Una riflessione amara sul naufragio della Giunta romana, ma anche una
forte (e problematizzante) denuncia del ruolo spesso distorto che nel Paese ha
il sistema mediatico.
Dunque alla fine Ignazio Marino ha ceduto. Lunedì 12
ottobre ha firmato le sue dimissioni (annunciate il giovedì precedente dopo una
giornata particolarmente convulsa) e posto fine così alla sua esperienza di
Sindaco di Roma, durata due anni e mezzo tra alti (pochi, invero) e bassi
(molti di più, purtroppo), tra polemiche
continue ed emergenze quotidiane, figlie di almeno un ventennio di sfacelo amministrativo (ben poco imputabile
all'ultimo inquilino di Palazzo Senatorio).
Difficile
dare un giudizio sereno nel merito della vicenda. Noi abbiamo ospitato Marino
nel maggio scorso qui in Alessandria per una conferenza presso l'Associazione Cultura e Sviluppo
dedicata alla presentazione del libro di don Damiano Modena sugli ultimi anni
del cardinal Martini (di cui il
sacerdote veneto fu segretario personale e l'ex-sindaco interlocutore
costante). Non avevo mai incontrato il Primo cittadino di Roma, e non ho
difficoltà a dire che mi ha fatto
un'ottima impressione. Particolarmente interessante il racconto del suo percorso professionale, che lo ha
portato ad essere un chirurgo di chiara fama, specializzato in particolare nei
trapianti di fegato. In molti si sono chiesti quella sera come mai Marino
avesse lasciato la sua professione per imbarcarsi nella missione impossibile di amministrare la Capitale. I fatti
dimostrano che probabilmente non è stata una scelta felice. Una persone
competente, profonda e dinamica, ma del tutto fuori contesto. Un
"marziano" in Campidoglio, come pure hanno detto - con opposta intenzione
- sostenitori e detrattori.
Gravi gli errori e le ingenuità di
Marino (non capita mica a tutti di far perdere la pazienza perfino al Papa..),
ma indegna, almeno dal mio punto di vista, la campagna mediatica che si è scatenata contro di lui. Ogni disfunzione
più o meno grande a Roma e dintorni gli è stata attribuita, senza
considerazione del declino inarrestabile che perdura da decenni; ogni giorno
una nuova polemica a mezzo stampa; una pressione e un assedio quotidiano partito essenzialmente dal fronte
"interno"; un imbarazzante commissariamento e l'imposizione (che
il Sindaco non avrebbe dovuto accettare) di tutori più che ingombranti, tra cui l'ultra bianconero
Stefano Esposito (che si è pure fatto vanto della sua gioventù ribelle segnata
dai cori da stadio contro romani e romanisti; davvero un fine stratega...),
paracadutato da Torino con tutte le sue medaglie guadagnate in una lotta
estrema a favore della TAV... Non aggiungo altri spiacevoli commenti per
evitare querele.
Personalmente
sono rimasto molto colpito dalla campagna davvero sguaiata portata avanti
contro il Sindaco Marino dal quotidiano
«la Repubblica». Un attacco costante, implacabile, smodato. Solo per fare
un esempio, mercoledì 7 ottobre compare un'intervista a un ristoratore romano,
con tanto di nome del locale e pubblicità gratuita, che con un certo disprezzo
dice che l'ex Sindaco si è recato lì per una cena nel luglio 2013 (però, che
memoria!) con la moglie, e non per lavoro, addirittura comprando una bottiglia di vino bianco da cinquanta
euro. Evidentemente "si tratta proprio bene". Ma scusate, questo Paese ha fatto passare qualunque
porcheria di un ex premier che si accompagnava a prostitute talora minorenni,
e si stigmatizza l'acquisto di una buona bottiglia di vino? Indubbiamente la nota spese di Marino era parecchio
pasticciata (forse, come spesso accade, pubblicata ex post con troppa disinvoltura), ed è giusto che a questo mal
costume si ponga un argine. Ma quante sono le persone che potrebbero finire nel
mirino per la stessa "disattenzione"? Perché non pubblichiamo la
"nota spese" di qualche firma più o meno importante del giornalismo
italico? Non facciamo nomi, scegliamone qualcuno a caso, giusto per vedere
l'effetto che fa..
