A proposito di Argentina e non solo.
Caro Rodolfo (1), come sai, nel 2015 mi recai in Argentina per seguire le
elezioni presidenziali e ritornai con una brutta impressione a proposito del
ruolo svolto da certa "sinistra" pura e dura - a mio parere- parolaia
e velleitaria. Che cosa successe? Maurizio Macri (candidato di centro-destra)
vinse al secondo turno di ballottaggio con uno scarto di 1,5% rispetto a Scioli
(candidato peronista) espresso dal
Fronte para la Victoria
(PpV) che governava il Paese da 12 anni e con risultati apprezzabili, mai visti prima in Argentina, soprattutto
sul terreno delle politiche d’inclusione sociale, dei diritti umani, della
democrazia partecipativa, dell’occupazione e dell’adeguamento di salari e
pensioni, ecc, ecc.
Al primo turno, Cano, il candidato della
sinistra radicale, raccolse il 3,5% dei consensi, mentre quello socialista
l'1,5%. Insieme la sinistra totalizzò il 5% dei voti, determinanti della
vittoria dell’uno o dell’altro candidato
al ballottaggio che si giocava sul filo dei decimali.
In situazione del genere, una forza
autenticamente di sinistra, consapevole che la politica è l'arte del possibile,
non essendo riuscita da sola a raggiungere il traguardo elettorale, avrebbe
aperto una trattativa con il candidato più vicino dal punto di vista degli
interessi dei lavoratori, dei ceti più deboli. Lo so questa viene bollata come
politica del meno peggio. Ma il meno peggio è sempre preferibile al peggio! In
questo senso, Scioli, ch'era stato il più votato al primo turno, manifestò una
certa disponibilità ad accogliere nel suo programma di governo taluni
suggerimenti della sinistra.
Ma le cose non andarono come, razionalmente,
dovevano andare.
Mentre le formazioni minoritarie di centro
destra decisero di far confluire i loro voti su Macri, le due di sinistra,
sciaguratamente rifiutarono ogni trattativa e invitarono i loro elettori ad astenersi dal voto del ballottaggio, con
motivazioni che nessuno capì. In sostanza, forse, si preferì il “tanto peggio
tanto meglio”. A danno del popolo argentino.
Di fatto, l’astensionismo favorì la vittoria del
candidato di centro-destra, per altro di stretta misura. Se quel 5% fosse stato
orientato sul candidato del FpV, non avrebbe vinto Macri ossia il rappresentante
di una delle dinastie affaristiche più potenti, arricchitasi durante la
tremenda dittatura militare, portatore di un disegno chiaro di stampo
neoliberista, speculativo e socialmente vendicativo, che ha spalancato le porte
dell’Argentina alle multinazionali e alle corporazioni finanziarie
internazionali. Le conseguenze sono state (sono) pesanti in tutti i
settori dell’economia nazionale,
dell’occupazione, dei salari, dell’indebitamento pubblico, della crescita
vertiginosa dell’inflazione e del costo
della vita.
La sconfitta di Macri avrebbe risparmiato la
durissima prova (in corso) all’Argentina, ai suoi lavoratori che sono stati
ricacciati nell'inferno sociale da cui stavano uscendo. Tutto ciò era
prevedibile e previsto. Eppure prevalse l’incomprensibile scelta dell'astensionismo.
Sarebbe interessante sapere cosa dice e cosa fa
il “compagno” Cano di questi tempi. Non voglio fare cattivi pensieri, ma a
volte mi chiedo: c'è anche una "sinistra" canaglia?
Non solo in Argentina, ovviamente. (Bud. 12 agosto 2017)
(1) Rodolfo Ricci, Stati
Generali degli italiani all’estero.