Riforma contrattuale. Applicazione dell’articolo 46 della
Costituzione.
Coinvolgimento dei lavoratori nelle scelte aziendali. Regole
per la cogestione.
Sul lavoro, i temi dominanti della proposta di Matteo Renzi,
riguardano il superamento della proliferazione dei contratti, la cancellazione delle
norme sul precariato e l’introduzione di un salario minimo per giovani in
attesa di occupazione e per disoccupati. Pena la decadenza del diritto al
salario se le offerte di lavoro, proposte dalle varie agenzie, non vengono
accettate. Sul precariato, lo schema prevede un prolungamento del periodo di
prova, trascorso il quale, se il lavoratore soddisfa le esigenze aziendali,
l’assunzione diventa automaticamente a tempo indeterminato. Resta la
salvaguardia contro le discriminazioni politiche, religiose e di genere. l’Azienda può procedere a licenziamenti - come
del resto avviene tuttora - nel caso sorgessero difficoltà legate alla
produzione e all’andamento del mercato.
L’altro nodo riguarda i temi della democrazia economica che
consiste nella partecipazione finanziaria dei lavoratori a quote azionarie
della società, e alla cogestione come in Germania. In Germania, nel 1976,
durante il governo del cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt, venne
approvata la legge sulla cogestione dei lavoratori che includeva i sindacati
nei consigli di amministrazione delle imprese. In Italia, tale idea incontrò
resistenze tanto da parte padronale che da parte sindacale. Solo negli ultimi
anni, forme di dialogo sociale e di partecipazione economica dei lavoratori si
sono diffuse anche nel nostro paese, spesso per merito delle imprese tedesche
all’estero. In Veneto, la
Wolkswagen ha dato vita, con un contratto aziendale, al primo
esperimento italiano di cogestione. Tra le altre cose, l’esperienza tedesca,
permette ai lavoratori di gestire l’organizzazione produttiva aziendale secondo
le esigenze del mercato: nei momenti di forte domanda le ore lavorative vengono
incrementate, salvo ridurle durante i periodi di contrazione della medesima.
L’accordo prevede, naturalmente, la distribuzione di una quota degli utili ai
dipendenti legata alla produttività aziendale raggiunta. Il sistema ha
consentito all’economia tedesca di ridurre al minimo le conflittualità e di
reggere con successo, in particolare sul fronte della qualità del prodotto, la
competizione internazionale.
D’altra parte, in una fase di forte concorrenza, non solo
dal lato dei costi e dei prezzi ma soprattutto della qualità, il sistema
produttivo e le relazioni sindacali, più che focalizzarsi su momenti di
conflittualità, debbono incentrarsi su rapporti che valorizzino la qualità del
prodotto, presupposto per garantire la stessa stabilità occupazionale.
Un segnale importante sta giungendo dal fronte governativo
con il Piano di privatizzazione delle Poste che prevede la cessione gratuita di
una quota di azioni ai dipendenti (circa 150 mila) che entreranno nel capitale
aziendale dando vita ad una nuova esperienza di “democrazia economica”.
La proposta del governo Letta arriva pochi giorni dopo una
risoluzione del Parlamento europeo (16 gennaio 2014), che ha invitato i governi
a favorire la partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa. In Europa
circa il 25% delle aziende adottano schemi di profit sarin (ripartizione dei
profitti).
Le nuove tematiche pongono i sindacati, in particolare la CGIL, di fronte ad un bivio:
recuperare, sulla base dell’articolo 46 della Costituzione un ruolo di
co-protagonisti nelle scelte di cambiamento, oppure, difendere ad oltranza lo
status quo, che poi significa arroccarsi su una linea di conservazione
difensiva.
Nel Passato la
CGIL di Lama e Trentin dette prova, attraverso la
concertazione contrattuale, di condividere gli orientamenti delle
socialdemocrazie continentali, ma poi, scomparsi i due autorevoli dirigenti, di
fronte alle trasformazioni determinate dalla globalizzazione, nel sindacato
maggioritario finì col prevalere una linea più massimalista di lotta e di
contrapposizione a difesa delle conquiste ottenute nei decenni passati. Ci
auguriamo che l’imminente congresso della CGIL operi una svolta significativa.
I tempi sono maturi. Questo consentirebbe di rendere più solidi e duraturi i
presupposti della stessa ripresa economica.
Per uscire definitivamente dalla crisi, Partiti e Sindacati
debbono guardare in avanti, esaltare i momenti di stabilità e di convergenza
sociale, estendere anche nel nostro paese forme di “democrazia economica”.
Alfio Brina
Art.46 Cost.
“Ai fini della
elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenza della
produzione, la Repubblica
riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti
stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.