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Ambiente
Delitti sull' "acqua"
Aydin(*)

 

L’acqua è la principale ricchezza della piana alessandrina, l’unica sicura dopo l’amaro risveglio  dal sogno industriale degli Anni 70, dall’illusione collettiva di trasferire oltre Appennino parte dell’obsoleta industria ligure. Solo all’abbondanza di acqua si devono rese agrarie tra le più elevate d’Europa che normalmente superano  i 100 quintali per ettaro per il granoturco, i 600 per le bietole da zucchero, i 60 per il grano e la soia, senza poi contare le coltivazioni intensive di ortaggi e frutta in cui si toccano punte da giardino dell’Eden. In un territorio in cui si contano oggi meno operai di quanti ve ne fossero nel 1912, in cui le industrie sopravvivono in un cimitero di capannoni abbandonati, non c’è altra ricchezza. Solo dall’agricoltura, e da ciò che rimane dell’industria, trae oggi sostentamento la miriadi di piccoli commerci polverizzati e l’enfatico esercito impiegatizio con cui si è cercato un facile rimedio alla crescente disoccupazione e all’ emigrazione verso le altre province. Ed i dati parlano chiaro. Su un prelievo  totale  di acque sotterranee di 23 710 litri al secondo, ben 20 723, pari all’87,41%, vanno all’agricoltura, contro  2140 dell’industria, equivalenti al 9,06% ed i soli 837 corrispondenti al 3,53% dell’uso potabile. Tanto l’acqua è abbondante, tanto è fragile la struttura geologica da cui trae origine. I 200 000 abitanti gravano sulla “conoide” compresa tra Serravalle  Scrivia, Tortona ed Alessandria, utilizzano l’acqua proveniente da un unico torrente, lo Scrivia, che trovandosi in posizione più elevata alimenta le falde sotterranee dell’intera zona. E le acque scorrono, a volte, a pochi metri dal suolo in un terreno alluvionale di sabbie e ghiaie altamente permeabili, e quindi assai facilmente penetrabile da ogni tipo di inquinamento. La crisi che da tempo sta travagliando l’ Alessandrino, arretrato dal 35° al 37° posto nella classifica del reddito delle province italiane, genera e si rivela anche in strutture economiche tendenti a sostituire la tradizionale economia produttiva con forme di subeconomia basate sulla produzione a breve termine delle risorse. In questi ultimi anni in tutta la “conoide” Scrivia sono proliferate cave di inerti e di ghiaia, in gran parte destinata ad altre regioni, con estrazioni selvagge che, in violazione ad ogni vigente legge, hanno scoperchiato le falde sconvolgendo l’andamento delle acque sotterranee. A peggiorare la situazione, le cave, una volta esaurite, sono state trasformate in discariche di ogni genere  e tipo, con conseguenze facilmente intuibili sull’inquinamento delle acque. Anche i dati di questi “profitti”di rapina sono noti. Un ettaro di cava esausta vale circa 10 milioni, che diventano più di un miliardo se la cava si trasforma in discarica. E così, ogni giorno che passa, si distrugge l’unica vera ricchezza dell’Alessandrino, in un preoccupante silenzio che accomuna i partiti, i sindacati, le associazioni contadine nonché i neonati raggruppamenti ecologisti. E’ un silenzio difficile da comprendere, a cui si può trovare spiegazione unicamente in carenze culturali ed in un progressivo distacco dalle reali esigenze del territorio. Basterebbe conoscere la storia industriale della zona per sapere che l’Alessandrino deve alla disponibilità di acqua alcune delle sue principali industrie. La Montedison fu localizzata a Spinetta Marengo, piccolo sobborgo in cui non esisteva alcuna “vocazione chimica”, unicamente perché si poteva attingere dalle falde sotterranee ben 1200 litri di acqua ogni secondo. Un vero e proprio “fiume”, assai difficilmente reperibile in altre località.  Analogo discorso vale per la Michelin e la Spad che rinunciarono a proposte localizzative  di altre province proprio per difficoltà di approvvigionamento idrico. L’acqua, e crediamo il dato incontestabile, sta diventando, ogni giorno che passa, un bene sempre più prezioso, ed averne a disposizione quantitativi quasi illimitati può diventare un valido strumento anche per il rilancio industriale del basso Alessandrino. Perché ciò sia fattibile occorre mantenere integra la qualità delle acque. Se esaminiamo le analisi delle acque  sotterranee e le confrontiamo con quelle passate, notiamo un accrescersi del contenuto di metalli pesanti, di prodotti clorurati e di altre sostanze tossiche sebbene, generalmente, in quantitativi minimi e non ritenuti dannosi dalle vigenti norme sanitarie. Se è criminoso fare dell’allarmismo, lo è ugualmente il non preoccuparsi di quanto potrà accadere in futuro se l’attuale progressivo degrado non verrà arrestato.

(*) GUIDO MANZONE    (uno dei testi che ci permette di ricordare un grande collaboratore)

LA STAMPA  7-6-87

09/11/2017 12:59:33
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