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Meglio i vecchi ministri dei nuovi?
Nicola Parodi
Ogni giorno abbiamo notizie di lamentele di studenti o pendolari sul livello del servizio del trasporto ferroviario. Ci sono manifestazioni organizzate da comitati e movimenti vari, a cui si associano anche sindaci e altri rappresentanti della politica.
A questo proposito anche la lettura di una legge del 1865 può offrire spunti interessanti di riflessione.
Per prima cosa occorre precisare che il D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179[1] (a firma tra gli altri di Calderoli, quello del falò di leggi ) afferma che è “indispensabile la permanenza in vigore”di parecchi articoli di questa “Legge - 20/03/1865, n.2248 allegato F” che si occupa di lavori pubblici. (nota a pie di pagina con collegamento a testo legge) [2]
La sorveglianza ministeriale[3] prevista da questa legge su sicurezza, puntualità e regolarità non è stata cassata ma viene svolta al meglio? Se non ci sono molti dubbi riguardo alla sicurezza qualche dubbio resta per puntualità e regolarità.
Siamo in inverno e l’esperienza ci insegna che spesso, quando nevica, i treni subiscono ritardo o non circolano. Argomento di stagione; chi sorveglia che l’organizzazione per fronteggiare le difficoltà create dalla neve sia la migliore possibile con preminenza dell’interesse pubblico su quello del gestore del servizio? Altro caso è la frequente “cancellazione” dei treni in occasione di lavori di manutenzione. Prima ancora dei “manager” lo stato sorvegliava anche i lavori di manutenzione e addirittura imponeva che i ponti fossero costruiti in modo tale che le opere di manutenzione non portassero alla sospensione della circolazione dei treni[4].
Da più di un decennio sulla rete di RFI è in atto una politica di “resizing” (l’inglese da un tono e confonde) giustificata con la necessità di diminuire le spese il personale addetto alla manutenzione. Non si tratta solo di chiusure di linee  ma anche di eliminazione di stazioni, binari, scali fermate ecc.
Se l’eliminazione di alcuni raccordi, binari negli scali o fermate in microscopiche località non crea problemi, l’eliminazione di stazioni (definite come località dove un treno può far manovre, incrociarne un altro o cedere il passo ad uno più veloce) qualche problema lo crea. É evidente che è più difficile gestire al meglio la circolazione in caso di ritardi, guasti ai treni o agli impianti, lavori di manutenzione che richiedono l’assenza di treni in circolazione con poche stazioni e binari a disposizione.
Ad esempio fra Alessandria ed Asti c’erano tre stazioni, ora è rimasta solo la stazione di Felizzano le altre sono diventate fermate; fra Alessandria e Novi Frugarolo, l’unica stazione che esisteva,
è diventata solo una fermata.
Un secolo e mezzo fa nell’atto di concessione (art 219 legge 2248) veniva stabilito il numero e l’ubicazione delle stazioni tenendo conto dell’interesse pubblico, ora il criterio è l’economicità di gestione.
La stessa legge [5]imponeva che le stazioni fossero costruite per essere rispondere alla “prontezza del servizio e regolarità e corredate dei necessari binari ....”  e avessero servizi igienici e sale d’aspetto proporzionate al numero dei viaggiatori. Chi frequenta le stazioni ha modo di verificare il rispetto dello specifico articolo della legge ( la cui validità è stata confermata nel 2009).
La stazione di Acqui Terme aveva un gruppo di quattro scambi che permettevano l’arrivo e la partenza dei treni da e per Asti e Savona su tutti i binari. Poiché in passato gli scambi erano manovrati a mano, per velocizzarne la manovra, evitando lunghi percorsi a piedi, gli scambi venivano raggruppati. La disposizione geometrica che ne risultava, oltre ad imporre velocità ridotte, creava consumi e sollecitazioni che, per prevenire inconvenienti, imponeva una manutenzione accurata e continua. Modificare questa situazione è stato di per sé un fatto positivo. Ma anziché  approfittare dell’occasione per studiare qualche soluzione che permettesse addirittura in qualche caso di aumentare la velocità dei treni, in un ottica in cui la cosa più importante è il risparmio, gli scambi interessati da quattro sono rimasti due, riducendo le potenzialità della stazione.
