Una premessa necessaria
Estremamente interessante l’incontro di giovedì 18 giugno presso la Croce
Rossa Italiana , promosso dall’Assessorato alla Coesione Sociale di
Alessandria, avente per argomento le modalità dell’assistenza agli immigrati in
arrivo in Alessandria e provincia. E’ stata un’occasione significativa per
conoscere direttamente associazioni e singole persone che, giorno per giorno,
si misurano con una realtà incontrovertibile (il grande esodo di cui siamo
tutti testimoni ) , con scarsezza di mezzi . molta buona volontà, riferimenti
normativi confusi e, nonostante tutto, una buona professionalità messa alla
prova 24 ore su 24. Un’occasione ancor più importante perché ci ha permesso di
riflettere su un mondo particolare (quello del Volontariato collegato ai grandi
flussi internazionali di migranti) che movimenta – a volte – ingenti quantità
di denaro.
La Costituzione italiana, all’art.10, garantisce l’asilo a chiunque non
veda rispettati, nella Nazione di origine, gli stessi diritti a cui avrebbe
accesso in Italia. Nel nostro Paese, però, non c’è una legge quadro a garantire
il diritto d’asilo.
E’ risaputo che una legge organica
in qualsiasi materia - ma tanto più in quelle concernenti diritti inviolabili
- è necessaria al fine di fare ordine,
di non lasciare vuoti normativi, zone d’ombra che possano – a volte - essere interpretate discrezionalmente
dall’Amministrazione Giudiziaria oppure dagli Enti Locali. Sulla immediata
applicabilità del terzo comma dell’ art 10 della Costituzione vi è una
giurisprudenza e una discussione “in dottrina” infinita, quello che continua a
mancare è un “pacchetto legislativo” semplice e ben strutturato che metta
chiarezza e porti tranquillità ad operatori (e migranti).
Tra l’altro è proprio la Costituzione a sancire che “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio
delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto
d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla
legge” (art. 10 c.3) e dunque si prevede la necessita’ di una legge per
rendere concretamente fruibile un diritto comunque inviolabile.
La valutazione delle esigenze di protezione internazionale dei richiedenti
asilo è oggi demandata, in via amministrativa, alle Commissioni Territoriali
per il Riconoscimento della Protezione Internazionale. Si tratta di Commissioni
che non sempre funzionano come dovrebbero e sono spesso in ritardo rispetto al
numero di richieste da analizzare, ma non per incuria o per apatia italica,
semplicemente per scarsa razionalizzazione delle procedure. Due sono,
soprattutto, i momenti di frizione:
·
1) c’è una sproporzione tra il numero delle Commissioni, 30 dopo l’ultimo
intervento di ampliamento, e quello delle richieste: solo nei primi 6 mesi del
2014 le domande sono state circa 25 mila, (Rapporto
Caritas-Migrantes - Anci);
·
2) la prescrizione di muoversi su tutto il territorio per coprire i vari
luoghi di accoglienza (C.A.R.A., Cpsa, Cas e progetti S.P.R.A.R.) e di operare
alla presenza di tutti i componenti previsti dalla legge (un funzionario di
carriera prefettizia, alla presidenza, un rappresentante di P.S, uno delle
autonomie locali, un esponente dell’UNHCR e l’interprete) rallenta
ulteriormente la capacità di intervento. Il D.L. 119/2014 (28 ott. 2014),
incrementa il numero delle Commissioni e semplifica il loro funzionamento,
consentendo a ciascuno dei quattro membri designati di agire autonomamente. E
questo potrebbe rappresentare un passo avanti, ma potrebbe anche aprire preoccupanti spazi di discrezionalità, in mancanza di un chiaro quadro
legislativo di riferimento.
