1) “Le leggi di Roma avevano saggiamente diviso
il potere pubblico in un gran numero di magistrature che si sostenevano, si
arginavano e si moderavano l'una con l'altra; poiché avevano tutte un potere
limitato, qualunque cittadino poteva aspirarvi, e il popolo, vedendosi passare
davanti l’uno dopo l'altro molti grandi personaggi. non si abituava a nessuno
di essi. Ma in quei tempi il sistema della repubblica cambiò: i più potenti si
fecero dare dal popolo missioni straordinarie, il che annullò l'autorità del
popolo e dei magistrati e mise tutti i grandi affari nelle mani di uno solo, o
di pochi
...
Quando si accordano
onori, si sa esattamente che cosa si dà, ma quando vi si unisce il potere, non
si può dire fino a che punto potrà essere portato.
.....
2) Quando il governo
ha una forma stabilita da tempo e le cose sono disposte in un certo modo, è
quasi sempre prudente lasciarle come sono, perché le ragioni, spesso complicate
e ignote, per cui una tale situazione si è mantenuta, fanno si che essa duri
ancora; ma quando si cambia il sistema totale, si può rimediare soltanto agli
inconvenienti che si presentano nella teoria, tralasciandone altri che solo la
pratica può far scoprire.”[1]
Anche se la prosa ci dice che queste considerazioni di
Montesquieu sono scritte da quasi tre secoli il loro contenuto è attuale e può
servire da spunto anche a noi, normali cittadini, per qualche riflessione sulle
modifiche alla Costituzione.
1) Eminenti costituzionalisti segnalano che le modifiche
introdotte modificano “pesi e contrappesi”, l’equilibrio (sempre delicato) dei
poteri creando quindi una situazione in cui la funzione di arginarsi e moderasi l'una con l'altra viene meno e il potere, non si può dire fino a che punto
potrà essere portato.
Non andrebbe combattuto forse, anche il leaderismo, se, come
sostiene Montesquieu, uno dei pregi del sistema della repubblica romana era che
il popolo, ..... non si abituava a
nessuno di essi?
Il Professor Calise nella presentazione del suo libro La
democrazia del leader ha affermato che i “leader” hanno un enorme “ego”.
Forse Cincinnato no, ma sicuramente Alcibiade e Cesare non difettavano di
“ego”. Essenziale per una democrazia saper “sfruttare” i capaci, ma anche che
il popolo/senato possa in ogni
momento frenarne le ambizioni.
2) Uno degli argomenti favoriti dai sostenitori del si è che
il cambiamento è un bene. Parecchi di loro sostengono addirittura che questa
riforma non è sicuramente perfetta ma è meglio cambiare piuttosto che tenerci la Costituzione cosi
com’è. Pur di fare una “salvifica” riforma costoro non si preoccupano nemmeno
di rimediare .. agli inconvenienti che si
presentano nella teoria figuriamoci se pensano a quelli ..altri che solo la pratica può far scoprire.
Un altro argomento dei sostenitori del Si al Referendum riguarda
la velocizzazione del processo legislativo che si otterrebbe dall’abolizione
del bicameralismo perfetto.
Dal sito della Camera dei Deputati[2] si
apprende che in 692 sedute dell’attuale XVII legislatura (in cui circa il 60%
del tempo è dedicato all’attività legislativa), il numero dei progetti di legge
approvati in via definitiva è pari a: 252. Il tempo medio dedicato a ciascun
progetto di legge in aula e in commissione può essere facilmente estrapolato. E
il perditempo dovuto al bicameralismo?
È opinione diffusa che le leggi non siano di “buona qualità”[3]. La
domanda da farsi, quindi, non è quanto tempo si è perso nelle varie letture fra
Camera e Senato, invece sarebbe utile sapere quante leggi nei vari passaggi
fatti siano state migliorate. Dobbiamo valutare quanto il bicameralismo abbia
contribuito a migliorare le leggi o ad evitare errori, non alla diminuzione dei
tempi, o dei costi che si potevano ugualmente ridurre dimezzando il numero dei
deputati e dei senatori. Per leggi buone e tempestive non serve un parlamento
con una sola Camera (se aboliamo pure quella facciamo anche prima!).
La cosa più veloce,
nel nostro universo non è la luce. ma il pensiero, con cui possiamo viaggiare
nel futuro non solo immaginandolo, ma facendo delle previsione sostenute da
solide basi scientifiche e conseguentemente “governare la nave” scegliendo con
largo anticipo la rotta migliore.
La modifica della Costituzione non farà il miracolo di
costringerci a scegliere buoni governanti. Gia dagli inizi degli anni ’90 si
propagandava che con nuove leggi elettorali avremmo potuto scegliere governanti
migliori e di conseguenza avere un futuro roseo. I risultati (non solo in
questo caso) sembrano aver smentito il paradigma “riforma = miglioramento”.
Considerando che la riforma è fatta male, come sostengono non
solo gli esperti che la criticano, ma anche molti di quelli che sostengono il
SI, e visto che, almeno in tal caso, le cose “è quasi sempre prudente lasciarle come sono” votiamo NO!
Un motivo “emozionale” ma sicuramente legittimo per votare
NO è l’effetto collaterale, desiderabile, del duro colpo che subirebbe la carriera politica di un Presidente
del Consiglio da cui non mi piace essere “guidato”. Sicuramente abile a mettere
brillantemente in fila suoni corrispondenti a parole (di sapore populista)[4]; ma quando
capita che ci sia un contenuto, quasi sempre non è condivisibile. I liguri di
una volta di fronte a certi oratori-predicatori commentavano “O mia com’u parla
ben”, ma non era un complimento. Anche per questa motivazione, non troppo
secondaria, vale la pena di votare NO.
[1] Montesquieu –
Considerazioni sulle cause della grandezza e decadenza dei Romani – ed.
Boringhieri 1960