Beirut 1981. Ecco cosa ci disse Abu Ayad sulla strage di Bologna (2 agosto 1980)
Nel marzo 1981, Abu Ayad capo dei servizi di sicurezza dell'Olp,
ricevette nella sua abitazione di Beirut, una delegazione parlamentare unitaria
(DC, PCI, PSI, PDUP, PR) così composta:
"La delegazione, in missione in Libano, incontrò
Abu Ayad il 5 marzo 1981. Era guidata dall’on. Giuliano Silvestri (Dc) ed era
composta da Andrea Borri e Francesco Lussignoli (Dc), Guido Alberini e Giorgio
Mondino (Psi), Agostino Spataro e Alessio Pasquini (Pci), Aldo Ajello (Partito
radicale), Eliseo Milano e Alfonso Gianni (Psiup). Al seguito della delegazione
parlamentare, vi erano quattro giornalisti: Igor Man (La Stampa), Maurizio
Chierici (Il Corriere della Sera), Domenico Del Giudice (Ansa) e Vincenzo Mussa
(Famiglia Cristiana). All’epoca, presidente della Commissione Esteri della
Camera era l’on. Giulio Andreotti." (da
documentazione Commissione parlamentare d'inchesta Mikrotin)
Un incontro difficile da dimenticare non solo per gli argomenti trattati,
ma anche per un episodio indicativo della tensione, del clima di violenza,
d'intrigo che si respiravano a quel tempo a Beirut.
Successe che, mentre consumavamo un sobrio pasto a base di cous cous,
udimmo un forte botto provocato dall'esplosione di una bomba collocata
all'interno di un'auto posteggiata proprio davanti il portone dell'abitazione
del nostro ospite.
Ayad, con un sorriso appena accennato, ci rassicurò: "questo é il
saluto degli israeliani alla delegazione italiana".
Nel corso dell'incontro chiedemmo eventuali notizie relative alla terribile
strage della stazione di Bologna. Il dirigente palestinese ci disse che avevano
già trasmesso le informazioni in loro possesso alle autorità italiane (servizi)
presenti a Beirut. Ci fece un sunto (che grosso modo é quello che dichiarò
nell'intervista a Rita Porena- vedi sotto).
Al suo rientro in Italia, per prima cosa, la delegazione trasmise un
documento unitario informativo alla Procura della Repubblica di Bologna la
quale provvide a interrogarci nel merito, presso la Camera dei Deputati.
Il contenuto del colloquio fu pubblicato dai giornalisti al seguito e da
altri organi di stampa itaiani e stranieri.
Per chi non ricorda. Abu Ayad fu ucciso, a Tunisi, 10 anni dopo, da un commando
israeliano venuto dal mare. Tuttavia, tale brutale assassinio non sembra avere
avuto a che fare con la vicenda di Bologna.
I brani seguenti sono tratti da: "Commissione parlamentare
d’inchiesta concernente il “dossier Mitrokhin” e l’attività d’intelligence
italiana. Relazione: sul gruppo Separat e il contesto dell’attentato del 2
agosto 1980." (sito: camera.it)
Questa commissione, a maggioranza di centro destra, tentò di ipotizzare, di
accreditare una "pista palestinese". Tale "pista, non
trovò conferma nelle diverse inchieste giudiziarie, nelle sentenze definitive
relative alla strage di Bologna.
Comunque sia, trattandosi di documenti parlamentari ho pensato di proporne
alcuni brani, ribadendo che non si tratta di atti giudiziari ma di
documentazione prodotta da una maggioranza politico-parlamentare di
centro-destra.
Nonostante le sentenze della magistratura, oggi, taluni vorrebbero
riproporre quella "pista", anche contro il punto di vista
dell'Associazione dei familiari delle vittime che la considera una perdita di
tempo, al limite deviante.
Sperando che un giorno si potrà far piena luce sull'orribile strage,
desidero ribadire l'immutato cordoglio per le vittime innocenti della stazione
di Bologna e la più sincera solidarietà ai loro familiari e alla città di
Bologna.
(Agostino Spataro- già membro delle commissioni Esteri
e Difesa della Camera dei Deputati)
Testo dei brani ripresi dalla citata Commissione d'inchiesta :
“…. La circostanza così riferita dai magistrati di Bologna, con la quale si
circoscrive la cosiddetta “pista libanese” al “sospetto di responsabilità
dell’OLP palestinese” nell’attentato alla stazione ferroviaria, è errata e
smentita sulla base degli stessi rilievi probatori ormai oggetto di giudicato.
È vero, invece, il contrario Trascriviamo qui di seguito le valutazioni dei
giudici istruttori di Bologna
che si sono occupati delle indagini sull’attentato del 2 agosto 1980, così
come rassegnate nel capitolo 6°, intitolato “Le attività di copertura e
sviamento compiute da alcuni settori dei servizi di sicurezza” (pag. 780 e
seguenti) 13 dell’ordinanza sentenza di rinvio a giudizio sulla
strage di Bologna, proc. pen.344/A/80 contro Dario PEDRETTI e altri imputati di
strage e altro:
A pochi giorni di distanza dall’emissione degli ordini
di cattura nei confronti di numerosi imputati (avvenuta il 26 agosto 1980),
comparve sul Corriere del Ticino il 19 settembre 1980 un’intervista resa da Abu
AYAD, esponente dell’OLP alla giornalista Rita PORENA.
