Dietro la notizia
Todo cambia
Bruno Soro
“Cambia ciò
che è superficiale
e anche ciò che è profondo
cambia il modo di pensare
cambia tutto in questo mondo. (…)
E ciò che è cambiato ieri
di nuovo cambierà domani”.
Julio Numhauser
(1982),
tratto dal testo (in
traduzione) della canzone resa famosa dalla cantante argentina Mercedes Sosa
Su Il Sole 24 Ore
di lunedì 27 marzo Fabrizio Galimberti ha sollevato il seguente interrogativo:
“quali sono le cause, prossime e remote, dell’ondata di populismo che ha
investito il mondo occidentale? Un'ondata che politici e sociologi non avevano
previsto, così come gli economisti non avevano previsto la Grande recessione”. Nelle considerazioni che
seguono ho preso lo spunto dall’articolo di Giuseppe Rinaldi nel quale ci sono
state illustrate tutte le possibili declinazioni del termine “generazione”, rammentandoci tra l’altro
che nell’arco della propria vita ciascuno di noi passa attraverso tre
generazioni. Essendo ormai entrato a far parte di quella “degli anziani”, ho
avuto modo di assistere a numerosi cambiamenti, molti dei quali intervenuti
nell’ultima delle mie tre generazioni, quella che va, nell’accezione temporale
del termine, dai primi anni ‘90 del secolo scorso ai giorni nostri. A mio
avviso, trattasi di cambiamenti che sono all’origine dei fenomeni
socio-politici ai quali fa riferimento Galimberti, come l’apparentemente
inspiegabile affermazione della Brexit in Inghilterra e l’elezione di Trump
negli Stati Uniti, la crisi dei partiti socialisti in Europa e la formazione di
movimenti xenofobi e populisti in Italia e altrove.
Il grande filosofo
della scienza Karl Popper (1902-1994) suggerisce di anteporre sempre un I may be wrong (potrei sbagliarmi) ad un
ragionamento, ma credo tuttavia che restare ancorati ai fatti (meglio se supportati
da qualche cifra) possa servire a ricondurre la causa dei fenomeni socio-politici
di cui sopra ad alcuni grandi cambiamenti che sono intervenuti nell’arco temporale
di una generazione e che senza ombra di dubbio hanno reso “il mondo più
difficile”.
Povertà, cambiamenti
demografici e migrazioni. Nel 1990, quando la popolazione mondiale era stimata
in 5 miliardi e 285 milioni, un miliardo e 850 milioni (pari al 35%) viveva in
condizione di povertà estrema (la condizione di coloro che disponevano di meno
di un dollaro al giorno in standard di potere d’acquisto del 1985). Stando all’ultimo dato
disponibile, quello relativo al 2013, e dopo che la soglia della povertà è
stata elevata a 1,9 dollari al giorno (in standard di potere d’acquisto del
2011), la povertà estrema avrebbe interessato “unicamente” 767 milioni di
persone, scendendo drasticamente al 10,7% della popolazione mondiale. Ora, se è
difficile negare che il primo obiettivo della Millennium Declaration, la Risoluzione adottata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 settembre del 2000, sia stato
in gran parte raggiunto, resta il fatto che più della metà della popolazione
che vive in condizione di povertà estrema è concentrata nell’Africa
Sub-Sahariana. Per comprendere “il cambiamento che verrà”, con riguardo
all’evoluzione demografica e ai suoi riflessi sui fenomeni migratori, vale forse
la pena di rammentare che ai tassi di crescita attuali (prossimi al 3%), la
popolazione dei venti paesi più poveri al mondo (diciannove dei quali
africani), che nel 2014 era di poco inferiore a quella dell’Unione Europea, raddoppierebbe
in soli 23 anni (poco meno di una generazione). Ora, siccome negli ultimi sette
anni la popolazione dell’Unione Europea è cresciuta ad un tasso dello 0,6%
all’anno, occorrerebbero ad essa più di 5 generazioni perché potesse raddoppiare.
