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Scuola e Università
"La buona scuola"
Maria Teresa Gavazza

Ora è il momento della protesta: come sottrarsi all’analisi critica di un progetto legislativo che, se attuato, segnerà probabilmente la mutazione della scuola nel suo impianto democratico?

La legge 107/2015 detta la buona scuola, ha rimesso in gioco il concetto di sapere e di conoscenza.

Abbiamo lottato a lungo e lavorato per una cooperazione tra le varie discipline in grado di fondere scienze della natura ed umanesimo, come base per ricostruire un nuovo progetto di società. La parcellizzazione dei saperi, insieme alla banalizzazione delle discipline, ha intaccato una visione pedagogica che in passato ha suscitato passioni e amore per la conoscenza.

Vorrei ricordare il pensiero di Guido Quazza, insegnante e preside all’Università di Torino. Egli si confrontò con il Movimento studentesco sulla didattica e sui contenuti negli anni della contestazione: nacquero i seminari interdisciplinari fondati sui lavori di gruppo, vera palestra di educazione democratica, in cui il docente -secondo il suo pensiero-non appariva più ripetitore e quasi imbonitore autoritario, funzionario del sistema, ma esperto, consigliere, pilota dello studente .

 

È giunto il momento di riaprire un dibattito profondo e complesso sulle finalità della scuola nel nostro tempo, all’interno di una crisi non solo economica e sociale ma anche culturale di grande ampiezza.

Uno degli aspetti negativi e pericolosi della nuova legge è la funzione del preside, definito con un approccio aziendalistico dirigente. In una visione presuntuosa e populistica alla formazione di cittadini democratici viene sostituita la preparazione di utenti produttori e consumatori consenzienti, privi di spirito critico.

La figura di un preside autocratico e gerarchico “mutuato dall’albo dei ricordi di figure militari fasciste”, (in AA. VV. La buona scuola, Franco Angeli, 2015, p. 102), obbliga la comunità scolastica ad una competizione tra insegnanti, unita al timore di perdere la cattedra se si manifesta autonomia di giudizio.

La paura non favorisce un’educazione libera, professionale, critica, vero motore di un cambiamento culturale e sociale.

Ci auguriamo che educatori, studenti, intellettuali si impegnino in una riflessione collettiva, unita a momenti di lotta, senza escludere l’Università dove ci sono iniziative in tal senso, al fine di salvaguardare e rinnovare l’istituzione scolastica secondo i dettami della Costituzione, in un progetto pedagogico  antiautoritario e inedito.

24/02/2016 21:29:45
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