Il confronto politico, preso l’abbrivio dal caso Sicilia, ormai si sviluppa in modo crescente con l’obiettivo delle elezioni di primavera. A livello nazionale si prende spunto da ogni possibile argomento, dagli immigrati all’Europa, dalle tasse al lavoro, dalla giustizia alla sanità, dal vinceremo noi all’invece saremo noialtri a spuntarla. A livello locale, nell’associazione che edita questo giornale, il confronto è sempre acceso, ma circoscritto a un punto solo, quello del centrosinistra: separato o no, che ne sarà?
Io, tiepidamente, seguo.
Il dibattito nazionale è più variegato e più divertente. Da qualche giorno in qua, ad esempio, quasi tutti i partiti hanno preso a disputare di fake news. Per chi fosse in dubbio, spiego: l’espressione “fake news”, tipico esempio della propensione dei giornalisti nostrani a seguire i tempi moderni, qui da noi è traducibile in “notizie false”. In altre parole bufale, notizie create a bella posta che vengono immesse sui social al solo scopo di inquinare il dibattito, prendendo di mira gli esponenti politici più in vista negli schieramenti contrapposti.
Su questo argomento, che la dice lunga relativamente al nervosismo imperante, molti partiti hanno preso posizioni di denuncia.
Degli altri, ovviamente. Ognuno di loro subisce soltanto.
Già, peccato che la denuncia non si sia allargata alle notizie illusorie, quelle promesse che tutti stanno facendo, ben consci del fatto che non potranno mantenerle, visto lo stato del Paese e soprattutto dei suoi conti. Noi promettiamo… noi assicuriamo… noi faremo… E giù una valanga di dichiarazioni ammiccanti, quasi complici, di toni roboanti al limite del ridicolo, di sguardi ammalianti diritti in telecamera.
Ehi, io sono con te, dai!
Molto più serio è il confronto che si sta svolgendo all’interno dell’associazione Città Futura, a cui alludevo prima. Più onesto, più sincero, però in un crescendo di delusione, di voglia di riscossa e – inutile negarlo – di tensione.
Il punto dibattuto è sempre lo stesso: a quale costo bisogna che il centrosinistra si metta insieme? Qual è il limite da non oltrepassare? E’ realistico pensare di potercela fare?
Come vedete, una domanda che il centrosinistra si fa praticamente ogni volta che si vota, almeno per le politiche. Una domanda che ogni volta dà risposte sofferte, estenuanti, laceranti. Una domanda che gira, rimbalza, ritorna, come una zanzara noiosa in una notte tiepida.
Io, pensosamente, seguo.
Penso che ogni volta si tratti di una domanda senza risposte univoche. Non si può dire sì o no. Non ci si può mettere agli estremi, radicalizzando il problema. Chiunque estremizzi ha già scelto: la strada della frattura gli si stende davanti. E poi? Stavolta, come sempre e più di sempre, c’è la destra in agguato. Il sorriso stereotipato di un Berlusconi in versione rediviva, l’atteggiamento spigliato di un Salvini già sicuro che vincerà, la destra neofascista che aspetta primavera per far bottino sulle paure degli italiani. Che sono tante, mamma mia quante sono! Paura degli immigrati, paura di non trovare lavoro o di non riuscire a conservarlo, paura di essere buttati in mezzo a una strada, paura di non arrivare a fine mese, paura di non riuscire a conservare i propri risparmi. Per chi ce li ha.
La paura che più mi prende, però, è quella che si dica di no solo per puntiglio. Per fatti personali che non dovrebbero sovrapporsi ad una scelta così delicata, così difficile, così impegnativa. Eppure, la sinistra ha già sofferto di black out derivanti da fatti personali. Ogni tanto gl’incubi ritornano.
Io, pensosamente, starò col sì.