Ora
è il momento della protesta: come sottrarsi all’analisi critica di un progetto
legislativo che, se attuato, segnerà probabilmente la mutazione della scuola
nel suo impianto democratico?
La
legge 107/2015 detta la buona scuola, ha rimesso in
gioco il concetto di sapere e di conoscenza.
Abbiamo
lottato a lungo e lavorato per una cooperazione tra le varie discipline in
grado di fondere scienze della natura ed umanesimo, come base per ricostruire
un nuovo progetto di società. La parcellizzazione dei saperi, insieme alla
banalizzazione delle discipline, ha intaccato una visione pedagogica che in
passato ha suscitato passioni e amore per la conoscenza.
Vorrei ricordare il pensiero di Guido Quazza,
insegnante e preside all’Università di Torino. Egli si confrontò con il
Movimento studentesco sulla didattica e sui contenuti negli anni della
contestazione: nacquero i seminari interdisciplinari fondati sui lavori di
gruppo, vera palestra di educazione democratica, in cui il docente -secondo il
suo pensiero-non appariva più ripetitore e quasi imbonitore autoritario,
funzionario del sistema, ma esperto, consigliere, pilota dello studente .
È
giunto il momento di riaprire un dibattito profondo e complesso sulle finalità
della scuola nel nostro tempo, all’interno di una crisi non solo economica e
sociale ma anche culturale di grande ampiezza.
Uno
degli aspetti negativi e pericolosi della nuova legge è la funzione del
preside, definito con un approccio aziendalistico dirigente. In una visione presuntuosa e populistica alla formazione
di cittadini democratici viene sostituita la preparazione di utenti produttori
e consumatori consenzienti, privi di spirito critico.
La
figura di un preside autocratico e gerarchico “mutuato dall’albo dei ricordi di
figure militari fasciste”, (in AA. VV. La
buona scuola, Franco Angeli,
2015, p. 102), obbliga la comunità scolastica ad una competizione tra
insegnanti, unita al timore di perdere la cattedra se si manifesta autonomia di
giudizio.
La
paura non favorisce un’educazione libera, professionale, critica, vero motore
di un cambiamento culturale e sociale.
Ci
auguriamo che educatori, studenti, intellettuali si impegnino in una
riflessione collettiva, unita a momenti di lotta, senza escludere l’Università
dove ci sono iniziative in tal senso, al fine di salvaguardare e rinnovare
l’istituzione scolastica secondo i dettami della Costituzione, in un progetto
pedagogico antiautoritario e inedito.