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Dietro la notizia
Aria al veleno e “Quel desiderio chiamato tram”
Bruno Soro

“Alcuni hanno un grande sogno nella vita e mancano a quel sogno. Altri non hanno nella vita nessun sogno, e mancano anche a quel sogno”

Fernando Pessoa, Il poeta è un fingitore, Feltrinelli, Milano 1988


In un articolo pubblicato sulle pagine locali di La Stampa di venerdì 2 febbraio 2018[1], la giornalista ‘libero professionista’ Valentina Frezzato ha intervistato tre noti alessandrini, da anni impegnati in attività a favore dell’ambiente, tra i quali Pier Luigi Cavalchini, Direttore della rivista on line dell’Associazione Citta Futura che ospita la mia rubrica “Dietro la notizia”. In quell’articolo, incentrato sull’annoso tema dell’inquinamento atmosferico provocato dalla circolazione delle auto, “dopo aver parlato di smog con i professionisti di studi e analisi”, viene espressa perentoriamente “una pretesa”: “Basta: chiudete il centro alle auto”.  Ohibò! mi sono detto, visto che ci sono arrivati persino “i professionisti di studi e analisi”, vuoi dire che la nuova Amministrazione abbia in serbo di approntare un Nuovo Piano Piano Generale del Traffico Urbano sul tipo di quello approvato dalla Giunta guidata dal Sindaco Francesca Calvo nei primi mesi del 1996?
Nel pieno delle attività di ricostruzione di quella parte della città che aveva maggiormente subito i danni provocati dalla disastrosa alluvione del novembre 1994, Giulio Massobrio, oggi valente e affermato scrittore alessandrino all’epoca Direttore di una rivista mensile “La Città” (uscita per alcuni anni e da tempo, ormai, caduta nell’oblio), mi chiese di pronunciarmi su quel Piano Generale del Traffico Urbano. Essendo da poco tornato a vivere ad Alessandria, e ritenendomi un “esperto”, dal momento che avevo lasciato la carica di Assessore all’Urbanistica in quel di Novi (tutti facciamo errori nella vita), preferendo tornare ad occuparmi a tempo pieno del mio lavoro all’Università, mi fornì una copia di quel Piano (che conservo), unitamente ad un’ampia documentazione sul ripristino in molte città francesi del trasporto pubblico a mezzo dei tram.
In quegli anni avevo avuto modo di visitare diverse città europee, tra le quali Bruxelles, la più amata dopo Londra, della quale avevo particolarmente apprezzato i grandi spazi verdi, nonché il fatto che fosse dotata di una comoda rete urbana di tram, della quale conservo il ricordo di quella linea che, transitando all’interno di grandi viali alberati, mi consentiva, dal sobborgo di Ezembeck-Oppem dove ero ospitato, di raggiungere facilmente il centro storico. Della cittadina di Graz in Austria, invece, mi aveva colpito il silenziosissimo tram che transitava nella via principale del centro storico (come fosse Corso Roma) che annunziava il suo arrivo con il suono di un campanello sul tipo di quello di quei trenini elettrici per turisti affaticati che tanto attirano i bambini.[2]
La Giunta di Alessandria aveva appena approvato il progetto di lastricare con autobloccanti tutti i viali che circondano il centro di Alessandria, dove sognavo (il “grande sogno” di Pessoa) potesse transitare una linea di metropolitana leggera (o tram, se preferite). Infatti, non interferendo con il traffico veicolare, se non negli incroci - in allora regolati da semafori, molti dei quali, dopo l’approvazione del Nuovo codice della strada del 1992 e della successiva legge del 1995 istitutiva dei Piani Urbani del Traffico (P.U.T.), sono stati sostituiti dalle più funzionali rotatorie -, avrebbe consentito di avere accesso in tempi brevi, ma soprattutto certi, a qualsiasi parte del centro storico.
Per coloro che sono troppo giovani, come Valentina Frezzato, o che hanno la memoria corta, varrebbe forse la pena di riproporre, a distanza di ventidue anni, “Quel desiderio chiamato tram”, pubblicato originariamente su “La Città”, anno III, sul numero 2 del febbraio 1996, che, non riuscendo più a recuperarlo da un vecchio dischetto da 5,25 pollici della Olivetti, ma avendone conservato la copia cartacea, posso riscrivere integralmente.
