1. Dopo tanto impegno e
tanti sacrifici, il risultato tanto sperato finalmente è arrivato. Finalmente abbiamo perso.[1] E non poteva che
essere così. Siccome siamo stati particolarmente in gamba, abbiamo perso anche
in maniera pesantissima, inequivocabile, con cifre oltre ogni previsione. Da
capogiro. Ha perso il PD scendendo al 18,7%. Ha perso LeU riuscendo a
raccogliere appena poco più del 3%, cioè assai meno dei risultati elettorali
precedenti delle tre formazioni (MDP, SI, Possibile) che vi hanno confluito.
Non hanno certo vinto quelli di Potere al Popolo, i cui voti saranno del tutto
inutili ai fini parlamentari, anche se - beati loro – sembra che siano contenti
del risultato raggiunto. C’è chi si accontenta della testimonianza.
2. La sconfitta era annunciata e lo capiva
chiunque non avesse le fette di salame davanti agli occhi. Che i dirigenti del
PD – Renzi in primis – fossero sulla
luna, lo si era capito da un pezzo. Sono così alla fine riusciti a dilapidare
un capitale politico che forse era nato per caso, all’epoca della rottamazione
renziana, e che con ogni probabilità non si riformerà mai più. I segni
inascoltati sono stati innumerevoli. Bisognerebbe, tanto per promemoria,
ricordare la rissa interna permanente
che ha lacerato il PD per tutta la XVII legislatura, a cominciare dai 100
franchi tiratori e dall’affare Letta. Una serie di sconfitte elettorali tutte
sottovalutate, come la perdita della Liguria e del Piemonte. La sconfitta al
referendum per la riforma costituzionale, la scissione di MDP, la perdita della
Sicilia. Anche la legge elettorale non è stata un capolavoro. Non parliamo poi
della campagna elettorale: in gran parte inesistente.
E penosa quella esistente. Una
pessima immagine in un mondo dove ormai l’immagine è più o meno tutto. L’ultimissima
pessima immagine è stato il teatrino per
le candidature nei collegi: sembrava la fuga da Saigon, qualcuno se la
ricorda, con quelli che si aggrappavano agli elicotteri.
3. Nonostante i due
governi Renzi e Gentiloni - confrontati con i precedenti - non abbiano poi
governato così male, il PD non è stato affatto ricompensato dall’elettorato.
Non basta evidentemente continuare a distribuire cose come gli 80 euro o gli
svariati bonus. Non è bastato – all’ultimo
momento – l’intervento del ministro Minniti per contenere l’immigrazione. Non è
bastata, sempre all’ultimo momento, la firma dei contratti di molte categorie
da parte della ministra Madia. Non è bastato neppure il sostanziale
miglioramento della situazione economica che è avvenuto negli ultimi tempi. La
questione non è evidentemente di tipo
economico: tu hai continuato a distribuire soldi a tutti (magari anche un po’
a vanvera), la situazione economica è migliorata e quelli non ti votano!
Bisognerebbe farci un pensierino. Ormai però le analisi circa le cause delle sconfitte non sono più di moda. Sono
pronto a scommettere che anche questa volta non
ci sarà nessuna analisi seria sulle cause della sconfitta, che non siano le
solite chiacchiere.
4. Certo, molti sono
convinti che Renzi e Gentiloni abbiano fatto delle leggi che non erano di sinistra. Si citano spesso
il Jobs Act e la Buona scuola. E poi
la riforma costituzionale. Anche Minniti è stato accusato di essere un
fascista. Si sono sprecate disquisizioni su quanto fossero di destra o di
sinistra i diversi provvedimenti dei due governi (molti dei quali tuttavia
contrattati con la minoranza). Discussioni certo legittime, ma non fino al
punto da far vincere la parte avversa. Comunque, se Renzi e Gentiloni avessero
governato così male, se nel Paese ci fosse stata davvero quella enorme e
insoddisfatta domanda di politica di
sinistra che alcuni hanno continuato a sventolare, questa volta,
finalmente, gli elettori di sinistra insoddisfatti avevano la possibilità di
votare per LeU che era l’alternativa fresca. O per Potere al Popolo, che era un’altra
alternativa. Oltretutto dentro LeU ci stavano due personaggi – notissimi e
stimati - che hanno ricoperto la seconda e terza carica dello Stato. Pare
proprio invece che gli elettori – che in generale non sono esponenti del
finanzcapitalismo - non ne vogliano più sapere della sinistra, sia nella
versione PD, sia nelle alternative di LeU e di Potere al Popolo. Molti elettori
della sinistra hanno preferito votare per il M5S o per la Lega. Speriamo che
anche questa volta non si dia la colpa ai media.
E per favore non si dica “non abbiamo saputo intercettare,…” non vuol dire
nulla. Vedremo se il prossimo governo Salvini saprà fare qualcosa di sinistra.