E’ pur vero che tassi di crescita della popolazione così elevati come quelli
dei paesi africani tenderanno, seppur lentamente, a diminuire, ma ciò non
toglie che essi risentano di fattori economici e culturali che agiscono con tempi
molto più lunghi rispetto a quelli (molto più brevi) che influiscono sui flussi
migratori. Tutto cambia, ma è difficile cogliere tutte le implicazioni del cambiamento.
Il baricentro
dell’economia mondiale si sta spostando ad Est. Da due
generazioni, gli Stati Uniti sono saldamente in testa alla graduatoria delle prime
dieci potenze economiche mondiali (i Big
Ten), anche se progressivamente hanno visto diminuire la loro quota sulla
produzione globale (dal 38,6% del 1960, al 26,2% nel 1990, al 22,4% del 2014). Resta
il fatto che, da quando nel 1992 ha visto la luce l’Unione Europea (la quale
non compare come tale nella graduatoria dei singoli paesi), la potenza
economica della UE, stando ai dati della Banca Mondiale, risulterebbe superiore
a quella degli USA. Questo cambiamento fa capire molto più di tante parole il motivo
per cui gli Stati Uniti (e la Russia) non vedono di buon occhio l’Unione Europea
e preferiscono (agendo conseguentemente) mantenerla debole e divisa. Inoltre,
poiché nel frattempo tutto cambia, la Cina, che dalla quarta posizione occupata
nella graduatoria dei Big Ten del
1960 era scesa alla decima del 1980, a partire dal 1990 è rapidamente risalita fino
all’attuale seconda posizione, con una quota sulla produzione mondiale del
13,3%. Ai tassi di crescita attuali - tra il 2008 e il 2014 l’economia degli
USA è cresciuta ad un tasso dell’1,4% e quella cinese ad un tasso dell’8,8% -,
la Cina raggiungerebbe la potenza economica degli Stati Uniti in poco più di
sette anni. Considerando poi che dal 2005 la Russia è entrata a far parte della
graduatoria dei Big Ten e che negli
ultimi dieci anni, dopo avere superato l’Italia (scesa nel frattempo dalla
sesta all’ottava posizione), il Giappone è risalito alla terza posizione, non
vi è dubbio che, con l’affermazione di Cindia, il baricentro
dell’economia mondiale si sta spostando ad Est. Tutto cambia ed difficile
prevedere cosa ci riserverà il “nuovo che cambierà domani”.
I cambiamenti della
tecnologia nell’«Era digitale». Nell’ultima generazione abbiamo assistito all’affermazione della New Economy, con il passaggio dalla fase dell’«industria 3.0» a quella dell’«industria
4.0».
Infatti, se con l’innovazione della produzione di massa resa possibile dall’uso
dell’energia elettrica, unitamente ai cambiamenti introdotti con il fordismo e
il taylorismo, nella prima metà del Novecento si è assistito al passaggio dalla
prima alla seconda rivoluzione industriale, sul finire degli anni ’70, l’introduzione
dell’automazione e dell’elettronica nei processi produttivi ha dato vita alla terza
rivoluzione industriale. A partire dai primi anni ’90 del secolo scorso, la rapida
affermazione della World Wide Web, la “grande rete mondiale” ha favorito l’affermazione
di una nuova fase della Rivoluzione industriale, quella dell’«internet delle
cose», che sta cambiando il modo di produrre merci e servizi. Nelle settimane
scorse, abbiamo assistito alle manifestazioni di protesta della categoria dei
taxisti, giustamente preoccupati dalla concorrenza dei nuovi servizi offerti da
un’impresa della New Economy. Negli
ultimi anni molte edicole di giornali hanno cessato l’attività in seguito alla
concorrenza dei quotidiani on line, così
come molte librerie hanno dovuto chiudere per la concorrenza dei libri in
formato elettronico, per di più acquistabili in rete a prezzo scontato. Per
avere un’idea degli effetti del cambiamento tecnologico, basta pensare alla
rivoluzione avvenuta nelle attività di ricezione alberghiera in seguito alla
concorrenza esercitata da impresse della New
Economy che, senza disporre di un albergo o di un bed-and-breakfast,
mettono a disposizione dei privati cittadini sistemazioni abitative in ogni
parte del mondo. E che dire, poi, dell’affermazione tumultuosa di movimenti
politici, in Italia e all’estero (prescindo volutamente da qualsiasi accenno ai
risvolti terroristici), i quali, attraverso la rete, riescono ad organizzare in
tempi rapidissimi manifestazioni (come le “rivoluzioni primaverili” nei paesi
arabi) che stanno mettendo seriamente in discussione l’istituto democratico
della rappresentanza, unitamente alla forma organizzativa dei partiti
novecenteschi? Non vedo molta differenza tra questi cambiamenti e quelli
intervenuti nei primi anni Settanta del Novecento che hanno messo in crisi,
quasi contestualmente in ogni parte del mondo, grandi imprese e interi settori
produttivi (come la cantieristica, la chimica di base, la siderurgia e i grandi
scali ferroviari per la movimentazione delle merci), causando le tensioni
politiche e le lotte di classe che furono all’origine di gruppi terroristici, solo
per citarne due, come le Brigate Rosse in Italia e la Bahader-Meinoff in
Germania. Tutto cambia e non è facile valutare le implicazioni che ci riservano
i cambiamenti.
