Trenitalia e Gruppo
Torinese Trasporti (GTT)
società controllata dal comune di Torino hanno firmato un memorandum d’intesa
per la creazione di una “newco”. GTT gestisce servizi di trasporto pubblico urbano,
suburbano ed extraurbano, due linee ferroviarie e il nuovo sistema
automatizzato della moderna metropolitana di Torino. Le due linee ferroviarie
sono la Settimo
Torinese - Pont Canavese interconnessa con la rete RFI nella
stazione di Settimo e la Torino
– Ceres. Quest’ultima, che serve anche l’aeroporto di Torino Caselle, era già
interconnessa con la rete RFI nella stazione di Torino Dora, ma a seguito dei
lavori di interramento delle linee RFI fra Torino Porta Susa e Torino Stura il
collegamento non esiste più; è previsto una nuova interconnessione con la
stazione Rebaudengo (fra l’ex stazione di Torino Dora e Torino Stura). Evidentemente
il collegamento ferroviario fra l’aeroporto e la città non è mai stato una
priorità altrimenti l’allacciamento avrebbe dovuto avvenire contestualmente
all’interramento delle linee di RFI.
La società che nascerà, se l’Unione Europea darà il via
libera, serve per ottenere l’affidamento diretto del servizio, escludendo altre
società che potrebbero partecipare alla eventuale gara. Gestirà il trasporto
ferroviario sulle linee attorno al nodo di Torino arrivando fino a Bra, Fossano
e Asti. La critica all’iniziativa non è legata all’affidamento del servizio ad
una società pubblica senza gara, ma alla scelta di continuare a fare del
servizio di trasporto uno “spezzatino”.
Il trasporto ferroviario è per sua natura pensato non tanto
e soltanto per le brevi distanze ma soprattutto per viaggi su medie e lunghe
distanze. A livello europeo, a partire dalla Direttiva 91/440/CEE, si è deciso di
separare la gestione della rete dalla fornitura di prestazioni di trasporto
ferroviario dando vita a:
-
un «gestore dell'infrastruttura», definito come qualsiasi ente pubblico o
impresa incaricati soprattutto della creazione e della manutenzione
dell'infrastruttura ferroviaria e della
gestione dei sistemi di controllo e di sicurezza;
-
creazione di società chiamate «impresa
ferroviaria» e definite come qualsiasi impresa a statuto privato o pubblico la
cui attività principale è rappresentata dalla fornitura di prestazioni di
trasporto ferroviario di merci e/o di persone e che garantisce
obbligatoriamente la trazione
Ovviamente i costi per gestione dell’infrastruttura sono a
carico degli stati mentre per le società per la gestione del trasporto la
Direttiva CEE prevedeva che: “Le imprese ferroviarie devono essere gestite
secondo i principi validi per le società commerciali, anche per quanto riguarda
gli obblighi di servizio pubblico imposti dallo Stato all'impresa e i contratti
di servizio pubblico conclusi dalla medesima con le autorità competenti dello
Stato membro.” Successive direttive e decreti europei hanno integrato e/o
precisato i principi contenuti nella 440/1991.
Il contenimento dei costi e quindi l’efficientamento nella
gestione dei servizi pubblici è un obiettivo condiviso e da perseguire ma le
opinioni sui modi con cui raggiungerlo non sono necessariamente la creazione di
società che hanno come obiettivo l’utile e non il miglior servizio.
Ad esempio è migliore la gestione di un inceneritore da
parte di una società privata che, è obbligata a mantenere le emissioni
inquinanti nei limite di legge, ma che non disposta a diminuire i suoi utili
per ridurre le emissioni, o la gestione da parte di una società pubblica
efficiente che riduce le emissioni anche se si riducono gli utili?
In particolare, nel trasporto ferroviario, la riduzione
delle dimensioni delle aziende e degli ambiti in cui servizi vengono gestiti diminuisce
le competenze sia tecniche che gestionali delle varie società, diminuisce
possibili economie di scala, peggiora le integrazioni fra le varie aree non
migliorando affatto i vantaggi per gli utenti.
