Su suggerimento del civis Claudio Pasero, da sempre impegnato in tematiche a carattere ambientale e di difesa della salute, presentiamo questo intervento di Linda Maggiori, sicuri di portare un "contributo" al dibattito in corso...
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Per ogni
milione di persone che abitano in Italia, 1.500 muoiono a causa dell’aria
che respirano. Il doppio della Francia, quasi il triplo della
Spagna. A ottobre i pm 10, ovvero le “polveri sottili”,
hanno sforato in più città italiane, per più giorni consecutivi, la soglia
degli 80 mg/mc, mentre il valore standard è 50. A Torino come in altre aree urbane, la causa
principale del particolato è il trasporto su strada. Le polveri fini sono
dovute principalmente alle emissioni dei veicoli e, in
percentuali ridotte, al consumo di freni, pneumatici e al risollevamento delle
polveri depositate dallo stesso traffico.
Oltre a
essere inquinante, il trasporto privato motorizzato è insensato, energivoro
e inefficace: di fatto impedisce alla gente di muoversi. Le strade
delle città sono intasate da auto riempite in media da 1,3 conducenti, che
avanzano a passo d’uomo e limitano la mobilità anche dei mezzi pubblici. Si
fanno nuove strade, e il traffico aumenta.
A cosa siamo
dunque disposti a rinunciare? Alla vita o al più assurdo mezzo di trasporto mai
inventato (le auto)? I piani dell’aria e le misure emergenziali si
limitano a imporre giornate a targhe alterne, oppure divieti a Euro 3, ma non
possono bastare. Occorrono limiti più severi, estesi progressivamente a tutti i
diesel (come indica la petizione Greenpeace),
Occorre
ampliare le zone pedonali e a traffico limitato non solo nei centri storici, ma
anche davanti alle scuole. Una ricerca di Cittadini per
l’aria, a Milano, evidenzia tassi di inquinamento pazzeschi
dentro e davanti alle scuole. Legambiente, tra l’8 e il 15 marzo di
quest’anno aveva effettuato una serie di campionamenti davanti a cinque plessi
di Bologna. In quattro casi si sono registrati dati superiori al
limite dei 50 microgrammi di polveri sottili per metro cubo.
Insieme allo
smog, i nostri figli respirano inciviltà e indifferenza. Nella mia città,
davanti alla scuola materna di mio figlio piccolo, in un vicolo chiuso, le auto
posteggiano, svoltano, fanno retromarcia. Tutto per guadagnare qualche
metro.Tutto ad opera di adulti validi e abili. Quante volte ho afferrato i
miei figli per la giacca, mentre l’automobilista faceva retromarcia o svoltava
senza vederli.
Davanti alla
scuola elementare, i Suv passano a due metri dal portone dalla scuola,
sollevando nuvole di polveri sottili, parcheggiando e spadroneggiando sui
marciapiedi. Alle medie invece le auto parcheggiano sulla ciclabile. Alle
superiori i motorini e le auto dei ragazzini neopatentati diventano simboli di
virilità e indipendenza dei nuovi cittadini. Questa è Faenza,
cittadina pianeggiante di appena 60mila abitanti, dove si potrebbe andare
in bici ovunque. Per chi abita in campagna ci sono i pulmini scolastici o
bus. Ma la stragrande maggioranza dei genitori, in tutte le scuole, accompagna
i figli in auto.
Il “piano
urbano della mobilità sostenibile” ha tempi lunghi, diplomatici, finora non ha
previsto nessuna limitazioni ai veicoli davanti alle scuole, possono passarci
tutti, compresi i famigerati diesel. E così i bambini continuano a
respirare indifferenza e veleno.
Come
associazioni ambientaliste, oltre al piedibus, stiamo attuando in
collaborazione con le scuole e con il Centro di educazione alla sostenibilità
(Ceas) un monitoraggio di chi arriva a scuola in modo
sostenibile. I bambini che arrivano in bici, piedi o
pulmino mettono una crocetta su un diario di classe e vengono premiati
simbolicamente a fine anno in una festa scolastica e cittadina. E’ un incentivo
e un ringraziamento, perché i ragazzi capiscano che la scuola non è fine a se
stessa, non punta solo ai voti, alle materie e al profitto, ma anche valorizza
i comportamenti rispettosi dell’ambiente. Perché i bambini non sono solo
allievi, “vasi da riempire”, ma in primo luogo cittadini attivi e
responsabili.
A Casalmaggiore (CR)
il comitato Slow town ha proposto e realizzato, con fondi
privati, la Tangenziale dei bambini, cioè una
serie di percorsi sicuri, ciclabili e pedonali che collegano l’argine del Po al
centro storico, alla scuola, alla biblioteca e ad altri punti importanti della
città.
Occorre più
impegno, da parte degli amministratori, affinché le città possano essere
sostenibili, a misura di essere umano, a misura di bambino e
non solo a immagine e somiglianza dell’auto. Occorre un cambiamento culturale,
a partire da noi stessi, dalla prima azione che compiamo uscendo dal portone di
casa. Entrare in auto o inforcare la bici.
Facciamo
capire ai nostri figli quali sono i nostri valori, le nostre priorità.
... (*) Da "Il Fatto Quotidiano" del 27 ottobre 2017. L'autrice si definisce: "Mamma e scrittrice impegnata nella difesa dell'ambiente"
A cosa siamo
disposti a rinunciare, e cosa non vogliamo perdere?
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