I cambiamenti
climatici e l’esaurimento delle risorse. La pubblicazione nel 1972 del primo studio sistematico sul problema
dell’esaurimento delle risorse del pianeta, il «Rapporto del Club di Roma» messo a punto dal System Dynamic Group
dell’MIT di Boston, arricchito dalla prefazione di Aurelio Peccei sui «dilemmi
dell’umanità», ha suscitato le perplessità di molti osservatori, anche
scientifici. Quel Rapporto metteva per la prima volta in luce il fatto che «tra
gli elementi necessari a sostenere la crescita della popolazione e lo sviluppo
economico del mondo» figurano in primo luogo i cosiddetti «fattori materiali»:
«alimenti, materie prime, combustibili fossili e nucleari», dei quali si
riteneva «opportuno fare una stima, giacché in definitiva è proprio la
disponibilità di terra coltivabile, di acqua, di metalli, di foreste, a
condizionare ogni possibile tipo di sviluppo futuro sulla Terra». Dal calendario
dell’esaurimento delle risorse emerge che In meno di mezzo secolo,
l’esaurimento delle risorse della Terra è stato anticipato di anno in anno di
ben cinque mesi: se nel 1970 l’Overshoot Day (il giorno del
sovra-sfruttamento delle risorse), portava la data di mercoledì 3 dicembre,
anticipata nel 1990 a sabato 13 ottobre, lo scorso anno la Terra ha iniziato a
consumare le riserve del 2017 lunedì 8 agosto. Studi recenti ci informano che, ai
ritmi attuali di sfruttamento, le riserve globali per alcune sostanze sono
adeguate (in teoria) a sostenere la richiesta mondiale di minerali solo per i
prossimi 50 anni. Inoltre, con riguardo agli effetti che le attività umane
esercitano sul clima, dall’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Pannel
on Climate Change (IPCC) si apprende che per la prima
volta nella storia dell’umanità, l’uomo, che ha sempre subito gli effetti del
clima, con le sue attività sta influendo su di esso, con effetti che potrebbero
rivelarsi catastrofici. Tutto cambia, anche il clima: benvenuti
nell’Antropocene!
Di
fronte alla percezione di tutti questi cambiamenti (e altri ancora che sarebbe
troppo lungo elencare), coloro che non possiedono
gli strumenti per comprendere ciò che accade, perché come ci ricorda il fisico Carlo Bernardini: “… chi vuole capire deve ricorrere al
linguaggio appropriato per farlo …”,
vengono sopraffatti dal sentimento della paura. E la paura, al pari del “sonno
della ragione che provoca i mostri”, unitamente al fatto che si temono maggiormente gli eventi prossimi
rispetto a quelli più lontani, fa sì che ci si senta molto più rassicurati
da coloro che offrono soluzioni semplici a problemi complessi, piuttosto che da
coloro i quali, praticando il linguaggio della scienza, sollevano problemi
offrendo, non certezze o verità, ma soltanto delle possibili «narrazioni». Con
tutto questo, come dare torto a Tonino Carotone quando canta: “È un mondo
difficile. È vita intensa. Felicità a momenti. Futuro incerto”.
