Stando
alle prime stime - tra maggiori spese pubbliche e minori introiti fiscali- annunciati
dai diversi partiti, la cifra complessiva supera i 200 miliardi di euro, oltre
13 punti di PIL. Cifra enorme se solo si pensa che tutta la manovra di bilancio
- che tiene occupato per mesi il Parlamento - si gioca all’interno di 1,5% del
PIL medesimo.
200
miliardi di euro da coprire ricorrendo in larga misura a nuovo indebitamento. I
partiti sembrano ignorare che il nostro debito pubblico si attesta già al 133%.
Ora,
che si dovesse passare da una politica di rigore ad una più flessibile in modo
da utilizzare la leva della spesa pubblica per attivare l’economia dal lato
della domanda era assodato. Che a questa strategia dovesse, contemporaneamente
seguire una rigorosa politica di riforme per rimuovere le sacche parassitarie e
di inefficienza che paralizzano il sistema Italia nei settori della Pubblica
Amministrazione, nella lotta all’evasione, nella contrattazione del lavoro, nel
sistema pensionistico, nei processi civili, nella riduzione progressiva della
pressione fiscale, nella scuola ecc. era fuori discussione. E’ evidente
tuttavia che nessun sistema economico istituzionale potrebbe reggere a proposte
così scioccanti come la flat tax (imposta
fissa con aliquota unica) al 20% proposta da Forza Italia o quella al 15% indicata
dalla Lega. Né tantomeno quella di assegnare un reddito di cittadinanza agli
ultra diciottenni come propone Di Maio.
La
flat tax è una delle voci principali dei programmi di Lega e Forza Italia.
Nella proposta della Lega si sottrae dal reddito una deduzione di 3 mila euro
per ogni componente della famiglia; su ciò che rimane si paga il 15%. La
proposta di Forza Italia prevede una deduzione di 13 mila euro per ogni
famiglia con un’aliquota del 20 %.
La
flat tax è semplice: elimina le decine di deduzioni e detrazioni. Ha
un’aliquota bassa e costante, la quale secondo i proponenti favorisce
l’emersione dei redditi sommersi, incentiva l’attività economica garantendo nel
contempo un gettito fiscale aggiuntivo. Le proposte di Lega e Forza Italia
mancano di copertura. Non basta il recupero dell’evasione. Il buco che si crea in
seguito alla drastica riduzione delle imposte può superare i 100 miliardi.
Il
costo delle promesse dei Cinque Stelle supera i 125 miliardi. Il superamento
della legge Fornero, con ritorno al vecchio meccanismo (età più contributi) e
il blocco della crescita dell’età pensionabile costerebbe 20-25 miliardi contro
gli 11 calcolati dal programma M5S. Il reddito di cittadinanza, secondo la voce info, costerebbe 29 miliardi, a
fronte di un trasferimento di 480 euro mensili per 4,9 milioni di famiglie.
L’altro punto è la riduzione delle aliquote Irpef dalle cinque attuali a tre;
il costo di questa operazione è di circa 10 miliardi. Poi c’è la “no tax area”,
cioè la zona di esenzione fiscale, che i grillini vorrebbero portare a 10 mila
euro contro gli 8.174 di oggi. Inoltre - dice Di Maio – l’obiettivo è quello di
dare 1.800 euro medi in più all’anno a tutti i contribuenti.
Più
moderato, in rapporto ai conti pubblici, è il programma del PD che si muove,
per quanto riguarda l’espansione della spesa pubblica, all’interno della
forcella determinata dalla previsione di crescita del PIL, che tutti prevedono attorno
all’1,5 % per il 2018 e alla possibilità di attuare uno sconfinamento del debito
vicino all’1,5% come concordato con Bruxelles. La forcella garantirebbe una
disponibilità di manovra di 20-25 miliardi di euro, oltre ad un recupero, sul
fronte della lotta all’evasione fiscale, di 4 -5 miliardi.
Liberi
e Uguali, il partito di Grasso propone correttivi alla legge Fornero in ordine
al ripristino dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, e, inoltre, di
eliminare ogni tipo di tassazione scolastica.
Più
rigoroso il programma di Emma Bonino tutto incentrato sulla scelta europeista.
Dalla
lettura dei programmi elettorali delle forze di centro destra, Cinque Stelle
comprese, emerge un quadro economico-finanziario completamente disancorato
dalla realtà oggettiva del nostro paese in contrasto con il contesto europeo e
i vincoli che ne derivano. Siamo alla follia pura, al punto che sia la stampa
nazionale che quella estera continuano a contestare la fattibilità dei programmi
elettorali. Contestano tali cifre gli economisti ed i centri studi più
autorevoli del nostro paese oltre a quelli internazionali. Giudizi di dubbia
correttezza e moralità, sui programmi enunciati, provengono dalla stessa
Conferenza Episcopale Italiana.
C’è
da sperare che gli elettori italiani non si lascino abbindolare dagli annunci
miracolistici ed il 4 marzo, oltre a recarsi numerosi alle urne, sappiano affermare
con la “sovranità anche la serietà del popolo”, votando per i partiti e gli
schieramenti più responsabili.