La chiave di lettura, la «filosofia» del Piano Generale del Traffico Urbano approvato dalla Giunta, giudicato dalla stessa «senza false modestie» (corsivo nell’originale) “al passo con i tempi”, è chiaramente enunciata laddove si sottolinea che occorre “ricondurre l’auto ad un ruolo meno invasivo e prevaricante rispetto alle altre componenti della mobilità”. Appare pertanto pienamente giustificata l’affermazione secondo la quale “il nostro obiettivo non è dunque, quello di combatterla o penalizzarla, ma piuttosto di renderla parte di uno scenario urbano più gradevole e vivibile”. La qual cosa, tradotta in un linguaggio più semplice, significa che chi possiede auto più lussuose e denaro sufficiente (una ristretta minoranza) potrà continuare a scorrazzare e parcheggiare in tutte le vie del centro, purché paghi e vada adagio (ma questo non è un problema con lo stato disastrato delle strade). Tutti gli altri cittadini (la stragrande maggioranza) potranno continuare ad accedervi usando il servizio pubblico (prima il bus e poi le navette), e quando finalmente vi fossero giunti, respirare a pieni polmoni i gas di scarico delle auto (della ristretta minoranza). Chi ritenesse il nostro un pregiudizio provi a verificare con i propri occhi (ammesso che abbia il tempo e mezzi per recarsi in giro per l’Europa) oppure si documenti con le numerose letture specializzate che ci riferiscono sulle tendenze in atto nei paesi europei. Intendiamoci bene: non è che gli interventi di carattere amministrativo che traducono in atti le «raccomandazioni» contenute nel Primo Rapporto del Piano siano in sé prive di senso, tutt’altro! Posto che l’obiettivo dell’Amministrazione sia la razionalizzazione del traffico esistente i provvedimenti proposti appaiono tutte misure sensate ed auspicabili. Il Piano è tutto qui.
Non occorre una grande esperienza amministrativa per individuare in esso alcune grosse limitazioni. E’ vero, infatti, che nella Relazione Finale è stato introdotto un accenno alla “riduzione degli inquinamenti atmosferici ed acustici e risparmio energetico”, ma non si trova nel Piano alcun provvedimento volto al raggiungimento di questo obiettivo (che sarà pure “tradizionale”, come si legge nella Relazione, ma per molti cittadini e numerose città italiane sta diventando il problema principale legato al traffico urbano). Manca poi qualsiasi riferimento alle misure adottate in altre città italiane ed europee per raggiungere i medesimi scopi. In parole povere è un piano che pecca di provincialismo. Non solo, ma esso prescinde totalmente dalla struttura urbanistica della città e dalle motivazioni che inducono gli spostamenti dalle zone periferiche verso il centro cittadino (la sola analisi dei flussi di traffico non è sufficiente infatti a spiegare perché quei flussi si verifichino e, conseguentemente, incidere sulle cause dei fenomeni e non solo sugli effetti). La scelta, infine di puntare sulle “piccole pedonalizzazioni qualificanti” va esattamente nella direzione opposta alla tendenza in atto a livello europeo di puntare alla graduale pedonalizzazione dei centri storici.
Proviamo a contrapporre alla filosofia di questo Piano un’altra filosofia, ovvero che l’obiettivo fosse quello di adeguare la città di Alessandria allo standard europeo. Posto che si proponga di impedire l’accesso delle auto al centro storico pedonalizzato (diciamo ad esempio in una zona compresa tra via Trotti, via Migliara, Piazza della Libertà, via Cavour, Corso Cento Cannoni e Corso Crimea), vietando nel contempo la sosta in tutte le altre vie del centro storico (più o meno coincidente con la zona individuata dal Piano), i problemi rilevanti diverrebbero: 1) la realizzazione di parcheggi nelle adiacenze del centro per i residenti del centro storico e per i non residenti; 2) il trasporto degli abitanti dei quartieri esterni alla Zona di Particolare Rilevanza Urbanistica in centro, in tempi brevi e certi. Una linea di tram capace di collegare il quartiere degli Orti con quello del Cristo passando attraverso il centro storico pedonalizzato (diciamo lungo l’asse Viale Milite Ignoto, via Mazzini, Piazza della Libertà, via Cavour, Corso XX Settembre, Piazza Mentana, via Maggioli, Corso Acqui) consentirebbe di raggiungere il centro (e la Stazione) in pochi minuti a partire dalla periferia, senza bisogno di usare l’auto. Questa soluzione avrebbe il vantaggio (benefico per la collettività) di ridurre in maniera drastica l’inquinamento atmosferico e quello acustico di tutto il centro cittadino (esistono ormai dei tram assolutamente silenziosi, oltre che non inquinanti). La realizzazione di un grade parcheggio sotterraneo (a pagamento, come accade in tutte le città europee) in Piazza Garibaldi, capace di portare gli attuali 580 posti auto a 1800, e degli altri parcheggi (pubblici e privati) previsti dal Piano, consentirebbe a chi proviene dall’esterno della città di raggiungere agevolmente il centro. Una società mista pubblico-privato che agisse in concessione, in grado di accedere ad eventuali finanziamenti agevolati (non necessariamente italiani) di mobilitare risorse finanziarie private e di gestire un maxi-prestito obbligazionario (da emettersi allo scopo sul modello di quanto si sta facendo a Napoli) potrebbe farsi carico della realizzazione dell’infrastruttura.
