I
vari politologi fanno risalire al comportamento un po’ guascone di Matteo
Renzi, le cause della sconfitta elettorale di questo 4 marzo 2018. Un uomo solo
al comando attorniato da fedelissimi, sicuramente toscani e possibilmente
fiorentini, Poi il modo irriverente, per non dire sguaiato con cui è solito
trattare chi all’interno del partito dissente o lo critica: “Gente da
rottamare” o “Asfaltare” escludendoli da ogni coinvolgimento nelle scelte e
negli incarichi operativi. Le riunioni della Direzione che pur venivano
puntualmente convocate, erano contenute nei tempi, lasciando poco spazio alla
discussione e alla necessaria mediazione, limitandosi ad approvare la relazione
del segretario.
L’incanto
circa l’infallibilità del leader si era del resto infranto già con la sconfitta
registrata sul referendum costituzionale del dicembre 2016.
Tutto
questo ha sicuramente giocato in negativo sull’immagine del PD e del suo
segretario. Abbiamo dimezzato i voti e con essi i seggi alla Camera e al
Senato. Dal 2014, elezioni europee, al 2018 elezioni politiche il PD ha perduto 5 milioni
di voti passando da oltre 11 milioni a 6 milioni nel voto del 4 marzo, Siamo
scesi a 51 senatori. Il centro sinistra, considerando anche i 4 di LeU,
raggiunge 58 seggi. Alla Camera abbiamo 107 deputati che vanno a 116 con gli
alleati e raggiungono i 130 con i 14 di LeU. Negli anni ’90 il PCI, sempre con
il proporzionale, ne aveva esattamente il doppio. In pochi anni Matteo Renzi da leader più popolare è passato a
leader più impopolare
Il
Rosatellum sembrava giovasse al centro sinistra invece ha giovato a chi ha
preso più voti, vale a dire a Di Maio e Salvini.
Resta
tuttavia il fatto che la sconfitta si colloca in un contesto europeo che vede
tutte le forze si centro sinistra e moderate: dalla Spagna alla Francia,
all’Austria e alla Germania, cedere terreno in favore delle forze così dette
“Populiste”. L’analisi non può quindi limitarsi solo al profilo e ai difetti
caratteriali del leader che pur esistono e pesano in senso negativo.
La
lotta all’astensionismo, cavallo di battagli elettorale, in queste elezioni, del
movimento Liberi e Uguali, è stato in parte recuperato ma non da LeU, bensì dal
M5S e dalla Lega di Salvini. Il proposito politico di costituire dopo il voto
un partito di sinistra con l’obiettivo di fornire una rappresentanza politica
agli elettori che hanno abbandonato il PD, sembra tramontato alla luce del dato
elettorale. Per le nuove generazioni le parole sinistra e socialismo non
evocano nessun richiamo compatibile con l’attualità.
Le
forze di centro sinistra in Europa non sono attrezzate per far fronte ai
problemi posti dal fenomeno migratorio e dalla disoccupazione dilagante causata
dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica. Mentre i movimenti
populisti attaccano le forze di governo colpendo sia a destra che a sinistra:
contro i migranti, contro l’Europa, contro gli sprechi nella pubblica
amministrazione, la corruzione, contro la mala sanità, contro la mancanza di
sicurezza da furti, rapine e violenze di ogni tipo e propongono misure
drastiche, in pratica inattuabili, come l’espulsione di centinaia di migliaia
di migranti. Mentre, per far fronte alla disoccupazione non propongono lo
sviluppo economico e produttivo, bensì “Il reddito di cittadinanza”(1.638 euro
mensili per ogni famiglia con un disoccupato in casa), l’innalzamento delle
pensioni minime a mille euro al mese, mille euro al mese per ogni mamma; la riduzione
drastica delle imposte con aliquota unica al 23% (Berlusconi), 15% (Salvini
della Lega), senza specificare con quali risorse far fronte a queste spese,
ignorando per altro che il nostro debito pubblico supera ormai il 130% del
Prodotto interno lordo. Pura demagogia.
Di
contro, il centro sinistra si trova ad operare all’interno di un contesto imposto
in parte dai: vincoli di bilancio, concordati con l’Unione europea, dal diritto
internazionale per ciò che riguarda l’assistenza ai migranti e da chi fugge
dalle zone di guerra, da vincoli di carattere culturale ed ideologico: il
rispetto per ogni persona umana indipendentemente dal credo religioso e da
colore della pelle e dalle sollecitazioni della Chiesa sulla solidarietà e
l’accoglienza. Salvini in barba a tutti questi vincoli esterni giura sul
Vangelo e sul crocefisso che se diventa Presidente del Consiglio, la prima cosa
che farà sarà quella di organizzare aerei per riportare nei loro paesi
centinaia di migliaia di migranti. La destra populista con i M5Stelle hanno
spinto molto su questi tasti che sono poi i tasti dell’assistenzialismo e della
paura.
I
partiti di centro sinistra non possono utilizzare queste argomentazioni e, di
fronte all’opinione pubblica, in parte scossa dalla crisi economica e impaurita
dal disagio sociale, passano come forze politiche incapaci di fornire risposte
efficaci e risolutive e questi drammatici fenomeni epocali come l’emigrazione
di massa che sta scuotendo questa nostra fase storica e la globalizzazione
economica che provoca la così detta disoccupazione tecnologica. La maggioranza
della gente, purtroppo, segue chi alza la voce più forte e propone soluzioni
semplicistiche a problemi oltremodo complessi.
In
questa partita di portata storica gioca il fatto che non esistono più i partiti
tradizionali con il loro radicamento territoriale, solidaristico, ideologico,
culturale e pedagogico.
Gli
errori di alcuni politici, gli scandali e i fenomeni di corruzione passati e presenti
nella Pubblica Amministrazione, portati alla ribalta da magistratura e
giornalisti, nel corso degli anni, hanno alimentato la cultura
dell’antipolitica. Si potrebbe concludere che la politica si è impegnata a
distruggere i partiti come organizzazioni solidaristiche e collegiali. Il vuoto
lasciato dai partiti tradizionali è stato riempito da movimenti e partiti
personali d’impronta più autoritaria e necessariamente più demagogica.
La
demagogia è come la bolla speculata della borsa, prima o poi scoppia e si torna
brutalmente alla realtà.
Ci
auguriamo che in un prossimo futuro nuove generazioni sappiano riprendere in
mano i valori universalistici della giustizia sociale, della libertà e della
democrazia.
Alfio Brina