D’altra parte l’accoglienza, in
Italia, non è mai divenuta un “sistema stabile”. Nonostante un’esperienza ormai
più che ventennale in materia di “richieste di asilo”, ci si comporta come se si fosse - sempre, o quasi - in regime di emergenza. In Italia si è
passati dal Piano Nazionale di Emergenza per i Rifugiati (fallito con l’insostenibile pressione su
Lampedusa) agli S.P.R.A.R. (di cui si
tratterà più avanti) fino alle varie forme di centri di accoglienza temporanea,
situati in luoghi requisiti ad hoc e
dati in gestione a privati, prima sotto il controllo della Protezione Civile
(ad es. “Emergenza Nord Africa 2011”) oppure sotto quello delle Prefetture. Un
circuito di risorse immenso, in gran parte provenienti dall’Unione Europea, che
però non ha mai garantito i percorsi di autonomia ed autosufficienza graditi ai “richiedenti asilo”.
Recenti inchieste, non solo a Roma, secondo un autorevole testimone “stanno portando alla luce la totale assenza
di controllo verso tali strutture. Le Prefetture, in accordo a volte con gli
Enti Locali e ascoltando, ma sempre in condizione di totale discrezionalità,
associazioni umanitarie, Ong, soggetti del “Terzo settore”, appaltano la
gestione degli spazi destinati all’accoglienza, sovente senza neanche un bando
o una gara di appalto.”
“I gestori sono tenuti a garantire
alcuni servizi (cibo, vestiario, assistenza socio sanitaria, pocket money di
2,5 euro al giorno da dare ai richiedenti asilo, in cambio di 35 euro
giornalieri per ogni assistito), ma non
c’ è alcuna verifica sulla qualità del servizio fornito.” (da un intervento di G. Schiavone al Convegno
del 16 maggio scorso tenutosi a Rovereto su “Migranti e interventi umanitari”)
D’altra parte uno dei motivi principali
per cui c’è “ritrosia” nel nostro Paese a definire norme certe pur in presenza
di Direttive Europee molto precise , sta nel fatto di essere – sostanzialmente
- zona di transito, verso il nord Europa
soprattutto. Nel 2014 il numero degli arrivi è stato particolarmente elevato,
ma lo scarto tra gli arrivi e le effettive domande
di asilo presentate è molto ampio (1 su 18 soltanto ne ha fatto domanda).
L’emergenza - come viene raccontata - è
in realtà colpa della politica, perché le domande presentate sarebbero
gestibili, ma manca una programmazione realistica e sistematica nelle
operazioni. Ne è un esempio l’evoluzione dello S.P.R.A.R (Sistema di
Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), che dalla previsione di 1800
posti del 2002 è schizzato a prevedere 20.000 posti nel 2014. E questa
accelerazione avviene nello scenario allarmante che coinvolge ormai
moltissime aree del mondo: gli arrivi
non diminuiranno e l’Unione Europea è tenuta a riformare le politiche di asilo
in maniera strutturale (sperando che sia sufficiente il provvedimento “linkato”
più sotto).
Vi è tutta una normativa internazionale
(non solo europea) sull’accoglienza che ha già definito da anni i punti
fondamentali della questione. In sostanza si parte da un assioma non sempre “agevole” e cioè che
le persone che accogliamo rientrano sotto la diretta responsabilità dello
Stato; prima di tutto a questa Entità spetta adoperarsi per accrescere la
qualità dell’intervento pubblico
all’interno di un più capillare sistema locale (interno) e, più in
grande, europeo.
In assenza di una regolamentazione unitaria, l’Italia ha scelto di adottare un
modello complesso strutturato su due livelli paralleli, con luci ed ombre:
il sistema dei C.A.R.A. (Centri di Accoglienza per Richiedenti
Asilo) a livello statale e i programmi locali definiti “S.P.R.A.R.”, molto diversi per
gestione, efficacia, percezione pubblica e tutela dei diritti.
I C.A.R.A. hanno finito per collocarsi principalmente nel Sud dell’
Italia, in strutture precedentemente destinate ad usi diversi dall’accoglienza,
in zone isolate che sono presto diventate dei ghetti, alimentando paura e
allarme sociale e che l’UNHCR ha chiesto esplicitamente all’Italia di abrogare.
Il sistema “S.P.R.A.R.”, al contrario,
la cui strutturazione ha origini dal mondo del Volontariato (soprattutto
friulano), ha avuto maggior successo, tanto da essere apprezzato anche in
Europa.