Si tratta ovviamente di una provocazione. Ma non troppo. Posto infatti che i flussi attuali di traffico pubblico non giustifichino una tale scelta, come ci è stato obiettato da responsabili dell’ATM cittadina, va ricordato che, come l’esperienza di altri paesi insegna, tali flussi sono la conseguenza del fatto che i bus non costituiscono una valida alternativa all’uso del mezzo privato. Essi sono infatti più disagevoli e hanno tempi di percorrenza di gran lunga superiori a quelli dei mezzi privati (tant’è che dalla Stazione FS si preferisce attraversare il centro storico a piedi per raggiungere il quartiere degli Orti impiegando lo stesso tempo del bus e qualche volta anche di meno!). Ci risulta che sia giacente presso l’Amministrazione comunale un progetto (predisposto qualche anno fa dall’Ansaldo Trasporti al fine di accedere a finanziamenti agevolati per incentivare i trasporti elettrici) sul quale varrebbe la pena di discutere seriamente. Posto che in ogni caso, il ventunesimo secolo comincerà, per gli alessandrini, con una passeggiata nel centro storico in auto o per coloro che vorranno adeguarsi alle “raccomandazioni” e alle “priorità” del Piano, a piedi o in bicicletta.
Nel riquadro posto in calce a questo articolo si faceva poi riferimento a quanto stava accadendo in Francia in quegli anni, come riportato da uno studio pubblicato sul numero di dicembre del 1995 della rivista Light Rail and Modern Tramway. In esso si sottolineava come in quel Paese si stesse cercando di “superare la difficile situazione dell’ammodernamento dei sistemi di trasporto”, e si riportava l’opinione del General Manager della società pubblica di trasporti di Orleans - cittadina francese capoluogo di Dipartimento avente una popolazione simile a quella di Alessandria -, per il quale: “La fine del secolo vedrà molto probabilmente i tram funzionare in più di dieci diverse città francesi, sicuramente un grosso risultato per tutti coloro che hanno lavorato sodo per correggere le conseguenze disastrose della politica di eliminazione dei tram (…) dalla seconda metà degli anni sessanta”. Nel decennio successivo, si legge in quello studio, si è assistito ad una vera e propria inversione di tendenza, le cui cause erano sia di natura “politica” (“come l’aumentato potere politico dei sindaci e il fatto che le campagne elettorali basate su programmi di reintroduzione dei tram siano state ovunque caratterizzate dal successo”), sia economica, come “l’introduzione di una imposta specifica (denominata “contributo in favore dei trasporti”) che ha assicurato un flusso di finanziamenti certi e costanti nel tempo”.
“Non occorre essere dei grandi viaggiatori – si sosteneva in quel riquadro – per valutare la distanza che separa l’amministrazione della nostra città dalla “cultura europea dei trasporti”, dai sistemi dei trasporti pubblici di cittadine simili alla nostra di paesi come la Svizzera, l’Austria, il Belgio, l’Olanda la Germania, il Regno Unito, nelle quali le linee di tram sono state ammodernate o reintrodotte”. Basti pensare che nelle quattro amministrazioni che si sono succedute da allora, l’unico tentativo da parte del Sindaco Mara Scagni di limitare il traffico automobilistico in transito nel centro città (non la chiusura del centro storico, bensì la semplice minaccia di regolamentarne l’accesso), unitamente all’improvvida introduzione negli ultimi sei mesi del suo mandato della raccolta differenziata porta a porta hanno contribuito non poco a decretare la sua netta sconfitta nel tentativo di essere rieletta. Forse avevano visto lontano il Sindaco Francesca Calvo e la sua Giunta nel conferire al tecnico incaricato di predisporre il Piano Piano Generale del Traffico Urbano il mandato di “portare le auto in centro”, anziché trattenerle al di fuori. Quanto a “I tram di una volta”, per restare al riquadro in   calce a quella pagina di “La Città” del febbraio di ventidue anni fa, laddove si rammenta che “Dal 1913, e fino al 1952 quando vennero sostituiti dai filobus, i tram elettrici percorsero Alessandria lungo l’asse Nord Sud, unendo cioè gli Orti al Cristo con due linee che attraversavano il centro città”, vorrei sbagliarmi, ma in quella che fu la città di Umberto Eco, sono tanti quegli “Altri che non hanno nella vita nessun sogno”.   
Alessandria, 7 febbraio 2018


[1] “Aria al veleno, ecco che cosa si può fare”, a firma di Valentina Frezzato, sottotitolato: “Chiudere il centro e creare una serie di parcheggi a corona. Servono piani seri”.
[2] Da pochi anni la città di Nizza in Francia si è dotata di un simile, comodo e silenzioso mezzo di trasporto pubblico.
08/02/2018 09:24:58
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