Con la nomina, nei giorni
scorsi, dell’ultimo presidente (ultimo in ordine di tempo; forse ultimo e
basta), la Fondazione SLALA - tempio dei sogni logistici alessandrini
sovrapposto alla consolidata realtà della Valle Scrivia – si appresta ad
affrontare la fase ineludibile del redderationem, laicamente del che fare. Il deperimento progressivo, negli anni
recenti, della sua dichiarata funzione e
dei suoi mezzi al servizio, non consentirebbero più, come da dichiarazioni
emerse in CdA, di traccheggiare, sotto
il profilo giuridico-amministrativo, in attesa di improbabili, ancorché non
impossibili, soccorsi istituzionali.
Non a caso il neo-presidente
individuato è un avvocato, con esperienze di situazioni aziendali difficili, ma
non, che si sappia, sorta di medico pietoso. Lo attende un arduo lavoro visto
che la Fondazione ha perso, via via, capitale, soci, scopi concreti,
credibilità propositiva tra gli operatori del settore e, complessivamente,
incidenza politica nel territorio, a cominciare dai vertici del Nord-Ovest.
Perché e come ciò sia
avvenuto – che pure sarebbe un salutare esercizio retrospettivo sugli inconvenienti di una certa megalomania dispensata a larghe falde – non è da tempo
argomento di interesse pubblico. Sostituito, in piccolo, dalla preoccupazione
di tenere comunque in vita un simulacro della “ditta”, aggiornando o
reinterpretando l’oggetto sociale (magari con un occhio ai passeggeri – accanto
alle merci primigenie - e ai collegamenti ferroviari con la capitale del
panettone).
Va bene; rispettiamo
liberamente i tentativi di chi è accorso
al capezzale di SLALA. Tenendo in caldo,
tuttavia, le argomentazioni sull’ascesa e sul declino, rapidi entrambi, di un
soggetto, votato alla promozione e al coordinamento logistico di un vastissimo
territorio (tendente all’intero Nord-Ovest), che per oltre un decennio ha
tenuto, da protagonista ambizioso , il campo del futuro economico
dell’Alessandrino come affacciatosi al terzo millennio.
Solo, en passant, qualche elemento
di orientamento “storico”.
SLALA viene costituita, in
forma di Srl, il 6.11.2003 (anniversario di una tragica alluvione), con la
denominazione, in esteso, di “Sistema Logistico dell’Arco Ligure Alessandrino”
e un capitale di 485.000 euro sottoscritto, in quote differenziate, da 12 soci (Enti) dei due versanti appenninici.
Primo presidente l’ing. Franco Ercolani in qualità di noto esperto di problemi
logistico-ferroviari. Sede presso il Comune di Alessandria.
Seguono alcuni anni di
lavorio (interno) tecnico-conoscitivo –progettuale, ma soprattutto di grande
spolvero politico-mediatico sul ruolo di SLALA nel panorama logistico-portuale
in espansione, entro ed oltre i confini nazionali. Al punto che il “combinato
disposto” alessandrino e genovese ritiene inadeguata ai compiti che si
prospettano, e quindi superabile, la primigenia struttura societaria e induce (2007)
la trasformazione della SLALA Srl in “Fondazione Sistema Logistico Integrato
del Nord Ovest – SLALA”, con il coinvolgimento di ulteriori Enti di rilievo tra
i quali le Regioni Liguria, Piemonte e
Lombardia e l’implementazione dell’Organo amministrativo.
La nuova veste di Fondazione dovrebbe
accrescere e consolidare il prestigio di SLALA, ma ne irrigidisce nel contempo,
con qualche inconveniente, il profilo
gestionale.
Il perdurante fervore
politico-logistico produce poi, sulla fine del 2009, un nuovo soggetto,
partecipato da SLALA, deputato in
qualche modo a trasferire sul piano
realizzativi almeno alcune indicazioni strategiche emerse dal lungo dibattito
sulla portualità e relative infrastrutture costiere e interne. Viene pertanto
costituita (21.12.2009) la “Retroporto di Alessandria SpA” con un azionariato
di 8 Enti (7 liguri-piemontesi, più FS Logistica SpA) e un capitale di 168.000 euro.
Il percorso di questo nuovo
soggetto – centrato sul parziale utilizzo dello Scalo ferroviario di
Alessandria da attrezzarsi per ricevere e “lavorare” fino a 500.000 Teu (unità
container) –si rivela subito impervio in
quanto surdimensionato e quindi inoperante già in partenza. Nel gennaio del 2013
la SpA Retroporto viene così “ridotta” a Srl e posta in liquidazione. Quattro
anni di malintesi?
La rassegna delle avventure logistiche alessandrine – come tali
intendendosi quelle basate sul Comune capoluogo – non può non richiamare alla
memoria un altro importante soggetto avviatosi in pista di decollo a seguito a
seguito del famoso convegno (promotori
Provincia e Comune) che si tenne ad Alessandria il 25.3.2002 per la
presentazione del master-plan della
futura “Piattaforma Logistico-mercantile di Alessandria”, nota e divulgata come
progetto Distripark, esteso su un milione di Mq. in zona Villa del
Foro-Cantalupo e congruamente dotato di infrastrutture per il trasporto, il
deposito e la “prima lavorazione” delle merci in container.
