Il futuro del centro-sinistra
Liberalismo a stop-and-go
Michele Filippo Fontefrancesco
Nei giorni a cavallo
di Natale e Capodanno, a livello regionale si è aperto un piccolo dibattito
sull’emendamento correttivo del codice degli appalti rivolto al mondo delle
aziende autostradali: un dibattito che guarda alle radici di quest’iniziativa
parlamentare ed al rapporto tra Stato ed economia.
Sulle colonne de “Lo
Spiffero”, mettevo in evidenza un’istanza di fondo che l’azione legislativa
apriva, un problema di un ventennio di enunciato liberalismo, ma in sostanza di
titubante avanti ed indietro tra liberalizzazione e chiusura (http://www.lospiffero.com/ls_ballatoio_article.php?id=26249). L’on. Bargero mi rispondeva (http://www.lospiffero.com/ls_ballatoio_article.php?id=2625) evidenziando l’attualità di uno dei temi propri dell’economia politica da
oltre due secoli; quello del se e come lo Stato debba regolamentare l’intraprendenza
privata, il mercato.
Oggi, così come ai
tempi di Ricardo, la riflessione è pressante perché ci si rende conto che molte
volte è la stessa azione politica ad aver creato e tutelato le occasioni in cui
i privati hanno sviluppato le loro attività. Però, da qui, l’analisi economica
si fa analisi sociale; viene dato un giudizio etico sul modo in cui un’impresa
consegue il proprio profitto; si esaminano le pratiche attraverso cui è
generato e, nella misura in cui è lesiva della salute della società, si va a
limitare l’azione dell’azienda attraverso leggi, norme e adempimenti. Ciò
facendo lo Stato, in quanto soggetto regolatore, è trasformato in attore morale
e moralizzatore della vita comunitaria. L’intervento chiarifica e attualizza
questo ragionamento, però non sembra dare risposta ad un’altra domanda, a me
molto più cara, legata a come l’Italia, a partire dagli anni Novanta ha
interpretato l’idea di liberismo.
Non condivido, per
esempio, l’idea di Nesi che qualche anno fa, nel suo Storia della mia gente, indicava nell’apertura al mercato globale,
probabilmente incauta, fatta dalle nostre istituzioni nell’ultimo ventennio, una
sorta di tradimento del mondo politico contro l’imprenditoria italiana, in
particolare il mondo della piccola e media impresa. Non penso, infatti, che si
sia astata alcuna precisa volontà politica di ledere agli interessi di un
settore della nostra società così ampio e importante. È altrettanto vero, però,
che non si sono compiutamente sviluppati gli strumenti necessari per limitare a
livello locale l’impatto sociale della concorrenza globale. Dati alla mano, per
esempio, il sistema NASpI è limitatamente usato come un’occasione di
riqualificazione professionale; siamo ancora lontani dall’organizzazione di un
sistema di formazione atto a garantire un’educazione permanente; il legame tra
scuola e mondo del lavoro resta accidentato e, a tratti, abborracciato; la
cultura di impresa non è patrimonio diffuso. Delineo questo stato dell’arte non
volendo colpevolizzare il mondo delle istituzioni, ancor più perché esso non è
un corpo avulso dalla società italiana ma ne è parte integrante ed espressione.
Indicando le forme del presente, però, capisco perfettamente perché la perdita
di posti di lavoro sia vissuta come un dramma da parte “della politica”. Non è
un tatticismo elettorale, come alcuni commentatori cinici tendono ad indicare.
È qualcosa di visceralmente umano; è la consapevolezza che una volta perso
l’impiego, fuori dalla porta, non ci sia un fantastico mondo di opportunità e
probabilmente neppure gli strumenti per creare quelle opportunità. È per questo
che di fronte al rischio della disoccupazione, “la politica” si attiva per dar
risposte ai lavoratori, a partire da un piccolo comune di collina, come può
essere il mio, alla realtà di Montecitorio e Palazzo Madama o quella di
Strasburgo. Si agisce anche a rischio di creare privati e pubblici cortocircuiti
ideologici, consapevoli che ieri si è agito ricoprendo il ruolo di paladini del
libero mercato ed oggi lo si va in qualche modo a restringere, regolare,
addomesticare l’impresa.