La regionalizzazione del trasporto locale non ha certo
migliorato il servizio ma ha creato confusioni tariffarie e riduzione di servizi
in aree di confine fra regioni (),
sparizione quasi totale di collegamenti su distanze medio lunghe. Chiunque può
provare a vedere gli orari dei treni per andare da Torino a una qualche
località della riviera di ponente (mete classiche) e vedere che praticamente
occorre sempre cambiare treno; lo stesso se devi andare da Alessandria a
Bologna tratta su cui i collegamenti
prima erano diretti ed ora
occorre cambiare treno. Gli esempi che si possono fare sono tanti e nessuno può
negare che costringere la gente a cambiare treno sia un peggioramento per
l’utente. Tecnicamente se il gestore del servizio fosse unico non sarebbe
necessario scendere a Voghera per salire
su un altro treno, sarebbe addirittura più efficiente e razionale far
proseguire tutto il treno fino a Piacenza effettuando le stesse fermate,
migliorando anche l’utilizzazione di mezzi e personale.
La costituzione della nuova società che gestisce il servizio
ferroviario nel nodo di Torino (e da Asti) avrà come conseguenza prevedibile un peggioramento del
servizio per gli utenti del territorio alessandrino. Semplificando un pochino i
fattori principali da tenere presenti sono:
-
il numero dei treni che possono circolare su un
tratto di linea e nei nodi sono in relazione a disponibilità di “tracce orarie”
e di binari per il ricevimento della stazione in cui sono diretti (es Torino
Porta Nuova)
-
la necessità di far circolare treni su una
tratta dipende dal numero dei viaggiatori che utilizzano quella tratta; il
numero totale è comunque condizionato dalle disponibilità di “tracce orarie”
Se ad esempio i viaggiatori che si spostano sul tratto di
linea fra Alessandria e Torino (compresi gli astigiani) sono per ipotesi 10.000
per trasportarli devono partire da Alessandria (anche provenendo da stazioni
precedenti) almeno 20 treni che arrivano
strapieni a Torino. I treni in partenza da Alessandria per Torino avranno una
frequenza buona.
Se i viaggiatori dell’astigiano (ipotizziamo 5.000 per cui
servono 10 treni) utilizzeranno i treni della nuova società fra Asti e Torino,
i contabili attenti alle spese ci diranno che da Alessandria basteranno 10
treni. Anche introducendo qualche correttivo, ovvero una parte degli astigiani
si serve dei treni provenienti da Alessandria,
si potranno avere, diciamo, 12 treni da Alessandria e 8 da Asti. Ma
sicuramente la frequenza dei treni, invariata per gli astigiani, diminuirà per
gli alessandrini che avranno quindi orari più scomodi. Certo i costi per i
treni che si fermano ad Asti sono inferiori. Meno consumi di corrente, usura di
motori, mezzi e binari che sul totale hanno un incidenza tutto sommato
limitata; ma anche un meno razionale uso di mezzi e personale per le
inevitabili soste e perditempi legati all’inversione di marcia e/o all’attesa
dell’orario migliore per la partenza. C’è poi la questione del pagamento delle
tracce orarie al gestore dell’infrastruttura altra conseguenza nefasta, almeno
per i treni del servizio pubblico, della scelte fatte a partire dalla Direttiva
91/440/CEE . Argomento meritevole di discussione che richiederebbe più spazio.
Se anche si decidesse di non badare a spese e fare lo stesso
tanti treni anche da Alessandria resterebbe il problema delle “tracce orarie”
Un “buon governo” vedendo
gli effetti delle scelte fin qui fatte in materia di trasporto pubblico
ferroviario peggiorativi per chi vuole o è costretto a servirsene riprenderebbe
in esame tutto quanto cercando di introdurre i correttivi necessari. Ma non
tutto quello che può interessare e convenire al cittadino conviene ed interessa
ai governanti. E dai risultati si può vedere se si tratta di “buon governo” o
“cattivo governo”.