Il fascino di questo nuovo
“retroporto genovese” (il primo, la Rivalta Scrivia, precedeva di oltre
trent’anni, ma con una navigazione movimentata) si basava sulla previsione, come dire? simpaticamente
azzardata, di prossimi incrementi di traffici portuali –
necessariamente rifluenti sulle economie del Nord-Ovest, e non solo – a dir
poco sensazionali. Di qui la “grande
occasione” da cogliere al volo.
Il passaggio dalla primitiva
idea del Distripark – formulata in base ai dati di letteratura tecnica - ad un
pre-progetto preso in carico da un’entità locale definita e responsabile, ha
richiesto tuttavia diverso tempo.
Infatti il sostanziale input politico risale al 7.10. 2002, con la
sottoscrizione di un “protocollo d’intesa” avente per oggetto il “Progetto per
la Piattaforma Logistica di Alessandria” da parte di una decina di Amministrazioni
liguri-piemontesi, laddove, però, il varo di una Società dedicata si realizza
solo quattro anni dopo. Tempo impiegato a superare difficoltà varie e almeno un
incidente di percorso: l’inopinata comparsa in scena di un aeroporto-cargo
prospettato, e poi rimangiato, a Villa del Foro in contrasto con le comunità
del territorio.
Ad un certo punto, e al
presumibile scopo di rompere gli indugi, nell’agosto del 2006 viene
effettivamente costituita la SpA “ Piattaforma Logistica Alessandria – PLA” con
due azionisti: il Comune di Alessandria (40%) e
la SAIA SpA (60%), Società regionale per le aree industriali, per porre
mano concretamente alla “piattaforma” ,
vale a dire all’iniziale Distripark come rivisto e riposizionato a Cantalupo.
Varata la Soc. PLA, i
problemi d’avvio si riacutizzano, dopo pochi mesi, sotto il profilo politico.
Con le elezioni del 2007 una nuova Giunta (centrodestra) succede a quella di
centrosinistra e comincia il ripensamento critico di diverse iniziative ereditate. Tra queste il
disegno territoriale della presenza neo-logistica ad Alessandria che, da
massicciamente unitario, viene ripartito in tre località separate: in primis il
famoso Scalo ferroviario cittadino, in
decadimento funzionale; poi un’area a San Michele – già zona industriale
comunale rimasta intonsa – infine un “residuo” a Cantalupo.
Il “ribaltone”
politico-amministrativo finisce di ribaltare a sua volta la prospettiva attorno
a cui si era fortunosamente costituita la PLA. L’azionista SAIA si defila e
cede gran parte delle azioni (50%) al Comune che si ritrova col 90% del capitale, accomunato con cinque nuovi soci “spintanei” per il restante 10%. L’esito
operativo è quantomai precario onde, nel 2008, il Comune rifonda la PLA in SITAL Spa (Società Interventi Territoriali
Alessandria) che vivacchia ancora per qualche anno inventandosi, con scarsi
esiti, scopi “promozionali” del territorio, ma avviandosi inevitabilmente al
fine-corsa (fallimento, 5.4.2013).
Col fatale 2013 vengono meno due dei tre protagonisti
che hanno calcato il palcoscenico logistico alessandrino (PLA-SITAL e
RETROPORTO) e da allora resta in scena, dopo quindici anni dal “convegno
fondativo”, la sola e superstite SLALA (di cui all’inizio di questo complesso e
inevitabilmente parziale excursus logistico tratto dalle fonti di stampa). Dulcis
in fundo le Ferrovie (RFI) hanno “messo
sul mercato”, nei mesi scorsi, una discreta parte dello Smistamento in vista
di individuare a vasto raggio operatori,
logistici o paralogistici, interessati a
ragionare sull’utilizzo dell’area scorporanda, eccedente ai bisogni di casa.
Una prospettiva dolce-amara?
Fin qui un tentativo di
recuperare un minimo di cronologia
ragionata del fenomeno deflagrato ad
Alessandria con i primi del 2000: la logistica come nuovo, travolgente orizzonte dello sviluppo locale.
Questo “fenomeno” offre
indubbiamente – vedi sopra - una ghiotta lettura “dall’interno”. Ma anche visto “dall’esterno” può stimolare utili pensamenti. Ad esempio sul
ruolo miracolistico e pigliatutto
assunto dall’effervescenza logistica
a scapito di altri settori produttivi, cosiddetti tradizionali (quali
industria, artigianato, agricoltura e relativi comparti), relegati ai margini
della pubblica attenzione. Una mezza
generazione di politici alessandrini si è così formata a pane-e-logistica per
oltre un decennio, fino a quando con le prime, evidenti delusioni, la dieta è
cambiata in pane-e-turismo versione street economy.
Lo sviluppo, o la resistenza alla crisi, visti
di volta in volta con gli occhiali di un unico e salvifico settore di attività
da curare e il resto… a contorno. La deformazione e la ripetitività del
dibattito politico, quanto ad economia locale, stanno da tempo a dimostrarlo. E
questo non è un problema da scherzarci.
Dario Fornaro