E’ comprensibile, di questi giorni, la chiamata alle armi
della politica e degli amministratori locali intesa a “salvare l’ARAL”,
cominciando col sollecitare ai soci (in pratica al Comune di Alessandria,
azionista di stragrande maggioranza) il reintegro del capitale eroso. La
presuppongono, in primis, la preoccupazione di garantire ai cittadini la
continuità di un servizio cruciale quale lo smaltimento finale dei rifiuti
urbani, ma anche, in stretta sequenza, la “necessità” di scongiurare il
fallimento della Società perché, come spesso accade, nei “libri da portare in
tribunale” si potrebbero poi rintracciare pagine sgradevoli in ordine alle gestioni trascorse. Meglio
quindi, se possibile, evitare che
compaia in scena, nominato dal Tribunale, un Curatore che dovrebbe, tra
l’altro, raccapezzarsi sulle cause, le modalità e le responsabilità – non solo
genericamente politiche – del “finale di partita” come giudizialmente
acclarato.
Non a caso questo secondo aspetto comincia a farsi largo sui
“media” locali laddove la consueta vulgata attribuiva le disavventure dell’ARAL
al solito.. destino cinico e baro.
Non a caso la rete di protezione politica – dispiegata con
successo dalla sempiterna dirigenza attorno alla chiacchierata Società – ha
cominciato a cedere e si comincia a parlare di importanti investimenti strategicamente sbagliati, o comunque
eccessivi ( tipo la mega operazione compostaggio ?) da ripagare,
necessariamente, operando sul libero mercato degli smaltimenti ben oltre i limiti
(20%) consentiti dal regime pubblicistico “in house”, ridotto a paravento per
sottrarsi all’obbligo di affidamento per gara.
Probabilmente se in
ARAL non si fosse corso qualche rischio
di troppo – in termini di andirivieni rifiuti – avrebbe continuato a funzionare
l’adagio “occhio non vede, bilancio non duole”.
Non a caso, infine, ciò che si sussurrava tra gli addetti ai
lavori è tracimato recentemente al
pubblico: sfruttando a gran forza - per
motivi d’incasso e clientela esterna -
la capacità di ricevimento/riempimento della discarica di
Solero-Quargnento, questa importante, decisiva risorsa per i comuni consorziati
sta andando ad esaurimento in tempi
drammaticamente ridotti. Si parla di un anno o poco più e di conseguenti
problemi di smaltimento che si manifesterebbero, già nel 2019, senza che alcuna , attendibile alternativa
(discarica ) sia oggi alle viste per Alessandria e comuni cugini. Buoni e
spesso lodati incassi, messi a segno mangiandosi il futuro del servizio istituzionale: discutibile
opzione, travestita brillantemente da stato di necessità!
Una situazione che a breve, salvo altre limitate deroghe
d’emergenza sull’altezza del cumulo in discarica, sposterebbe di fatto l’asse
degli smaltimenti dall’interramento all’incenerimento. Visti, infatti, tempi e
difficoltà per “inventare” una nuova discarica di zona e, per converso, le
attese di conferimento rifiuti manifestate
dai grandi impianti di “termovalorizzazione” presenti in Piemonte
(Torino-Gerbido) o regioni vicine.
Questo, stando almeno alle cronache, è il punto al quale è
pervenuta, allo spirare dell’anno in corso, la complessa vicenda ARAL che,
addentellati giudiziari a parte, sembra preludere comunque alla sua perdita
d’identità/autonomia local-provinciale e
al determinante ingresso nella compagine sociale, rimodellata o rifondata,
di un Soggetto Forte individuato tra
quelli che già operano, con credenziali di caratura nazionale (mono o
multiutility) nel campo dei rifiuti e smaltimenti.
ARAL, cioè, si avvierebbe a pagare, con gli interessi,
l’astuta ambizione degli anni scorsi di operare in “partita doppia”. Che non è
ovviamente quella tecnica contabile codificata dalla ragioneria, ma, evoca
bensì, ai nostri fini, l’intendimento di
agire simultaneamente su due tavoli, quello pubblico e quello privatistico,
mirando al ruolo più gratificante di brokeraggio degli smaltimenti più
che di normale operatore sul campo.
Prima AMIU (fallita e ricoverata nella Grande AMAG), adesso
ARAL (in grande affanno). Non portano bene i rifiuti alla politica alessandrina
(o la politica ai rifiuti).