La recente inchiesta del giornale “Il Piccolo” di Alessandria pubblicata il 23 febbraio scorso circa le criticità del comparto ferroviario alessandrino è lodevole in quanto affronta un tema storicamente sottovalutato dalla classe dirigente, ma impone alcuni commenti e riflessioni.
Nella pagina dedicata sono stati affrontati molti temi diversi fra loro, tutti con un grosso impatto sul vivere quotidiano dei cittadini, ma ognuno con responsabili e attori diversi: dal grande scalo merci locale alle criticità di una programmazione del servizio viaggiatori ancora ampiamente inadeguata ad una delle principali aree metropolitane del Nordovest italiano.
La difficile situazione del sistema ferroviario alessandrino, che si compone delle due stazioni di Alessandria Centrale, viaggiatori, e Alessandria Smistamento, logistica, ha origini non lontane né nel tempo né nello spazio, dipendendo per parte significativa, ma non esclusiva, da scelte compiute dalle amministrazioni locali.
Indipendentemente dal vasto tema dello scalo merci alessandrino (che con quello viaggiatori compone l’aria ferroviaria più grande d’Italia) e quindi del ruolo di Alessandria nel sistema logistico europeo, per comprendere le ragioni per le quali una piattaforma dalle potenzialità enormi come Alessandria Smistamento operi al massimo ad un quinto delle sue potenzialità ed è considerata area marginale messa in vendita è sufficiente, in prima approssimazione, ritornare al 2008, quando uno dei principali attori del sistema logistico europeo (Railion del gruppo Deutsche Bahn) aveva individuato in Alessandria Smistamento il suo hub e vi aveva già realizzato una base operativa.
Una simile opportunità andava colta subito, ma nessuno vi credette: da una lettura della “Relazione programmatico-istituzionale del triennio 2009 – 2011” si evince come ogni sviluppo della logistica fosse realisticamente inteso solo per intercessione di ente superiore e investimento di ente economico pubblico. Si era così lontani dal comprendere l’importanza e l’opportunità dell’intermodalità e in particolare della modalità ferroviaria che si tentò di spostare a nord della città l’area logistica invece che svilupparla nell’area sud nelle adiacenze dello scalo ferroviario.
L’area logistica non venne spostata perché non si fece. Non si fece il centro intermodale, non si fece l’integrazione ferro-gomma, non si fece nulla perché Railion vincesse le resistenze interne al sistema ferroviario nazionale e si consolidasse trasformando Alessandria Smistamento nell’hub che naturalmente sarebbe. Si ignorò, anzi, anche la seconda gamba della grande opportunità di ripresa del sistema economico alessandrino dal punto di vista ferroviario: Autozug e Autoslaap.
Autozug e Autoslaap, letteralmente treno con auto al seguito in tedesco e olandese, sono state una splendida opportunità al territorio in quanto avevano eletto Alessandria a porta del Nord Italia per una discreta quota del turismo nordeuropeo e mitteleuropeo. Non si fece praticamente nulla per cogliere quell’opportunità: non ricordo alcuna iniziativa di promozione e accoglienza nonostante i numeri dei flussi nella prima fase rivelassero un promettente trend di crescita.
Anche in quell’occasione non furono elementi esogeni a causare il relegamento ai margini del sistema economica della realtà alessandrina che naturalmente ne sarebbe stata al centro.
Il progetto Autozug e Autoslaap terminò pochi anni fa lasciando di sé solo qualche cartello e uffici sfitti e non se ne può incolpare la penultima amministrazione, quella guidata dalla Prof.ssa Rossa, avendo quest’ultima dovuto impiegare quasi tutto il proprio mandato al salvataggio della città dal fallimento che si è trovata innanzi appena insediata. Quando alla città è stata restituita la capacità di investire e scommettere sul proprio futuro era troppo tardi per la logistica nello scalo merci e il comparto ferroviario alessandrino era stato brutalizzato dalle scelte delle FS di Moretti, dalla cancellazione, dopo un periodo di agonia scientificamente organizzato, di buona parte del sistema ferroviario regionale fuori dal capoluogo di regione da parte della giunta regionale di Cota.