Ma le strutture governative a cui il primo Parlamento dell’Italia unita affidava la sorveglianza sulle ferrovie sono in grado di svolgere i necessari controlli? Può darsi che i politici attuali non siano all’altezza di quelli dell’epoca, visto che nel periodo precedente l’approvazione della legge 2248 era ministro delle infrastrutture uno scienziato del calibro di Luigi Federico Menabrea [6], ma esistono ancora tecnici molto bravi.
La Direttiva 91/440/CEE indicava come unica via per il risanamento delle ferrovie la liberalizzazione e la concorrenza tra vari operatori. I governi succedutesi negli ultimi  decenni cui forse faceva comodo credere che questa fosse l’unica strada per la riduzione dei costi, hanno, favorito la formazione di molte Imprese ferroviarie operanti nel settore merci, demandando alle regioni, scelta che non poteva che peggiorare la qualità del servizio[7], l’organizzazione del trasporto viaggiatori locale, trasferendo risorse limitate e di conseguenza l’impopolarità derivante dal peggioramento del servizio.
Il meccanismo (frattale) ormai adottato nella pubblica amministrazione è: fissare un obbiettivo generale di tagli dettato da mere necessità di bilancio, suddividere pro quota, obbligare le periferie a dar corso ai tagli imposti; nessuna valutazione sui risultati ottenuti dal punto di vista funzionale. Per chi “governa” uno stato od un impresa è più facile e immediato fissare gli obiettivi di tagli che stabilire criteri precisi su cosa e dove è opportuno tagliare; eppure stabilire criteri e fare le relative valutazioni può essere un problema complicato, non complesso.
Intanto i manager (sottomessi ma non sottopagati) tagliano indiscriminatamente e, tra un riorganizzazione societaria e un nuovo incarico difficilmente si riuscirà a capire se i “salassi” hanno veramente prodotto un “risanamento”.
Il Presidente della regione Piemonte durante la presentazione del “Piano regionale della mobilità e dei trasporti” attacca duramente Trenitalia [8]. Ma il presidente Chiamparino è fra coloro che pensano di risanare le FS con meccanismi di frammentazione societaria, moltiplicazione di centri di decisione, appalti regionali dei servizi di trasporto ferroviario, sperando che questo meccanismo produca “organismi” efficienti.
Modificare “l’ambiente” fornendo meno cibo (risorse) ad una branco di suini, ed attendere che la selezione produca, dopo tentativi e “fallimenti”, una razza che con meno cibo produca più carne, non è un meccanismo molto efficiente; come avevano già compreso i primi allevatori.
Il meccanismo della mutazione casuale di un gene e della selezione che fa sopravvivere i più adatti produce ottimi risultati in natura ma è un meccanismo lento. Ma, come afferma Richard Dawkins, la mutazione di un “meme[9] produce risultati con una velocità superiore di diversi ordini di grandezza rispetto alla mutazione genetica.
Forse sarebbe meglio decidere che livello di servizio di trasporto si desidera, affidarsi ad esperti conoscitori del funzionamento del sistema produttivo di una azienda di trasporto ferroviario, complicato ma non complesso, valutare e mettere in pratica le iniziative che servono a migliorare il sistema e a produrre risparmi. Dare meno, soldi con l’obbligo di pareggio di bilancio, riduce le spese ma non fa crescere automaticamente l’indice di produttività/rendimento del sistema.
Ma i “politici professionisti” attuali reggono il confronto con alcuni dei ministri che li hanno preceduti tra cui troviamo, ad esempio, anche  De Sanctis, Croce, il fisico Corbino? L’attuale modo di far politica permette, senza giocarsi la reputazione, ad intellettuali di quella caratura di impegnarsi in politica?
É famosa la  battuta attribuita a Giulio Andreotti  “i manicomi sono pieni di chi si crede Napoleone e di chi vuol risanare le Ferrovie”, ma ci si può provare senza rischiare l’internamento, usando però al meglio scienza e ragione!


