Facciamo nostra, condividendone in pieno spirito e contenuti, l'appassionata comunicazione fatta dal prof. Antonello Brunetti alla recente cerimonia di Casale M.to, in occasione della premiazione dell' "Ambientalista dell'Anno". Un "j'accuse" condotto in modo sintetico e puntuale che dovrebbe caratterizzare l'impegno di tutte le forze di Centro-Sinistra e di tutte le Sinistre già in campagna elettorale.
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Ogni anno parecchie associazioni, fra le quali
Legambiente, predispongono una serie di incontri a Casale Monferrato con otto
persone o gruppi che si battono per la tutela ambientale e contro chi fa di
tutto per non lasciare ai nostri figli un mondo vivibile.
Più o meno è dal 1975 che mi occupo delle
problematiche ambientali.
Ho approfondito le mie conoscenze naturalistiche, mi
sono adoperato per il recupero delle fasce fluviali del Po e della Scrivia; con
il Gruppo ambiente si è fatto il possibile per bloccare la desertificazione del
nostro territorio e per creare il Parco della Scrivia piantumando migliaia di
alberi e poi lasciando fare alla Natura.
Mi sono battuto contro l’inquinamento della terra,
dell’acqua e dell’aria anteponendo il bene comune a biechi interessi economici.
Tanto per citarne un paio, il rilascio da parte della Rol di sostanze nocive
che giungevano sino alla Scrivia o le migliaia di bidoni colmi di ogni mal di
Dio sepolti - in alveo o nelle vicinanze - fra Serravalle, Carbonara, Tortona e
Castelnuovo. E poi il susseguirsi di proposte di centrali o di assurde
centraline in un torrente asciutto per otto mesi all’anno, di fasulli
smaltitori di rifiuti, delle vendite delle aree demaniali a privati, ecc.
ecc.
In alcuni casi hanno cercato di intimidirmi con
denunce, ma non ho mai subito condanne. Addirittura, nel caso della Solchem che
si occupava di rifiuti liquidi tossici, una sentenza, a mio avviso
esemplare e straordinaria da parte del Tribunale di Voghera, non solo assolse
me e i tre amici coinvolti, ma addirittura condannò la Solchem.
Quindi più di 40 anni di impegno morale e concreto a
difesa di madre Natura e contro una categoria di personaggi che vanno dal
furbetto locale al predone nazionale, aventi come punto in comune
l’indifferenza per qualsiasi valore ideologico al di fuori del proprio
tornaconto personale.
Nel complesso non ho avuto una visione spaziale a
largo raggio. Agivo quasi sempre su un territorio che conosco bene, il
territorio in cui vivo; ma sempre documentandomi o ascoltando chi ne sapeva più
di me.
Di fronte a coloro che sono stati inseriti fra i
segnalati al premio Luisa Minazzi che ho imparato a conoscere in
queste settimane - a parte Domenico Iannacone che già conoscevo tramite i suoi
servizi televisivi (Ballarò, con Presadiretta e ora con la domenicale “I dieci
comandamenti” - mi sento piccolo piccolo.
Come posso ad esempio paragonarmi a figure che, per il
bene collettivo, si sono opposte a camorra e ‘ndrangheta?
Come posso paragonarmi a sindaci che ne passano di tutti
i colori per la scelta Basta cemento e aree inutili
di espansione che divorano terreno agricolo!
A gruppi di giovani che realizzano,
in realtà difficilissime, innovativi progetti di lavoro, nel rispetto
dell’ambiente?
Alle cooperative calabresi di Goel (riscatto) che, come ha
raccontato benissimo fratel Stefano Caria, nonostante minacce, violenze e
attentati dinamitardi proseguono uniti nella lotta per il roscatto della
Calabria.
Ai parroci che fanno proprio il pensiero di papa Francesco
anziché mettersi in fila per sbeffeggiare il messaggio evangelico.
Quindi mi sento onoratissimo per essere stato inserito
ora in questo gruppo di otto persone. Non conosco la graduatoria, so solo che
don Marco Ricci di Ercolano è stato indicato come
ambientalista dell’anno per quanto ha fatto e sta facendo nell’area vesuviana.
A lui ho donato un sacchetto di ghiande castelnovesi, raccolte ai piedi della
grande farnia che don Bruno Bottallo ed io piantumammo nel 1993 nel giardino
della canonica. Mi ha promesso che le collocherà nelle aree che alle pendici
del Vesuvio sono state incenerite quest’estate da piromani malavitosi.
