Ci sono voluti i Quaderni neri[1] per scuotere dal loro beato torpore le schiere d’intellettuali nostrani che avevano abbracciato il pensiero di Heidegger considerandolo come l’unico pensiero autentico della nostra epoca, l’unico pensiero davvero radicale, capace di difenderci dal potere, dalla scienza,d alla tecnologia, dalla razionalità, dallo spaesamento e dall’alienazione. In verità non tutti si sono arresi all’evidenza e diversi fanno ancora resistenza, tentando futilmente la vecchia strategia di separare la biografia dall’opera, oppure tentando di sostenere che l’antisemitismo di Heidegger non era biologico ma culturale (come se la cosa fosse meno grave) oppure che la sua adesione al nazismo è stata solo una breve parentesi, oppure una «colossale stupidaggine» (grösste Dummheit), come l’ha definita lo stesso Heidegger.
Che il «pensiero» di Heidegger fosse aria fritta lo si poteva intendere fin da Sein und Zeit, senz’altro uno dei testi più sopravvalutati dell’intera storia della filosofia. Dopo il primo grave equivoco, che aveva indotto a considerare Heidegger un esistenzialista, di cui fu vittima anche un personaggio come Sartre, nel dopoguerra, nonostante la condanna e l’allontanamento dall’università del «pensatore» nazista, a ogni suo nuovo scritto, a ogni nuovo volume della Gesamtausgabe, sono costantemente aumentate le schiere degli appassionati e infervorati del suo pensiero. Fino all’esaltazione degli inqualificabili Contributi alla filosofia, salutati da alcuni Soloni nostrani come la più grande opera filosofica del XX secolo. Così è avvenuto che quasi tutte le correnti del pensiero continentale abbiano fatto a gara per connettersi al filo di Heidegger. Che dire dei “marxisti heideggeriani”, oppure delle “femministe heideggeriane”? E i fenomenologi? Che dire poi dei postmoderni in generale e dei debolisti in particolare che l’hanno venerato come un padre putativo? E tutte le correnti religiose che si sono abbeverate al linguaggio criptico mistico del profeta di Messkirch?
Ora, grazie alla pubblicazione dei Quaderni abbiamo la conferma esplicita di quanto alcuni coraggiosi avevano da tempo denunciato, attirandosi contumelie di ogni genere,[2] che non solo di aria fritta si trattava bensì di un articolato tentativo di fondazione filosofica del nazismo e dell’antisemitismo. Una vera e propria metafisica dell’orrore.La domanda che ci dobbiamo porre allora è come sia stato possibile questo colossale sbandamento dei cosiddetti filosofi continentali della seconda metà del Novecento. Certo, ognuno ha avuto i suoi buoni motivi contingenti per far finta di non vedere, per esaltare l’oscuro linguaggio heideggeriano, per giocare al ruolo del profeta. Tutti compromessi che oltretutto hanno fruttato lucrose carriere accademiche e letterarie. Col tempo la storia delle idee potrà essere ricostruita in dettaglio e si potrà far giustizia di tutti questi luminosi intelletti.
Intanto però noi pochi, che siamo restati ai margini di questa sbronza collettiva, sentiamo il bisogno di uno straccio d’interpretazione che dia conto di quel che è avvenuto in tutti questi decenni nel campo del pensiero continentale. Così, allargando appena un po’ lo sguardo, ci si può facilmente accorgere che il fenomeno Heidegger non è tutto merito soltanto di Heidegger. Esso è solo la punta dell’iceberg di una colossale reazione antimoderna cui hanno contribuito forze e componenti assai eterogenee che, come unico elemento comune, hanno il fatto di essersi trovate, loro malgrado, a fare i conti in modo inadeguato con cose come la rivoluzione industriale, il progresso tecnico scientifico, la società dei consumi, la società di massa, la democrazia, la crisi dei nazionalismi.