[3] Art 4 La sorveglianza attribuita al Ministero dei lavori pubblici sulla costruzione, manutenzione ed esercizio delle strade ferrate di società concessionarie, si estende a tutto quanto riguarda la esatta osservanza dei capitoli di concessione, affine di assicurare l'interesse economico dello Stato e tutelare la sicurezza, puntualità e regolarità del servizio pubblico
[4] Art. 216. Allo attraversamento dei corsi di acqua ed alla difesa dai danni che essi possono arrecare alle vie ferrate sarà provveduto con opere che abbiano le condizioni di maggiore stabilità, richieste dalla importanza di dette vie e dall'azione dei veicoli che le percorrono.
I ponti bisognevoli pel loro genere di costruzione di periodiche parziali rinnovazioni saranno combinati in modo che le medesime possano eseguirsi senza sospendere l'esercizio ordinario delle ferrovie pubbliche
Art. 287. Il Governo fa sorvegliare la buona esecuzione dei lavori di costruzione delle ferrovie concesse all'industria privata, e l'andamento e gestione della loro manutenzione ed esercizio da commissari tecnici e da commissari amministrativi.
Senza incagliare la libera azione dei concessionari per riguardo alla scelta ed impiego degli agenti e dei mezzi di esecuzione, la sorveglianza dei commissari anzidetti avrà per iscopo di riconoscere se vengano nell'interesse pubblico adempiute le condizioni ed obblighi imposti dalla presente legge, come pure dai regolamenti emanati in esecuzione della medesima e degli atti di concessione, e di esigere tale adempimento se i detti concessionari se ne discostassero. Conseguentemente i commissari tecnici potranno ordinare la riforma dei lavori che riconoscessero non eseguiti giusta le buone regole dell'arte ed in conformità dei progetti approvati e delle stabilite condizioni, e farne sospendere la continuazione ove alla detta riforma i concessionari non si prestassero; nel qual caso l'amministrazione superiore, intese le osservazioni dei concessionari medesimi, potrà farvi dar opera d'uffizio, ove il caso lo richieda.
Incumbenza dei commissari tecnici, quando le ferrovie sieno aperte all'esercizio, è di sorvegliare alla buona manutenzione loro e delle loro dipendenze ed accessori, come anche del materiale fisso e mobile, ed alla regolare condotta del detto esercizio.
[5] Art. 266. Le stazioni dovranno essere provviste di tutte le fabbriche e stabilimenti accessori richiesti dalla prontezza del servizio e regolarità e corredate dei necessari binari di percorso, di recesso e di deposito.
Gli sviatoi, le piatteforme e gli altri meccanismi fissi o mobili, servienti a far passare i veicoli e le macchine dall'uno all'altro binario saranno stabiliti secondo un sistema approvato, nel numero e nella posizione convenienti all'ufficio cui deggiono compiere.
A seconda della natura e della quantità dei servizi che avranno a farvisi, le stazioni dovranno essere provviste di stadere fisse e mobili, di macchine fisse e mobili per elevare e trasportar pesi, di pozzi o condotti d'acqua occorrenti cogli opportuni serbatoi colonne idrauliche e macchine elevatrici, e finalmente di meccanismi fissi o mobili pei segnali indicativi della libertà dell'ingresso nelle stazioni medesime.
L'ampiezza delle sale di aspetto sarà proporzionata al concorso dei viaggiatori, e il loro arredo sarà conveniente alle classi cui vengono destinate.
Non dovranno mancarvi latrine ad uso pubblico decenti ed opportunamente collocate.
Nelle stazioni ed in ogni loro accessorio sarà in ogni tempo facoltativo alla superiore Amministrazione di ordinare quelle ampliazioni, aggiunte o variazioni che l'esperienza facesse
ravvisare necessarie nell'interesse pubblico .
[6] (ministro fino al 28 settembre 1864)fu però anche il Presidente del Consiglio della tassa sul macinato.
[8]La sfida della Regione a Trenitalia”. Articolo de La Stampa del 21/01/2017.
[9] Esempi di memi sono: credenze, tecniche, saperi, ecc. 
07/02/2017 18:52:54
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