Praticamente tutti i commentatori politici attribuiscono
grande peso a “ antipatie, astio, odio” fra i vari leader come causa delle
difficoltà al realizzarsi di un alleanza delle varie forze del centrosinistra.
Sicuramente le antipatie personali pesano ma dobbiamo
considerare le reazioni di antipatia ai modi renziani solo un fatto negativo?
L’avversione alla prepotenza è una reazione emotiva, frutto
di una selezione naturale durata diverse centinaia di migliaia di anni, che costituisce
una delle basi su cui è costruita la morale umana.
Nel libro Storia
naturale della morale umana (Raffaello Cortina Editore) Michael Tomasello ci
propone una spiegazione della nascita della morale umana. Semplificando,[1] la
necessità di cacciare insieme ha evolutivamente favorito gli individui che
collaboravano tra di loro riconoscendo nell’altro un individuo con pari dignità
con un tipo di “obbligazione” reciproca che l’autore chiama “morale della
seconda persona”. Successivamente il passaggio all’economia basata
sull’agricoltura le comunità cresciute di numero hanno dovuto dotarsi di una
morale del “noi” cui è sottostante comunque la morale della seconda persona.
“La maggioranza dei teorici
che enfatizzano l'importanza nell'evoluzione umana della caccia collaborativa a
grosse prede riconosce uno stadio transitorio di attacco alle carcasse degli
animali. I singoli individui sarebbero stati costretti a lavorare insieme in
una coalizione per cacciare via i leoni o le iene che banchettavano sulle carcasse,
prima di poter essi stessi cibarsene (Bickerton, Szathmáry, 2011). Qualunque
individuo che avesse poi tenuto per sé tutta la carne sarebbe stato l”obiettivo
di un'altra alleanza volta a fermarlo. Boehm (2012) ha evidenziato che, in
generale, quasi tutti i gruppi
contemporanei di cacciatori-raccoglitori sono altamente egualitari e che gli
individui eccessivamente dominanti sono rapidamente ridimensionati da
coalizioni di altri individui. Evolutivamente ciò avrebbe significato che
vi fosse stata una selezione sociale
contro i prepotenti, contro chi teneva il cibo per sé e contro gli altri
dominanti, e perciò una selezione sociale a favore degli individui che avevano
una tolleranza maggiore nei confronti degli altri in situazioni di cibo
condiviso”[2].
Possiamo quindi ritenere non solo umanamente comprensibile,
ma sacrosanta e morale, la reazione ai politici prepotenti che, in politica,
non riconoscono ad altri pari dignità (es. il famoso: Fassina chi? et similia).
Anzi, si potrebbe sostenere che, chi lotta contro i prepotenti fa un favore a
tutta la collettività riaffermando l’importanza e la necessità di comportamenti
che stanno alla base della convivenza.
Dovremmo quindi non criticare ma sostenere chi pone
pregiudiziali alla presenza a capo di una coalizione del segretario del PD che,
come riconoscono anche i suoi sostenitori, ha un carattere eufemisticamente
definito difficile?
Sicuramente tutti i cittadini, sopratutto quelli che si
definiscono di sinistra, dovrebbero impegnarsi affinché il procedimento di
isolamento ed esclusione che i nostri antenati applicavano nei confronti di
prepotenti e arraffoni venga adottato, oltre che nei confronti dei prepotenti,
anche con chi è stato condannato in via definitiva e quindi riconosciuto
colpevole di un comportamento dannoso alla comunità. Ma invece si vorrà/dovrà
fare un governo insieme?
Certo pur avendo la massima considerazione per la Chiesa, il Beccaria, la Costituzione, ecc., resto
convinto che io, come quasi tutti, non andrei volentieri a caccia nella savana
avendo come compagni certi protagonisti della politica odierna.
Oltre che in amore ed in guerra anche in politica è tutto
lecito?
Mi si dirà che la politica non ha nulla a che fare con la
morale che l’importante è vincere per realizzare il proprio programma. Ma se riteniamo
che il primo compito della politica debba essere il “creare istituzioni sociali
per incoraggiare la cooperazione e la moralità”[3] dovremmo
anche riflettere se agire negando i presupposti “morali” di razionalità
cooperativa non provochi una diminuzione del “capitale sociale”[4]
anziché aumentarlo. E anche farci venire il dubbio se tutto questo non ci porti
ad un involuzione della società, probabilmente, iniziata nel momento in cui
l’avvento dell’allevamento e dell’agricoltura ha dato inizio, si a grandi
disponibilità di cibo, ma anche a disuguaglianze nella distribuzione della
ricchezza mettendo in crisi il modello di cooperazione razionale tra i membri
della società.[5]
É sempre necessario superare le antipatie personali per un
interesse superiore della collettività?
La mediazione per evitare il peggio può avere una valenza
tattica (se il gioco vale la candela) ma se diventa strategia dove ci può
portare? A forza di mediare per il meno peggio ci si ritrova nel peggio e senza
neanche poter rivendicare il diritto di “mugugnare”.
Partendo dalla biologia e scomodando la “selezione di
gruppo” in contrapposizione al “darwinismo sociale”, essere di “sinistra” dovrebbe
comportare il preferire politiche che, oltre ai diritti del singolo, diano almeno
altrettanto peso all’interesse della collettività senza la quale nessun individuo
ha possibilità di sopravvivere e prosperare. Le scelte che fanno prevalere gli
interessi dell’individuo a danno della collettività non dovrebbero essere
considerate di sinistra. Il problema è un po’ più complicato, ma se dovessimo
valutare le scelte politiche con questo semplice criterio cosa hanno fatto di
sinistra i nostri Governi ultimamente? Nemmeno una manutenzione degli argini
per salvare la collettività dall’alluvione del liberismo selvaggio.
[2] Michael Tomasello Storia
naturale della morale umana (Raffaello Cortina Editore)
[3] Michael Tomasello
intervista su Avvenire.it
[5] http://www.lescienze.it/news/2017/11/16/news/disuguaglianza_ricchezza_antiche_societa_gini-3754158/