Lo S.P.R.A.R., al maggio 2015,in Italia coinvolge circa 420 Comuni in tutte le
Regioni, esclusa la Valle d’Aosta, ma il numero dei programmi è ancora
insufficiente e territorialmente squilibrato, oltre ad essere sottoposto al
rischio di infiltrazioni che hanno più a cuore l’ammontare economico che ruota attorno al programma piuttosto che la
predisposizione di un’accoglienza dignitosa. E, forse, le nostre preoccupazioni
dell’esordio riguardavano proprio questi aspetti “grigi”.
Un altro problema è il carattere di volontarietà che per ora caratterizza
lo “S.P.R.A.R.”, che ha portato all’innescarsi di meccanismi poco virtuosi per
cui si preferisce delegare alle zone limitrofe la predisposizione del programma
invece che assumerne la responsabilità. In questa ottica sarebbe interessante
capire meglio come va a collocarsi la triangolazione operativa Alessandria –
Tortona – Ovada all’interno del panorama piemontese e, perche’ no, di quello
adiacente della Liguria. Si tratta,
infatti, sempfre e comunque di interventi “intermedi” che devono essere
sopportati in modo equo e responsabile
da tutta una popolazione (meglio se in un’ottica europea e, comunque, con una gestione oculata delle risorse interne).
Per
diventare un sistema efficace il tutto andrebbe ripensato nell’ottica di
un trasferimento di funzioni amministrative ai Comuni per la gestione dei
richiedenti asilo, sulla base di una programmazione nazionale, in un quadro che
non sia più di libera adesione, delegando così la gestione in via ordinaria
agli Enti Locali e lasciando allo Stato solo la primissima accoglienza.
Una gestione strutturata a livello nazionale e locale garantirebbe, oltre ad
una maggiore tutela dei diritti delle persone, la possibilità di evitare
il rischio di una eccessiva
localizzazione dei flussi nelle zone che, meritoriamente, si sono per prime
dotate di uno “S.P.R.A.R.”. Ma si è già visto che, ancora una volta, lo Stato
centrale – quando potrebbe, e dovrebbe , servire – latita.
In questo senso è auspicabile e
realisticamente probabile una riforma a breve termine, che preveda a livello
locale consultazioni pubbliche e valutazioni oggettive per programmare
un’accoglienza ordinaria, garantendo la possibilità di accedere continuativamente
al programma, senza attendere la presentazione di un bando dal Ministero degli
Interni, come adesso avviene ogni tre anni.
Una riforma è necessaria anche per recepire entro il termine imposto del luglio
2015 le nuove direttive europee in materia di asilo (per saperne di più puoi cliccare QUI).
Progetto: “Servizio di accoglienza ed
assistenza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale”
Tante parole, quelle precedenti, per
dare ancora più peso a quanto si sta realizzando qui da noi. Infatti,
nell’incontro di giovedì, inizia le comunicazioni l’assessore competente (Pier Mauro
Cattaneo) con una presentazione delle associazioni e degli enti presenti,
facendo diretto riferimento ai servizi e alle funzioni fornite dagli stessi. Il
tono è pacato e tranquillo, di chi è sicuro di aver fatto bene il suo dovere,
anche se non mancano riferimenti alle “mancanze di altri” specie a livello
regionale e nazionale “che portano
ritardi e confusioni quanto mai deleterie in un campo come questo”.
Prendono poi la parola i rappresentanti di Protezione Civile e della C.R.I.
Anche le loro comunicazioni procedono spedite, soffermandosi il minimo
necessario sulle questioni essenziali :
- i tempi minimi richiesti in caso di
“emergenza” da parte della Prefettura o dal Ministero,
- la necessità di coordinamento fra
varie realtà che – comunque - pare sia migliorato anche grazie al diretto
interessamento del Comune di
Alessandria; infine non è mancato un riferimento alla scarsità di mezzi che
costringono tutti gli Enti, nessuno escluso, a dare fondo a proprie riserve non
potendoci essere un aiuto – consistente – dall’esterno. Anche se qui, come a
tutti coloro i quali si interessano all’argomento, si accende più di una
lampadina col solito refrain di sottofondo…”ma allora i soldi dove vanno?”.