5. Uno dei motivi
contingenti che ha portato a questo risultato elettorale è costituito da una
certa intelligenza degli elettori di centro sinistra. Poiché almeno da dopo la
scissione di MDP era chiaro che il PD sarebbe stato il terzo partito e non avrebbe avuto alcuna possibilità di guidare un
governo, allora molti elettori di sinistra hanno pensato – lo ha suggerito
esplicitamente D’Alema - che la scelta fosse quella del male minore, scegliendo
di appoggiare il M5S per contrastare il fantasma di un governo Salvini. È la
teoria del voto utile rivolta contro il PD medesimo. Forse era la scelta
giusta, per lo meno a livello tattico. E forse ha funzionato, perché se il M5S
fosse stato ridimensionato, oggi ci sarebbe un’unica possibilità, quella di un
governo Salvini.
6. Il fatto è che queste
elezioni non sono state tanto una valutazione dei governi di Renzi e di
Gentiloni. Sono state piuttosto una presa d’atto dell’inesistenza del PD come progetto politico e dell’inesistenza del
PD a livello locale. Nonostante le
regioni del Sud fossero governate in gran parte dal PD (spesso insieme alla
sinistra - sinistra) nelle regioni del Sud ha prevalso il M5S. Il PD ha perso
anche nell’Italia centrale, a favore della Lega e del M5S.
Quella del capace ceto amministrativo del PD è
ormai solo più una bella favola. Magari anche gli scandali sulle banche hanno
contribuito a svelare che la favola non c’è più. Il PD a livello locale – anche
con la tolleranza di Renzi – da tempo si era ormai popolato di mediocri
arrivisti ansiosi di intrufolarsi nei piccoli o grandi meandri del potere
locale. Finché tutti ci guadagnavano qualcosa – il famoso modello emiliano – la
cosa ha funzionato. Quando a guadagnarci erano solo più i soliti furbi, con le
loro politiche estrattive selvagge,
le cose hanno cominciato a cambiare.
Quando la misera posta in
gioco degli intrallazzi locali è diventata solo più appannaggio delle lotte tra
le correnti allora «la nostra gente» ha cominciato a capire che il meccanismo
non stava più in piedi. Si badi bene che, spesso, la cosiddetta sinistra -
sinistra non è stata da meno, pretendendo comunque sempre, in modo
ragionieristico, le rispettive quote. Così la moneta cattiva ha scacciato
quella buona. Il capitale sociale della sinistra è stato eroso e non è stato
più rimpiazzato.
7. Al degrado interno si è aggiunto il mancato
ricambio generazionale. I giovani
hanno votato in massa per il M5S. Chi è troppo impegnato a curare il proprio cursus honorum non può perdere tempo a
formare i giovani. E non si può pensare che il modello del far west tra le correnti possa costituire una buona scuola di
formazione dei quadri politici. Così, dopo il peraltro breve periodo dei bravi sindaci, è rimasto il vuoto, solo
una lunga lista di arrivisti mediocri
disposti a qualsiasi cosa pur di avere una seggiola con gettone di presenza. A
ciò va aggiunto il deterioramento delle persone: pressapochismo,
impreparazione, mancata selezione in base al merito, autoreferenzialità. Il PD
renziano si è illuso di fare il partito mediatico televisivo, di fare a meno della militanza locale e
così i ras con i loro cortigiani un
bel giorno si sono trovati da soli. E sono quegli stessi che vorranno
costituire ora il rinnovamento e l’alternativa a Renzi.
8. Il risultato elettorale
costituisce anche una pesante valutazione della sinistra - sinistra come progetto politico. Quelli di MDP,
Possibile e SI dovrebbero se non altro ritenere di avere raggiunto almeno uno
dei loro obiettivi, e cioè quello di avere salvato
l’Italia eliminando Renzi.[2] Purtroppo sembra che abbiano gettato il
bambino con l’acqua sporca. Il PD nel nuovo parlamento sarà inagibile per un
bel po’ (con un segretario dimezzato o senza segretario, senza una linea
politica, con un congresso da fare, magari a rischio scissione). Così, nel
regime proporzionale inaugurato da una legge elettorale promossa dal PD stesso,
le manovre per fare il nuovo governo le faranno gli altri. I dirigenti di LeU
hanno sempre negato fosse loro intenzione far perdere il PD e hanno sempre
dichiarato di volere far tornare al voto gli elettori delusi dalla politica del
PD, di dare finalmente uno spazio di espressione per «la nostra gente». S’è
visto bene che «La nostra gente» semplicemente non c’era. Se c’era, ha
preferito il M5S. La speranza della Volpe di sfasciare il PD per poi
riprenderlo in mano e farlo «più bello e più grande che pria» si manifesta
sempre più nella sua natura di delirio paranoide.
9. Non bisogna dimenticare
che la XVII legislatura si è retta sull’equivoco della «non vittoria» di
Bersani nel 2013 e che il PD ha potuto governare grazie al premio di
maggioranza del porcellum e a una
differenza appena dello 0,37% di voti in più rispetto alla coalizione di centro
destra. Sarebbe stato il caso di andare a nuove elezioni subito dopo due mesi.
In questo modo – tirandola in lungo per cinque anni - il M5S si è fatto le
ossa, nelle istituzioni e nel Paese, mentre il PD si è solo logorato e – non
soddisfatto - ha continuato a litigare al proprio interno su qualunque
provvedimento.
