Recenti fatti di cronaca hanno contribuito ad aumentare fra i cittadini la percezione di vivere in una società sempre più violenta ed insicura. Gli esperti e le statistiche ci dicono che il numero degli omicidi è in calo malgrado le nostre impressioni. “
La mente umana tende a valutare la probabilità di un evento dalla facilità con cui può ricordarne degli esempi, ed è più facile che entrino nelle nostre case e s’imprimano a fuoco nella nostra mente scene di massacri piuttosto che di persone che muoiono di vecchiaia. Non importa quanto la percentuale di morti violente possa essere bassa: in termini assoluti ce ne saranno sempre abbastanza da riempire i telegiornali, con il risultato che le impressioni della gente sulla violenza non hanno alcun rapporto con le sue proporzioni reali.” (
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Non incontriamo mai qualcuno che teme di venire ucciso, cosa molto più probabile qualche centinaio di anni fa. Più facilmente, molti di quelli che incontriamo e magari noi stessi, temiamo invece di essere vittime di raggiri, furti, scippi o, peggio, di reazioni violente se ci azzardiamo a chiedere il rispetto delle regole.
Questa sensazione di insicurezza, non priva di fondamento e aumentata recentemente, non è frutto solo di quanto conosciamo attraverso i mezzi di informazione locale ma anche dalla conoscenza diretta di persone vittime di atti criminosi.
Nell’esistenza di ciascun essere vivente “salvare la pelle” è la regola principale, la possibilità di vivere pacificamente ne costituisce l’estensione ed è un esigenza fondamentale. E come tale va tenuta nella dovuta considerazione da tutti noi e da chi fa politica cercando di mantenere pacifica la nostra società. In ogni tempo e in ogni luogo, le società più pacifiche tendono anche a essere più ricche, più sane, più istruite, meglio governate, più rispettose delle donne e più propense al commercio...... (*)
Per gli esperti fattori che contribuiscono a far diminuire la violenza sono molti ad esempio il ruolo delle donne Essendo la violenza un passatempo in larga misura maschile, le culture che danno maggior potere alle donne tendono a cessare di glorificarla e hanno meno probabilità di alimentare pericolose subculture di giovani maschi sradicati (*).
Sicuramente tra i fattori più importanti abbiamo l’autocontrollo e la ragione: Queste riduzioni della violenza hanno richiesto un senso della proporzionalità, un abito mentale che non viene naturale e dev’essere coltivato tramite la ragione. (*) È impossibile ignorare in qual misura la civiltà sia costruita sulla rinuncia pulsionale. (S. Freud)
Il libro da cui sono tratte queste citazioni è un volume di circa 900 pagine il cui contenuto non può certo essere cosi riassunto. Possiamo però cercare di utilizzare qualche citazione come spunto di riflessione sulle scelte dei nostri governi e sulla conseguente prospettiva della nostra società. Il declino della violenza è frutto di condizioni sociali, culturali e materiali. Se esse dureranno, il tasso di violenza rimarrà basso o calerà ulteriormente; altrimenti, no(*).
Le realizzazioni e le conquiste non sono per sempre e le scelte di un buon governo devono riuscire almeno a mantenere quanto esistente puntando a migliorarlo.
La politica, e non solo, attualmente sembra voler parlare “ più alla pancia che alla ragione”, scelta che non sembra essere coerente con il risultato che vogliamo ottenere. La ragione sembra essere caduta in disgrazia. La cultura popolare sta sprofondando in nuovi abissi di stupidità, e il discorso politico negli Stati Uniti è diventato una corsa verso il basso. Viviamo in un’epoca di creazionismo scientifico, sciocchezze New Age, teorie del complotto sull’11 settembre, psicoassistenza telefonica e rinascita del fondamentalismo religioso(*)
Uno dei fattori più importanti è pero la fiducia nello stato. Molti criminologi ritengono che all’origine dell’effetto pacificatore dello Stato non vi sia soltanto la sua bruta forza di coercizione, ma la fiducia che esso ispira alla popolazione. (*)
Di questi tempi sono molti i motivi per cui la fiducia dei cittadini nello stato viene meno, tra questi la sensazione che lo Stato non intervenga a difenderci con la dovuta solerzia come ci aspettiamo (qualcuno potrebbe sostenere per residuo infantilismo).
La “maestra” rappresenta la prima autorità esterna con cui abbiamo a che fare e può in un certo senso essere considerata il nostro primo contatto con lo Stato. Nessuno desidera una “maestra” incarnazione della repressione dispotica di uno stato autoritario che nessuno più vuole, e che fortunatamente non esiste più. Resta il fatto che i bambini chiedono l’intervento della maestra nei riguardi dei compagni, non solo quando ritengono di aver subito un torto, ma anche quando pensano che non vengano rispettate le regole che invece loro osservano.
È quindi lecito domandarsi se, per far crescere tra i futuri cittadini la fiducia nello Stato, la “maestra” deve sgridare i monelli?
PS. L’immagine a corredo di questo articolo è tratta dal ciclo di affreschi “Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo” di Ambrogio Lorenzetti.