Alessandria,
2 aprile 2017
C. Bernardini, Prima lezione di
fisica, Editori Laterza,
Bari 2007.
02/04/2017 16:32:41
09.03.2018
Bruno Soro
(…) «Le cose che a noi parvero tanto splendide
e giuste
sapranno
dimostrarcele, loro, insensate e fruste,
variando cose
identiche senza troppe fatiche,
come dicemmo in
altra guisa noi parole antiche».
Dalla poesia I nemici, di Costantino Kavafis
Poesie nascoste,
Mondadori Editore, Milano 1974
...
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08.02.2018
Bruno Soro
“Alcuni
hanno un grande sogno nella vita e mancano a quel sogno. Altri non hanno nella
vita nessun sogno, e mancano anche a quel sogno”
Fernando Pessoa, Il
poeta è un fingitore, Feltrinelli, Milano 1988
In un articolo pubblicato sulle pagine locali di La Stampa di
venerdì 2 febbraio
2018[1],
la giornalista...
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16.12.2017
Bruno Soro
“La
paura o la stupidità sono sempre state alla base della maggior parte delle
azioni umane.”
Albert Einstein, dalla lettera a E.
Mulder, aprile 1954, Archivio Einstein 60-609, p. 140
Mentre stavo riflettendo sul giudizio espresso
da Umberto Eco sulla rete nella sua Lectio Magistralis, in occasione...
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09.12.2017
Bruno Soro
La guerra di
Trump1
“Detto
tra noisono solo un brigantenon un resono uno chevende
sogni alla gentefa promesseche mai potràmantenere”
E. Bennato,
Detto tra noi, Dall’Album
- Non farti cadere le braccia, 1973
Con
cinquantuno contro quarantanove voti il Senato degli Stati Uniti ha
fatto vincere al Presidente...
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26.11.2017
Bruno Soro
“Il segreto dell’agitatore è di rendersi stupido quanto i suoi ascoltatori, in modo che questi credano di essere intelligenti come lui”.K. Kraus, Detti e contraddetti, Adelphi, Milano 1972Il signor Giuseppe Monticone, Presidente del comitato “Oltre il fango”, mi ha onorato della sua attenzione commentando...
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12.11.2017
Bruno Soro
“…l’umanità tende a essere un po’ credulona, e a bersi tutto quello che le
viene propinato. Un buon atteggiamento sarebbe invece chiedersi sempre se
l’informazione che stiamo ricevendo è vera o falsa, e in caso di dubbio andare
a verificare.
I primi a dover fare
questa informazione dovrebbero essere...
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08.10.2017
Bruno Soro
“Il tempo è ciò di cui parliamo chiedendo «quando?».
Lo spazio è ciò di cui parliamo chiedendo «dove?».
Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, Adelphi Edizioni, Milano 2017
Mi ero già appuntato il titolo di questo
scritto, ispiratomi dalla lettura del bestseller
del fisico Carlo Rovelli, quando...
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21.09.2017
Bruno Soro
“Nella prefazione alla sua grande
opera, (…) Moore – Keynes si riferisce qui al trattato del grande filosofo britannico
George Edward Moore Principia ethica –
esordisce dicendo che l’errore principale è «cercare di rispondere alle domande
senza prima capire qual è, di
preciso, la domanda cui si desidera...
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31.08.2017
Bruno Soro
Non
mi serve una lapide, mase a
voi ne serve una per me
vorrei
che sopra stesse scritto:
Ha
fatto delle proposte. Noi
le
abbiamo accolte.
Una
simile scritta farebbe
onore a noi tutti.
Bertolt Brecth, Poesie. Einaudi, Torino
1992
È da stupidi dare
dello “stupido” ad uno stupido, così come è...
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21.08.2017
Bruno Soro
«Chi attribuisce alla crisi i suoi
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