Si poteva nel frattempo riformare il partito – era del tutto
chiaro che non stava funzionando già fin da allora – visto che il tempo c’era.
Ricordo sempre la proposta di Fabrizio Barca; ricordo anche cosa è successo nel
PD romano qualche tempo fa. Ma si è preferito girarsi dall’altra parte e dare
spazio ai direttori (nel senso del direttorio)
dei ras locali che erano saltati sul
carro di Renzi. Fino all’incredibile scissione di MDP.[3] Così la nuova XVIII
legislatura partirà con la sinistra (tutta!) bastonata e in un angolo. Fra
cinque anni, la sinistra italiana, in tutta la sua enorme varietà di
espressioni, bisognerà andare a cercarla su Wikipedia.
10. Tutte le volte che il
PD perde ci sono quelli che spergiurano che con il Congresso cambierà tutto. Ci
siamo davvero rotti di aspettare i Congressi del PD. Dove in sostanza si fa la conta delle correnti e dove si
discute delle fluttuazioni del vuoto.
Di congressi se ne sono fatti tanti ma non è mai cambiato nulla, semplicemente
perché la materia prima è sempre la
stessa. Non si può fare il barolo con le rape. Vale sempre la regola per
cui la sinistra che perde non diventa mai migliore. E questo vale per il Pd
come per LeU. Questo lo abbiamo costatato molte volte a livello locale, ad
Alessandria. E a livello nazionale altrettante volte. La storia politica degli
ultimi decenni insegna che la sinistra, dalle sconfitte, non ha mai imparato niente. Gli sconfitti, possono solo peggiorare. Le sconfitte politiche, invece di essere,
come talvolta può accadere, occasioni di cambiamento e di crescita, alimentano
soltanto la selezione dei peggiori. E
poi i peggiori si esprimono.
Quelli che ci hanno fatto
perdere, per favore, non vengano a raccontarci che c’è da rifondare la sinistra o il centro sinistra. Non siete credibili.
11. E ora? Renzi –
annunciando le sue dimissioni da Segretario - ha detto orgogliosamente che il
PD starà all’opposizione. Renzi, dopo
avere proposto e votato una legge elettorale proporzionale, ragiona ancora come se stessimo in un regime maggioritario. Non capisce evidentemente
che, avendo qualche voto da spendere, ha comunque il dovere di partecipare al
processo di formazione del prossimo governo e quindi ha la responsabilità –
visto che non si riuscirà a fare un
governo incentrato attorno al PD – di spiegare se per il Paese è meglio un
governo della destra di Salvini, oppure un governo del M5S con Di Maio. E di
prendere quindi le necessarie misure in termini di schieramenti. Se non altro
per minimizzare i danni.
Dal punto di vista di chi
scrive è ovvio che si debba andare al più presto a parlare con Di Maio per
cercare di mettere in piedi un governo M5S – PD e con qualcun altro tra le
formazioni minori, se ci sta. Bisognerebbe prendere esempio dallo SPD tedesco.
Ma Renzi li legge i giornali? È evidente che a questa responsabilità il PD
renziano non risponderà mai. Piuttosto che prendere un’iniziativa azzardata è
meglio conservare le posizioni raggiunte e vivere
di opposizione. Aspettando che cosa?
Sento che la maggiore
obiezione a una trattativa con Di Maio sarebbe che il PD si appresterebbe con
ciò a perdere la propria identità.
Domanda: il PD ce l’ha mai avuta una identità? Questa identità è stata
coltivata e sviluppata, quando c’era il tempo per farlo? C’è rimasto qualcosa
che non abbiamo ancora buttato alle ortiche? Una battuta di Altan, tanto per
finire in bellezza, che potrebbe servire come guida per i venturi rifondatori
della sinistra resistente. Dice Altan: «Tanto più uno è un signor Nessuno,
tanto più è geloso della propria identità».
...
* Preciso che le mie
critiche ovviamente non si rivolgono a quegli ormai rari e sinceri militanti
del PD e delle forze coalizzate, di LeU e di Potere al Popolo che hanno cercato
ugualmente di salvare la nave che stava affondando, magari anche sbagliando
completamente prospettiva. Militanti per i quali ho il massimo rispetto. A
scanso di equivoci, per capire da dove viene la mia critica, preciso che – pur
turandomi il naso – ho votato PD.
Giuseppe Rinaldi
06/03/2018
Blog: https://finestrerotte.blogspot.it/
NOTE
[1] Mi permetto di segnalare in proposito due miei
recenti articoli, Voglia di perdere e
La teoria della sconfitta utile, pubblicati su Città Futura e sul mio blog
Finestrerotte.
[2] Vengono solo i brividi a pensare agli
allucinanti dibattiti di quando il povero Pisapia cercava di federare un
progetto di sinistra che avesse qualche credibilità.
[3] Su questo punto si veda il mio articolo di
analisi Cosa resterà della scissione del
PD? pubblicato su Città Futura e
sul mio blog Finestrerotte.