge l’operazione bando
di concessione - per la Cittadella come
per tante altre opere storico-monumentali destinate alla “valorizzazione” pubblico-privata - ma consapevoli altresì che di fronte a tale
prospettiva, altre filosofie si contrappongono vigorosamente (vedi da ultimo:
S.Settis, Dall’Arsenale asburgico di
Verona alla Cittadella di Alessandria, in Repubblica del 22.1.us) a maggior
tutela del bene pubblico.