Questo,
sia chiaro, non per dire che "così
fan tutti", in modo da non condannare nessuno. Ma per sottolineare soltanto lo sbilanciamento di certe campagne
mediatiche e lo strabismo di pennivendoli funzionali al sistema e servili
nei confronti del potente di turno. Sono i media ad aver amplificato a dismisura
il peso del ducetto leghista; è il silenzio di buona parte dei cosiddetti
intellettuali a lasciare campo libero all'arroganza del potere. Magari si spera nella giusta ricompensa: un invito
nella trasmissione di Fazio, il quale - gran ciambellano di corte - ha dato
egregia prova di sé nell'intervista di domenica sera al funambolico premier
toscano.
Ma
Ignazio Marino è stato un buon Sindaco
oppure no? Diciamo che, lontano da Roma e da un'esperienza diretta nella
quotidianità, non si hanno gli elementi necessari per trarre conclusioni
definitive. Conosciamo solo, e nel dettaglio, le sue spese di rappresentanza.
Molti amici romani ci dicono che non è stato un buon Primo cittadino, troppo
favorevole a politiche di stampo liberista, troppo spesso assente e all'occorrenza
spietato nel reprimere gli spazi occupati e le più vivaci esperienze di
movimento. Altri invece hanno un'opinione opposta, sottolineando come il
"marziano" abbia dato prova di grande dinamismo, con idee originali e
una forte sensibilità laica (che probabilmente gli è costata parecchio nei
rapporti non proprio sereni con il Vaticano), e abbia segnato soprattutto una
vera rottura con "Mafia capitale",
che in effetti aveva tra gli obiettivi quello di toglierlo di mezzo.
Niente
paura, ci ha pensato il Partito
Democratico, almeno in questo caso più efficace di Buzzi e Carminati... In
proposito, faccio mie una volta di più le parole del caro amico Marco Revelli:
«Ignazio Marino è un caso umano, di
rara ingenuità (a voler essere benigni) o stupidità (a voler essere malevoli),
ma il PD è il vero caso etico e politico,
coinvolto fino ai capelli nello scandalo Mafia Capitale, implicato nel
malaffare romano, corresponsabile del disastro amministrativo della città
nell'ultimo ventennio; è infame il tentativo di Renzi di scaricare il sindaco e
di salvare se stesso e il suo partito».
Riservando
ad approfondimenti successivi le ricadute, credo definitive, che il naufragio
della giunta romana avrà sul modello
politico del Centro-sinistra in tutta Italia, e osservando con sgomento lo
scenario che si andrà a delineare nella Capitale, mi pare opportuno ribadire ancora una volta il peso che in
questa vicenda ha avuto il sistema mediatico. E mi viene naturale un collegamento con il caso di Rosario
Crocetta, il governatore della Sicilia messo nel mirino da due
collaboratori del settimanale «l'Espresso» (è bene citare i nomi, Piero Messina
e Maurizio Zoppi; non ce ne vorranno, vista la loro "disinvoltura"),
ed esposto al pubblico linciaggio mediatico per aver taciuto, in una
conversazione telefonica, di fronte alle minacce mafiose che il suo medico
avrebbe rivolto alla figlia del giudice Borsellino. La vicenda è nota, e non
credo sia necessario riepilogarla. Resta il fatto che al momento quella
presunta intercettazione telefonica non è mai stata pubblicata e, anzi, la
Procura ha chiesto di condannare i due "giornalisti" per calunnia e
diffusione di notizie false.
Crocetta e Marino, cosa hanno in comune?
Non mi pare che siano molto vicini a Matteo Renzi.. E «Repubblica» e
«L'Espresso», hanno qualcosa in comune? Mi pare proprio di sì.. Non lo scrivo
tanto per fare della facile dietrologia, nel Paese dei "complotti" par
excellence. Ma per sottolineare
quanto importante e delicato sia il ruolo di chi fa (o dovrebbe fare) informazione
in questo Paese. Una stampa omolagata e strumentale al Potere (politico ed
economico) è quanto di più pericoloso ci possa essere per la vita democratica
della comunità.