Non ha importanza quale sia la graduatoria. Queste
persone sono tutte quanti vincitrici poiché hanno fatto la scelta di vivere non
per ottenere benefici personali, ma per il bene dell’intera collettività e di
madre Natura. La stessa scelta che fece sin da giovane la direttrice didattica
Luisa Minazzi, poi morta di mesotelioma, (“Ho capito che non avrei mai
accettato le ingiustizie, anche a costo di essere sola, anche se poi si scopre
che non si è veramente mai soli”).
Venerdì scorso ho scoperto che la segnalazione
scaturiva da quanto mi è ultimamente capitato come conseguenza di una
lunghissima lotta nata nel 1992, quella contro l’inutile e dispendioso Tav
Genova-Tortona.
Dopo tre anni di vicenda processuale per una causa
intentatami dalla Cociv diretta allora da Michele Longo, Ettore Pagani, Pietro
Marcheselli, De Michelis. Costoro sostenevano che avevo fatto affermazioni
in cui “inducevo alla convinzione che la Cociv e i soggetti apicali della
stessa si fossero resi responsabili di fatti di corruzione”
Alla quarta udienza di ottobre 2016, nonostante i
continui appelli a entrare in aula come testimoni contro di me, non si
presentava nessuno. Il giudice fece chiamare i carabinieri per farli condurre
in aula, ma evidentemente non sapeva che alcuni giorni prima erano già stati
tutti arrestati nelle operazioni Amalgama e Arca condotte
dalle Procure di Roma e di Genova. Il mio avvocato mi guardava allibito ma mi suggerì
di tacere di fronte a quella specie di farsa teatrale.
Le accuse, suffragate da centinaia di documenti e
intercettazioni, compresa la videata di uno dei miei accusatori mentre a Genova
riscuoteva una forte somma da un rappresentante in odore di camorra. I capi di
imputazione erano netti: “Cociv una società corrotta - Aver preso
mazzette e pilotato appalti - Concussione, associazione a
delinquere e corruzione. In più l’aver avviato i lavori di galleria con cemento
che sembrava colla”.
Già nel 1992 nelle Osservazioni al primo progetto (90
pagine dedicate a contestare dati falsi e a proporre una serie di interventi
per migliorare realmente il sistema ferroviario sui cinque valichi già
esistenti) avevamo scritto come introduzione che la questione “TAV
Milano-Genova presentava peculiarità tali da far ritenere agli scriventi che il
luogo più indicato in cui dibattere delle possibilità di realizzarla fosse
l’aula di un tribunale e non il servizio V.I.A. dl Ministero all’ambiente”.
Poi si proseguiva riportando una citazione
dal Sole XXIV ore di fine 1991 : “Necci non nega che la
Milano-Genova sia stata una carta di scambio per avere il via sulla TAV;
aggiunge inoltre che le FS non hanno alcun dato reale che conforti la necessità
e la fattibilità della linea”.
All’inizio del 2017 la Cociv si è ritirata dalla causa
per evidenti motivi.
Ora, a distanza di un anno, tutti i soggetti
apicali della Cociv sono stati sostituiti, ma i processi non decollano
e la più inutile delle opere, sia pure con difficoltà, va avanti.
I giornali hanno già dimenticato tutto e i sindaci,
che non so se definire sprovveduti o conniventi, fanno polemica solo sui 60
milioni di compensazioni. Se alcune opere sono realmente necessarie perché non
le finanzia lo Stato visto che tanto è lui ch paga le spese Cociv? Se si tratta
di ulteriori rotatorie, cavalcavia e altre strade allora puzzano di mancetta a
carico di tutti noi (lo Stato) per svendere paesaggio, vivibilità, salute.
Non si deve dimenticare il livello di questi alti
manager. Ad esempio quel signore che veniva indicato da Renzi 15 mesi fa come
colui che doveva riprendere in mano la vicenda del ponte di Messina, in una
intercettazione telefonica viene così (più o meno) registrato: Un tecnico si
dichiara di essere preoccupato del problema amianto, saggi effettuati inducono
a pensare che lungo lo scavo emergeranno 4 milioni di metri cubi di roccia
ricca di amianto e si dichiara perplesso su come e dove trasportarla e sui
danni alla salute per le popolazioni e gli stessi operai.
La risposta di Ettore Pagani è terribile: “Ma di che
ti preoccupi? Tanto la malattia da amianto viene fra trent’anni!
L’indignazione che provocano simili individui non può
non suscitarmi un grande affetto per Luisa Minazzi che “la malattia” l’ha
subita e ne è stata uccisa e tanta solidarietà per i casalesi che hanno per
decenni subito la tracotanza e le falsità di questi predoni della natura, della
salute, della morale e dei valori di solidarietà che dovrebbero
contraddistinguere gli esseri umani.