In quel contesto venne sospesa all’esercizio la linea Alessandria – Ovada citata nell’inchiesta del Piccolo: l’esercizio che precedette la sospensione era un servizio scolastico di quattro coppie di corse, esercizio con un basso indice di affidabilità e spesso operato con materiale dall’offerta insufficiente tanto da ricorrere a bus straordinari bis da Castellazzo.
Era probabilmente in quel contesto che doveva essere sollevato il problema (e considerato chi lo faceva), ed era in quella situazione di cattiva gestione che è stato ignorato, ancora peggio è stata sul momento ignorata anche la sospensione totale dell’esercizio fino a che non è arrivata alla cronaca una possibile gestione integrata ferro-gomma della SAAMO, azienda di autoservizi dell’ovadese, con un partner ferroviario pochi anni fa, ma si è arrivati ad aspettare l’annuncio del ripristino per poi dimenticarsene.
Attualmente la ripresa di un servizio regolare viaggiatori per essere sostenibile deve essere in grado di recuperare l’utenza persa, di essere integrato nella rete regionale e quindi nazionale. Esistono modelli della stessa Agenzia per la Mobilità Piemontese che possono costituire un punto di partenza per un progetto di revisione efficiente della rete ferroviaria del Basso Piemonte.
Allo stato preoccupa, ma solo gli addetti ai lavori, che l’avviso di gara l’affido del trasporto integrato del bacino sud-est (province di Alessandria e Asti) pubblicato sulla Gazzetta Europea dall’Agenzia per la Mobilità Regionale faccia riferimento al trasporto pubblico di Alessandria e Asti, ai servizi urbani di Alessandria e Casale Monferrato e delle linee ferroviarie Asti – Acqui Terme e Alessandria – Casale Monferrato. Nessun cenno alla Alessandria – Ovada ferroviaria, maldestri cenni a linee in esercizio e assurdo inserimento del servizio urbano del capoluogo come se il sistema di trasporto pubblico di un’area metropolitana di centomila abitanti, quindi il suo aspetto urbanistico e territoriale, possa essere eterodiretto da un ufficio della Regione.
In ultimo, almeno per questa breve disamina in integrazione all’inchiesta del Piccolo, la problematica della stazione di Cantalupo e della linea Alessandria – Alba sono connesse e io ribalterei la chiave di lettura: invece di stupirmi di una stazione periferica presidiata (non da personale di Trenitalia addetto all’interfaccia con l’utenza ma da personale di Rete Ferroviaria Italiana) mi stupirei favorevolmente del risveglio dei territori casalese e albese che ha prodotto un fermento sufficiente a rivedere i limitati piani di esercizio ferroviario sul nostro territorio inducendo alla riapertura delle prime linee ferroviarie sospese.
L’effetto riapertura Asti – Alba che avverrà sull’intero tracciato con la risoluzione del problema della galleria Ghersi fra Neive ed Alba ha indotto all’apertura al traffico, inizialmente turistico, del tratto Nizza Monferrato – Canelli – Castagnole Lanze, 31 dei 58 km della linea sospesa Cantalupo – Castagnole Lanze.
Contrariamente a quanto esposto il tracciato ferroviario fra Alessandria – Castagnole Lanze non lamenta nessuna criticità infrastrutturale (la galleria Ghersi è dopo Neive come accennato) e con la recente ristrutturazione e consolidamento del tratto più difficile presenta per il ripristino all’esercizio dell’intera tratta solo interventi di manutenzione straordinaria causati dal vandalismo e manutenzione ordinaria arretrata nel tratto Cantalupo – Nizza Monferrato.