Per Heidegger l’ebreo rappresentava esattamente la sintesi di tutte queste cose, che egli rifiutava in blocco, di cui propugnava il superamento e la distruzione, in una specie di palingenesi totale che doveva dischiudere una nuova era della storia dell’essere. L’ebreo rappresentava il denaro, la macchina, la burocrazia, la razionalità calcolatrice, la logica, la scienza moderna, l’individualità, la democrazia, la perdita delle radici, la fine della comunità organica, lo straniero. Nel nazismo e nell’antisemitismo heideggeriani, occultati quanto basta per presentarsi come critica della modernità, c’erano insomma tutti i principali motivi caratteristicidei reazionari, dei conservatori, dei nostalgici del passato e dei nemici di ogni progresso, dei perpetratori di tutti i più orrendi crimini contro l’umanità. Il fatto è che, sconfitto il nazismo, la reazione antimoderna è proseguita tranquillamente, esattamene sull’onda degli stessi motivi di sempre, da cui la fortuna del secondo Heidegger. E prosegue ancora, tra l’altro, con un’inedita propagazione che sta avvenendo sotto i nostri occhi nel mondo islamico radicale.
La cosa più sconcertante è che questo insieme di motivi antimoderni ha accomunato molti sedicenti rivoluzionari pensatori di destra e di sinistra. La sinistra, che ha sempre vantato l’antifascismo, ha così finito per annoverare tra i suoi numi tutelari un «pensatore» che considerava i nazisti non abbastanza rigorosi e conseguenti, uno insomma che criticava i nazisti da destra. Di fronte a questa enormità non si può che prender atto del fatto che l’estrema sinistra e l’estrema destra hanno combattuto e combattono,i nsieme,e sattamente contro gli stessi nemici, contro gli stessi fantasmi, contro gli stessi mulini a vento. Che questi fantasmi siano poi riconducibili all’eterno ebreo – come ha mostrato accuratamente Heidegger nei suoi Quaderni neri - non può che essere un’ancor più amara costatazione, magari l’occasione per una sana presa di coscienza e per una seppur tardiva presa di distanza.
Ci troviamo in sostanza di fronte al caso di un’ennesima defaillance degli intellettuali, a un ennesimo tradimento dei chierici, di fronte a una colossale fuga dalla realtà di coloro che, invece, avrebbero avuto proprio il compito di addentrarsi nei suoi meandri per sottoporla al vaglio critico. Per dirla sempre con Heidegger, proprio di fronte a una colossale stupidaggine.
(http://finestrerotte.blogspot.it/)
OPERE CITATE
2014 Di Cesare, Donatella
Heidegger e gli ebrei. I “Quaderni neri”, Bollati Boringhieri, Torino.
2005 Faye, Emmanuel
Heidegger, l’introduction du nazisme dans la philosophie. Autour des séminaires inédits de 1933-1935, Albin Michel, Paris.Tr. it.: Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2012.
NOTE
[1] Nel 2014 sono usciti da Klostermann i primi tre volumi dei cosiddetti Quaderni neri di Heidegger, una specie di diario filosofico privato da lui tenuto puntualmente nel corso degli anni. I quaderni finora usciti riguardano il periodo compreso tra il 1931 e il 1941. Di questi volumi è imminente l’uscita in traduzione italiana. I Quaderni a quanto pare confermano in pieno, oltre ogni dubbio, quello che si era a lungo sospettato e cioè l’intrinseca indissolubile strutturale connessione tra il nazismo, l’antisemitismo e il pensiero del filosofo di Messkirch. Tra i primi resoconti del contenuto dei Quaderni e le prime riflessioni apparse in Italia abbiamo il recente Di Cesare 2014. Nel recentissimo n. 2/2015 di MicroMega si trovano tre saggi critici estremamente puntuali di Faye, Azzarà e Wolin. Il volume di riferimento sulla questione del rapporto tra il nazismo e la filosofia di Heidegger è Faye 2005.
[2] Cfr. Faye 2005.