Comunque si avanti e sia nell’intervento
dell’Assessore all’Integrazione Sociale che in quelli della CR.I. e della
Protezione Civile sono riecheggiati più volte toni di critica (anche molto
netta) su quello che viene definito “allarmismo” (per esempio in collegamento
ai casi di scabbia o di altri elementi infettivi) arrivando fino a negare
l’esistenza stessa di una emergenza…
Fatto un pochino discutibile e che meriterebbe più di una considerazione.
L’emergenza in relazione agli arrivi di persone senza (o quasi) documenti, con
problemi di lingua, di inserimento nel tessuto sociale e nel mondo del lavoro,
c’è ed è davanti a tutti. Viene fuori in modo ancor più forte in Italia data la
sua “realtà sociale indebolita” che porta a reazioni durissime – al limite del
razzismo – proprio per esaurimento di “attenuazioni”, di “cuscinetti” di
appoggio, già consumati dalle crisi ripetute negli anni.
Si passa infine all’enunciazione delle
attività in essere, frutto di “bandi di gara” a cui si è partecipato (e vinto) ,
che hanno permesso di coordinare interventi ed affinare strategie d’insieme. Proprio qui abbiamo sentito risuonare
direttamente, e dagli stessi interessati, la parola magica “SPRAR” che prima,
per noi comuni mortali, aveva poco significato. Il ripasso fatto insieme, e di
cui abbiamo dato qualche esempio in apertura di artcolo, ci ha pero’ aperto gli
occhi. Chiarezza confermata dai contenuti che riportiamo in originale, con
piccoli commenti finali:
….
“Progetto: Servizio di accoglienza e
assistenza ecc.”
Ente appaltante: Prefettura U.G.T.
Alessandria
Durata (originaria) : maggio – dicembre
2015
Presentazione dell’Ente: “L’esperienza dell’I.P.A.B. Soggiorno
Borsalino è fondata principalmente su un team organizzato e competente di
operatori che, a diverso livello, hanno sempre operato per risolvere in maniera
operativa molti e diversificati problemi connessi al disagio diffuso della
popolazione, a prescindere da età, sesso e cittadinanza. Questa “mission”
istituzionale è oggi una vera e propria vocazione, che si è formalizzata con la
recente modifica dello Statuto Organico dell’Ente. Lo Statuto ha assunto e
fatta propria fra le funzioni oggetto della “mission” l’assistenza e
l’accoglienza di soggetti particolarmente svantaggiati quali sono i cittadini
stranieri “migranti”, un fenomeno che l’Amministrazione del Soggiorno Borsalino
ritiene costituisca una delle situazioni sociali più complesse da gestire nei
prossimi anni.
Un
Ente da 155 anni dedicato alla cura ed all’assistenza dei più bisognosi
(I.P.A.B. sta per Istituto Pubblico Assistenza e Beneficenza) non può sottrarsi
alla responsabilità di assicurare il proprio contributo per offrire soluzioni a
tutte le Istituzioni di Governo del territorio.
Il
valore aggiunto che si è convinti di poter offrire in tale attività è la
capacità, daq un lato, di ricercare e concretizzare soluzioni alternative alle
emergenze (si sono gestiti più di 800 arrivi in “prima accoglienza” dal marzo
2014 fino al maggio 2015) dall’altro lato di poter offrire la capacità di
costituire, consolidare e rendere operative reti sociali in grado di supportare
sia i servizi di accoglienza / assistenza ordinari, sia attività che autonomamente
possano costituire opportunità di crescita per gli operatori e per i
destinatari dei servizi.
A
tal proposito il Soggiorno Borsalino è stato tra i promotori della Rete di
Accoglienza Profughi che riunisce gli enti che a vario titolo (Provincia di Alessandria,
Comune di Alessandria, Croce Rossa, Protezione Civile, enti del privato
sociale) collaborano attivamente n materia di accoglienza e assistenza dei
migranti richiedenti asilo giunti sul nostro territorio e che si è dotata di
apposito Protocollo.”