Il tracciato non ancora ripristinato, peraltro, è stato pulito e ispezionato in estate, le ramaglie adagiate sulla massicciata e la sabbia accumulata ai passaggi a livello non costituisce nessun particolare impedimento ad un veloce ripristino.
E’ da segnalare il risveglio della linea prima ancora che della sua presunta e parziale incuria ed è un risveglio reso possibile dalla tenacia di cittadini, associazioni e amministrazioni locali che si sono battute per il ripristino e ancora lo stanno facendo perché la riapertura della tratta Asti – Alba significhi anche la riapertura della storica linea pavesiana, non ultima la disponibilità della Regione Piemonte ad ascoltare e pianificare con i tempi che le oggettive difficoltà impongono il ripristino da quanto cancellato dalle opinabili decisioni e omissioni prese all’inizio degli anni Dieci dalle varie amministrazioni locali (Regione e Comuni) in tema trasporti.
La programmazione del sistema ferroviario è un altro tema molto vasto e se ne fa cenno, nell’inchiesta del Piccolo, a proposito della stazione di Frugarolo-Bosco Marengo i cui frequentatori lamentano un deficit nell’offerta: premesso che non sarebbe accoglibile il ritorno delle fermate dei regionali veloci Torino – Genova (eccetto i treni integrativi pendolari) che, anzi andrebbero velocizzati, sarebbe auspicabile che venisse ripreso un servizio integrativo Alessandria – Genova che faccia tutte le fermate abbandonando l’approssimativo servizio navetta Alessandria – Arquata Scrivia.
Combinando linearmente l’offerta suburbana ligure e quella alessandrina si otterrebbe, a parità di quantità di servizio erogata, un servizio integrato veloce e vicinale fra l’area metropolitana alessandrina e il capoluogo ligure.
Il problema non è far fermare più treni a Frugarolo – Bosco Marengo migliorando un aspetto peggiorandone altri quattro, ma farle ottenere una offerta cadenzata oraria per il capoluogo e per Genova di treni vicinali e la fermata dei treni integrativi al cadenzamento orario dei regionali veloci Torino – Genova in fascia pendolare, rivedendo, quindi, la programmazione regionale affinché si superi la marginalizzazione del territorio alessandrino: prospettiva possibile inserendosi nell’attuale corso dell’Assessorato regionale ai trasporti con positività, propositiva e attenzione alle periferie.
Nello stesso ambito della programmazione si inserisce il mancato servizio viaggiatori sulla stazione di Cantalupo, frazione di 800 abitanti sulla quale insiste una linea autobus urbana e varie linee del trasporto extraurbano. La decisione di non far fermare i treni a Cantalupo (parimenti a Gamalero e Sezzadio) venne presa nel 1991 nel primo e unico momento di integrazione ferro-gomma attivo in Provincia di Alessandria: si integrarono le autocorse Alessandria – Acqui con tutte le fermate con le corse ferroviarie velocizzate.
Attualmente una vera integrazione non esiste più e l’amplissima offerta automobilistica fra Alessandria e Acqui Terme (via Rivalta e Via Cassine oltre le quattro corse da Voghera e le corse operaie) non è adeguatamente integrata con l’offerta ferroviaria né per tariffazione né per programmazione, con orari che si sovrappongono e una informazione precaria e insufficiente alle paline e in rete.
Lo scandalo non è, quindi, saltare la stazione di diramazione di Cantalupo, ma che una ampia offerta non sia realisticamente fruibile solo per una precaria organizzazione e informazione al pubblico.
Ognuno di questi temi meriterebbe lunghi approfondimenti ed è importante e utile che tornino alla ribalta della cronaca locale, ma insieme alle positività in atto in un comparto colpevolmente umiliato che sta lentamente mutando positivamente il proprio corso.
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(*) L’originale
si trova su https://democraticieriformisti.wordpress.com/2018/02/25/breve-riflessione-sullinchiesta-del-piccolo-sulla-stazione-aperta-sulla-ferrovia-chiusa-di-angelo-marinoni/