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Politica e antipatie personali
Nicola Parodi
Praticamente tutti i commentatori politici attribuiscono grande peso a “ antipatie, astio, odio” fra i vari leader come causa delle difficoltà al realizzarsi di un alleanza delle varie forze del centrosinistra.
Sicuramente le antipatie personali pesano ma dobbiamo considerare le reazioni di antipatia ai modi renziani solo un fatto negativo?
L’avversione alla prepotenza è una reazione emotiva, frutto di una selezione naturale durata diverse centinaia di migliaia di anni, che costituisce una delle basi su cui è costruita la morale umana.
Nel libro Storia naturale della morale umana (Raffaello Cortina Editore) Michael Tomasello ci propone una spiegazione della nascita della morale umana. Semplificando,[1] la necessità di cacciare insieme ha evolutivamente favorito gli individui che collaboravano tra di loro riconoscendo nell’altro un individuo con pari dignità con un tipo di “obbligazione” reciproca che l’autore chiama “morale della seconda persona”. Successivamente il passaggio all’economia basata sull’agricoltura le comunità cresciute di numero hanno dovuto dotarsi di una morale del “noi” cui è sottostante comunque la morale della seconda persona.
La maggioranza dei teorici che enfatizzano l'importanza nell'evoluzione umana della caccia collaborativa a grosse prede riconosce uno stadio transitorio di attacco alle carcasse degli animali. I singoli individui sarebbero stati costretti a lavorare insieme in una coalizione per cacciare via i leoni o le iene che banchettavano sulle carcasse, prima di poter essi stessi cibarsene (Bickerton, Szathmáry, 2011). Qualunque individuo che avesse poi tenuto per sé tutta la carne sarebbe stato l”obiettivo di un'altra alleanza volta a fermarlo. Boehm (2012) ha evidenziato che, in generale, quasi tutti i gruppi contemporanei di cacciatori-raccoglitori sono altamente egualitari e che gli individui eccessivamente dominanti sono rapidamente ridimensionati da coalizioni di altri individui. Evolutivamente ciò avrebbe significato che vi fosse stata una selezione sociale contro i prepotenti, contro chi teneva il cibo per sé e contro gli altri dominanti, e perciò una selezione sociale a favore degli individui che avevano una tolleranza maggiore nei confronti degli altri in situazioni di cibo condiviso[2].
Possiamo quindi ritenere non solo umanamente comprensibile, ma sacrosanta e morale, la reazione ai politici prepotenti che, in politica, non riconoscono ad altri pari dignità (es. il famoso: Fassina chi? et similia). Anzi, si potrebbe sostenere che, chi lotta contro i prepotenti fa un favore a tutta la collettività riaffermando l’importanza e la necessità di comportamenti che stanno alla base della convivenza.
Dovremmo quindi non criticare ma sostenere chi pone pregiudiziali alla presenza a capo di una coalizione del segretario del PD che, come riconoscono anche i suoi sostenitori, ha un carattere eufemisticamente definito difficile?
Sicuramente tutti i cittadini, sopratutto quelli che si definiscono di sinistra, dovrebbero impegnarsi affinché il procedimento di isolamento ed esclusione che i nostri antenati applicavano nei confronti di prepotenti e arraffoni venga adottato, oltre che nei confronti dei prepotenti, anche con chi è stato condannato in via definitiva e quindi riconosciuto colpevole di un comportamento dannoso alla comunità. Ma invece si vorrà/dovrà fare un governo insieme?
Certo pur avendo la massima considerazione per la Chiesa, il Beccaria, la Costituzione, ecc., resto convinto che io, come quasi tutti, non andrei volentieri a caccia nella savana avendo come compagni certi protagonisti della politica odierna.
Oltre che in amore ed in guerra anche in politica è tutto lecito?
Mi si dirà che la politica non ha nulla a che fare con la morale che l’importante è vincere per realizzare il proprio programma. Ma se riteniamo che il primo compito della politica debba essere il “creare istituzioni sociali per incoraggiare la cooperazione e la moralità”[3] dovremmo anche riflettere se agire negando i presupposti “morali” di razionalità cooperativa non provochi una diminuzione del “capitale sociale”[4] anziché aumentarlo. E anche farci venire il dubbio se tutto questo non ci porti ad un involuzione della società, probabilmente, iniziata nel momento in cui l’avvento dell’allevamento e dell’agricoltura ha dato inizio, si a grandi disponibilità di cibo, ma anche a disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza mettendo in crisi il modello di cooperazione razionale tra i membri della società.[5]
É sempre necessario superare le antipatie personali per un interesse superiore della collettività?
La mediazione per evitare il peggio può avere una valenza tattica (se il gioco vale la candela) ma se diventa strategia dove ci può portare? A forza di mediare per il meno peggio ci si ritrova nel peggio e senza neanche poter rivendicare il diritto di “mugugnare”.
Partendo dalla biologia e scomodando la “selezione di gruppo” in contrapposizione al “darwinismo sociale”, essere di “sinistra” dovrebbe comportare il preferire politiche che, oltre ai diritti del singolo, diano almeno altrettanto peso all’interesse della collettività senza la quale nessun individuo ha possibilità di sopravvivere e prosperare. Le scelte che fanno prevalere gli interessi dell’individuo a danno della collettività non dovrebbero essere considerate di sinistra. Il problema è un po’ più complicato, ma se dovessimo valutare le scelte politiche con questo semplice criterio cosa hanno fatto di sinistra i nostri Governi ultimamente? Nemmeno una manutenzione degli argini per salvare la collettività dall’alluvione del liberismo selvaggio.


[1] Il libro di Tomasello merita di essere letto, per avere un idea più precisa del contenuto si legga l’intervista su Avvenire.it  https://www.avvenire.it/agora/pagine/morale-tomasello
[2] Michael Tomasello Storia naturale della morale umana (Raffaello Cortina Editore)
[3] Michael Tomasello intervista su Avvenire.it
[5] http://www.lescienze.it/news/2017/11/16/news/disuguaglianza_ricchezza_antiche_societa_gini-3754158/ 
22/11/2017 11:24:21
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