“L’I.P.A.B.
Borsalino ha presentato il progetto di accoglienza e assistenza profughi su tre
ambiti territoriali (tre lotti) con la seguente disponibilità di posti per
accogliere richiedenti asilo: - totale posti n. 115; - lotto Alessandria con 80
posti (18 alloggi in Alessandria + 3
alloggi ad Oviglio); - lotto Ovada con
20 posti (3 alloggi); - lotto Tortona con 15 posti (2 alloggi)”
“Fornire
un servizio di accoglienza e assistenza a migranti richiedenti asilo secondo le
linee guida dello S.P.R.A.R. (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), il quale ha come finalità
principale la (ri)conquista dell’autonomia individuale dei richiedenti asilo.
L’obiettivo è quello di un’accoglienza integrata, che prevede la messa in atto
di interventi materiali di base (vitto e alloggio) , contestualmente a servizi
svolti a supporto di percorsi di inclusione sociale funzionale a rendere
progressivamente autonomi i beneficiari e prevenire il rischio di
assistenzialismo.”
“Il
progetto prevede l’erogazione dei seguenti servizi: a- mediazione linguistico
culturale, b- accoglienza materiale. c- orientamento e accesso ai servizi del
territorio, d- formazione e riqualificazione professionale, e- orientamento e
accompagnamento all’inserimento lavorativo, f- orientamento e accompagnamento
all’inserimento abitativo, g- orientamento e accompagnamento all’inserimento
sociale, h- tutela legale.”
“Il
progetto impiega una equipe multidisciplinare per un totale di 29 operatori,
con differenti competenze, professionalità ed esperienze pregresse, distribuiti
sui lotti di Alessandria, Tortona e Ovada: n 1 coordinatrice generale del
progetto, n 2 psicologi, n 3 mediatori
culturali, n 2 antropologi, n 2 infermieri, n 8 docenti di italiano per
stranieri, n 11 operatori socio-educativi”
Il tutto corredato da un’ampia ed
esaustiva descrizione in dettaglio delle attività educative, di formazione, di
accompagnamento al lavoro, di gestione degli spazi per abitazione. Contatti un
po’ con tutte le realtà alessandrine operanti sul territorio, ed in particolare
con la coop. Coompany, con l’ass. San Benedetto al Porto, con la Caritas
alessandrina, con quella di Tortona e Ovada, con la Casa di Quartiere di Via
Verona di Alessandria, con la “Casa di Accoglienza” di Tortona, con la
“Cooperativa Sociale Agape” di Tortona, con la “A.P.S. La Fenice“ di Tortona,
con l’”Associazione Volontari Ambiente” di Tortona, con la “Casa di Carità –
Oratorio Votivo” di Ovada.
Da segnalare infine la particolare, e
specifica attività dell’associazione di promozione sociale “Cambalache” con
progetti destinati all’accoglienza (per esempio con strutture che possono
arrivare fino a 34 ospiti in cinque diverse strutture abitative) e con
personale qualificato in campo sanitario, dell’accoglienza e dell’integrazione
culturale e sociale.
Sempre a merito di quest’ultima
associazione una serie di funzioni di supporto di estremo valore quali l’ “orientamento e accompagnamento ai servizi
sul territorio , quali Questura, Comune, SSN, CPI, CPIA”, oltre che tutela
legale-amministrativa e la mediazione linguistico-culturale.
Sempre in questo quadro di impegno sul
territorio va ricordato, per concludere – questa volta veramente - il progetto “Bee-my-job” cioè “apicoltura,
lavoro mio” con supporto tecnico, avvio all’attività di apicoltore con
materiali e formazioni base e medie, sempre e comunque nell’ottica di ottenere
una propria collocazione stabile e sicura all’interno del tessuto sociale del
nuovo Paese in cui si trovano a vivere.
Un mondo vivo, articolato, che ha saputo
fare di debolezze ataviche forze concrete operanti nella dura realtà
quotidiana. Un mondo che continueremo a seguire e che merita, per lo meno, una
sistemazione adeguata a livello legislativo e di garanzie in termini di lavoro
e continuità di impegno.