Mobile
ingombrante, simbolo del matrimonio, incombe in una stanza e nella vita di
molti, occupandone la maggior parte.
Chi
è pervaso dall’idea di due corpi divisi, parcheggiati in permanenza su due
spazi adiacenti, lo chiama “letto a due piazze”. E’ l’espressione
inquietante del concetto che contempla l’unione di due estranei, incontratisi
per caso, costretti a rimanere avvinghiati, anche nel sonno, per il resto dei
loro giorni. Pochi riescono a portare a termine con gradimento questa prova di
resistenza, entrando a far parte dei matrimoni riusciti. Gli altri maturano
un’insofferenza duratura che può sfociare in autentico risentimento, trattenuto
nei limiti di un’accettazione silenziosa: sono le coppie mute-irreprensibili, votate
al misticismo dell’espiazione, per conseguire la ricompensa di
un’immortalità finalmente divisa.
Ce ne sono in commercio di
tutti i tipi: in legno massiccio con pediera, per chi ha un’idea di coppia
tetragona e persistente; in ferro, di foggia ospedaliero-militare per i più
severi con tendenza alla contrizione, o a volute ribattute, con scaldapiedi a
volant, serici piumini e cuscini in quantità, per i romantici imperterriti;
stile minimale, essenziale nelle linee, tecnologicamente avanzato in fatto di
doghe e imbottiture, per consentire un riposo perfetto, che è tale in
solitudine; alla francese, di dimensioni ridotte, rivelatore di un desiderio
inconscio di effusioni ravvicinate ed effimere: non a caso i Francesi chiamano
il nostro “lit a l’italienne”, un campo d’azione in cui si esercita più
comodamente l’unione santificata che ha sapore di maternità, odora di latte e
inibisce il marito latino, assai più fantasioso altrove. Infine, di tendenza
orientale, “a futon”, durissimo, da non confondersi con il letto “a
feuilleton”, teatro di drammi e tradimenti. I materiali, assolutamente
naturali, i cuscini e i velari, sono più indicati alla contemplazione del sesso
che alla pratica del medesimo, essendo alto il rischio d’infiammabilità degli
elementi essenziali di contorno. Incensi e candele non tollerano movimenti
incontrollati.
Il letto
matrimoniale, aumentando la frequenza dell’accoppiamento, favorisce la
procreazione quando un arto viene casualmente a contatto con parti del corpo
non proprie, creando malintesi. L’effetto, qualunque sia la causa, è meglio
tollerato in età giovanile, potendosi risolvere in tempi brevi. Diventa
impedimento grave quando i corpi si manifestano nelle loro imperfezioni
estetiche e funzionali, dilatandone la durata; quando quella che all’orecchio
dell’amato pareva una melodia lieve del respiro, si tramuta in un
insopportabile russare che induce a sperare in un’apnea irreversibile. Quando
uno vuol leggere e l’altro riposare, o è immobile nel sonno e si risveglia
esposto alle intemperie come il pargolo dannunziano, tentando invano di
recuperare il proprio lembo di coperta abbozzolato a fianco. Quando
un’indisposizione fa desiderare il riposo, per pudore e necessità, e l’altro
costringe a celare contegnosamente il proprio disagio, aggravando i sintomi e
rallentando la guarigione, o si vuole entrare nei propri silenzi, fingendo di
dormire, paventando l’immancabile “dormi?”.
Chi per primo manifesterà
la volontà d’interrompere questa infinita liturgia? Le astuzie si diluiscono
nel tempo, piccole e bavose, che l’altro coglie in un silenzio grato, mettendo
in atto le proprie, prevenendo e assecondando, in totale sintonia. Le
opportunità si presentano con frequenza accattivante: una sciatica, una tosse
persistente, una partita di calcio, un lavoro da terminare …: ciascuno prende
la propria strada così, senza rumore. I corpi, finalmente soli nei loro letti,
restano inizialmente fermi, all’angolo, per riuscire finalmente a riconquistare
verso il centro lo spazio perduto, sottraendosi a quell’antico ordine del
cervello che aveva loro imposto d’esser rannicchiati.
Al mattino ci si ritrova
già rassettati e più belli davanti ad una colazione servita con gentilezza; ci
si racconta come dopo il ritorno da una vacanza, felicemente disuniti.
E a poco a poco, forse, si ricomincia ad amarsi di
nuovo.