“Brutto
schifo”
era la conclusione cui perveniva la mia amica olandese, che non è mai riuscita
ad impossessarsi delle sfumature della nostra lingua, riassumendo con tratto
ecumenico tutto ciò che la contrariava, dal particolare all’universale. Ed è quel brutto schifo che
ogni giorno, come un rigurgito, mi dà la nausea.
Brutto
schifo è
cominciare a dubitare della magistratura, che con superficialità trascina
persone, infine innocenti, in cause interminabili da rovinare la vita, fa
perdere onore e credibilità, chiudere aziende mettendo i lavoratori sul
lastrico, e se non sei nessuno la tua pratica sta dimenticata in un faldone per
mesi o anni. E oggi sono i fatti di Norcia ad indignarmi quando dovrebbe
prevalere il buon senso, se incerto appare il male da appurare.
Brutto
schifo è
il giudice della Consulta cui come ad altri boiari di Stato, e nonostante gli
astronomici compensi, viene attribuita auto blu con autista carabiniere per
scarrozzare anche la di lui consorte.
Brutto schifo è la notizia di oggi
sull’ex magistrato Ingroia, del quale si apprendono convenienze e prebende
fuori misura al di là delle compromissioni penali dalle quali potrà anche
risultare estraneo… ma con l’aggravante del diletto di farsi un partito “di
sinistra” tutto suo alle più recenti tornate elettorali.
Brutto
schifo sono
i compensi astronomici degli assessori regionali in Sicilia, e non solo, a
botta di centinaia di migliaia di euro l’anno con una media oraria di lavoro di
quattro minuti se va bene.
Brutto
schifo è
sentire qualche neo eletto con consensi plebiscitari, nonché qualche blasonato
intellettuale assai presente nelle trasmissioni colloquiali, riconoscere i
vantaggi di un sistema elettorale con doppio turno alla francese, dopo aver
blaterato per mesi che un modello maggioritario sarebbe un attentato alla
democrazia.
Brutto
schifo è
trovarsi al Carlo Felice, nell’intervallo del primo atto del “Rigoletto”, e
guardare dall’alto l’immensa platea accendere all’unisono i cellulari da
sovrastare le luci di sala, alla ricerca ansiosa dei contatti temporaneamente
accantonati senza i quali parrebbe impossibile vivere. Tutti ossessionati,
giovani e meno giovani, dalle opportunità della rete da cui cogliere il
lato peggiore… e dalla medesima trasformati in un popolo d’imbecilli.
Meglio fermarmi qui.