Guardando a questo
quadro e felicissimo di vedere centinaia di famiglie assicurate del proprio lavoro,
mi ripropongo la domanda circa il rapporto tra il Paese e liberismo e, seppure,
in questi anni di strada se ne sia fatta, ritrovo un’Italia nel guado con tanto
bisogno di strumenti concreti per trovare un via dove andare. Nei primi giorni
del 2018 sembra questa essere la vera sfida del domani, con qualche timore dato
il contesto e la storia che ci portiamo dietro.
04/01/2018 08:57:30
17.03.2018
Danilo Bruno
Ieri (il riferimento è al 14 marzo u.s.), a stare alle cronache di stampa, il
ministro allo sviluppo economico e neo-PD Calenda,che era presente a Bari
con Prodi a presentare il libro di Giovannini sull’utopia sostenibile, avrebbe
pronunciato, tra le altre cose, una importante affermazione: “ Serve un...
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14.03.2018
Mauro Fornaro
Qualche riflessione, più
di carattere psicologico che non politologico, sul crollo del PD da parte di un
“vecchio” simpatizzante. Classe dirigente e molti militanti del PD sembrano al
momento essersi arroccati sulla difensiva, sia a seguito degli attacchi
insistenti e insolenti della Lega e del M5S nel...
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13.03.2018
Mauro Calise (*)
Inutile, per il momento, affacciarsi sul crogiuolo
della crisi in corso. Troppe incognite ancora da sciogliere. E, soprattutto,
troppe spavaldissime mosse tattiche che dovranno cedere il passo a più miti consigli
– e consiglieri – strategici. Ma, quale che sarà la soluzione che alla fine
prevarrà,...
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12.03.2018
Egidio Zacheo
C'è smarrimento nel Partito Democratico e
a sinistra. La loro sconfitta è stata bruciante . Ma mentre quella del PD da
molti - diciamolo- era stata prevista da tempo, anche se non nelle proporzioni
verificatesi, una sorpresa generale ha destato quella di " Liberi e
Uguali". Vi è stata una polarizzazione...
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12.03.2018
Goffredo Bettini
"Articolo
proposto dal Cives Pier Luigi Cavalchini"
Abbiamo subito una sconfitta storica. Infatti, se ragioniamo
su un arco temporale ampio, balza agli occhi il rovesciamento di una anomalia
italiana. Negli anni '70 l'anomalia
consisteva nella forza elettorale di una sinistra comunista e socialista...
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10.03.2018
Franco Livorsi
Nel
mio articolo del 28 febbraio ultimo scorso, “L’Italia congelata” - scritto pochi giorni prima delle elezioni
politiche - motivando il mio voto a favore del PD - di cui ero e sono
totalmente convinto - esprimevo tutta la mia preoccupazione per la tenuta della
democrazia liberale e rappresentativa...
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09.03.2018
Filippo Boatti
La disfatta, questa volta finale, della sinistra era
purtroppo prevedibile e inevitabile, inevitabile perché la sinistra non ha
saputo né voluto reagire alla gabbia che le impedisce di sussistere. Certo si
può chiamare in causa una “questione morale” interna alla sinistra. E’ un fatto
vero, il mancato...
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08.03.2018
Alfio Brina
I
vari politologi fanno risalire al comportamento un po’ guascone di Matteo
Renzi, le cause della sconfitta elettorale di questo 4 marzo 2018. Un uomo solo
al comando attorniato da fedelissimi, sicuramente toscani e possibilmente
fiorentini, Poi il modo irriverente, per non dire sguaiato con cui è...
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07.03.2018
Carlo Clericetti (*)
Il seguente articolo comparso sul blog di "repubblica.it" curato da Carlo Clericetti è segnalato (e proposto alla lettura) dal civis Filippo Boatti....Due indagini del dopo-elezioni confermano quello che
chiunque abbia osservato con un po’ di attenzione quello che accade aveva già
capito, e che conferma...
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07.03.2018
Giuseppe Rinaldi
1. Dopo tanto impegno e
tanti sacrifici, il risultato tanto sperato finalmente è arrivato. Finalmente abbiamo perso.[1] E non poteva che
essere così. Siccome siamo stati particolarmente in gamba, abbiamo perso anche
in maniera pesantissima, inequivocabile, con cifre oltre ogni previsione. Da
capogiro....
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Alessandro
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I MARCHESI DEL MONFERRATO NEL 2018
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