•
In tale articolo, Abu AYAD, uno dei capi di Al FATAH
rispondendo alle domande della giornalista dichiarava testualmente:
“Un anno fa siamo stati informati dell’esistenza di
campi di addestramento per stranieri tenuti dai Kataeb nei pressi di Aqura,
nella zona est (da Beirut nord est fino a 20 km da Tripoli), controllata dalle
destre maronite. Abbiamo fatto un’indagine per appurare la nazionalità degli
ospiti dei campi e siamo riusciti ad entrare in contatto con due tedeschi
occidentali che avevano preso parte all’addestramento e che in questo momento
si trovano a Beirut presso di noi. Da loro abbiamo appreso che nel campo di Aqura
sono stati addestrati vari gruppi, per un totale di circa 30-35 persone, tra
cui italiani, spagnoli e tedeschi occidentali. Il responsabile del gruppo
tedesco si chiama HOFFMANN, e da lui abbiamo saputo che era in arrivo un altro
gruppo di tedeschi.
Allora abbiamo deciso di tendere un agguato e abbiamo
catturato nove persone che in questo momento si trovano presso di noi, ma che
non sono nostre prigioniere. Dai tedeschi abbiamo appreso che circa undici mesi
fa nel campo di Aqura il gruppo aveva discusso con gli italiani la strategia
per restaurare il nazifascismo nei loro Paesi ed erano arrivati alla
conclusione che l’unica via sarebbe stata l’attacco contro le istituzioni più
importanti. I fascisti italiani hanno affermato che il loro maggior nemico è
rappresentato dal Partito comunista e dalla sinistra in generale e che perciò
avrebbero cominciato le loro operazioni con un grosso attentato nella città di
Bologna, amministrata dalla sinistra. Quando è avvenuta la strage abbiamo
subito messo in relazione l’attentato con quanto avevamo appreso sui progetti
degli italiani nel campo di Aqura.
Al momento opportuno faremo in modo che i tedeschi
rendano pubblico tutto quello che hanno visto e udito nei campi di
addestramento, compresi i nomi ed il numero degli italiani che erano con loro.
Da parte nostra abbiamo provveduto a tenere al corrente le autorità italiane,
alle quali abbiamo dato i nomi degli italiani di Aqura. I nomi,probabilmente,
non sono precisi, perché i tedeschi li hanno citati basandosi solamente sulla
loro memoria, ma credo che per le autorità italiane non sia difficile riuscire
ad identificare le persone. È certo che si tratta di fascisti che appartengono
ad organizzazioni conosciute. Se le autorità italiane avessero messo in
relazione le informazioni avute da noi con le altre in loro possesso, avrebbero
avuto un quadro chiaro della situazione...”
Già il quotidiano La Repubblica , del 17 settembre
1980, aveva pubblicato un trafiletto nel quale veniva riportata una
dichiarazione di certo Salah KHALAF, del seguente tenore: “Abbiamo documenti
che provano il coinvolgimento falangista nell’esplosione di Bologna”.
•
Con eccezionale tempismo, il 20 settembre 1980 il
procuratore della Repubblica di Bologna, in persona del suo capo Ugo SISTI,
trasmetteva mediante corriere richiesta di informazioni al SISDE, in relazione
alla notizia Ansa che riportava la sostanza delle dichiarazioni rese da Abu
AYAD.
•
Il 21 ottobre 1980, il CESIS riferiva sulla questione.
Alla nota era allegato un appunto nel quale erano riportati termini
dell’intervista di Abu AYAD a Rita PORENA. Veniva allegato anche un altro
appunto contenente dichiarazioni di un portavoce falangista che smentiva le
rivelazioni di Abu AYAD, definito un “grande mentitore”. In tale appunto,
veniva altresì riferito, per la prima volta, che Abu AYAD altro non era che il
nome di copertura di Salah KHALAF.
•
Che la questione venutasi a creare fosse particolarmente ambigua non sfuggì
agli inquirenti. Il 4 novembre 1980, infatti, il pubblico ministero, dott. Claudio
NUNZIATA, richiese l’esame diretto della giornalista Rita PORENA e del
sottosegretario alla presidenza del Consiglio, on. Francesco MAZZOLA , al fine
essenziale di verificare l’esatta cronologia e la natura dei fatti.
16- Vedi doc. 221.1, fascicolo “O” intestato a
Salah Khalaf, nome di battaglia di Abu Ayad,
membro del Consiglio centrale dell’Olp e responsabile
per Al Fatah dell’apparato per la Sicurezza nazionale nonché addetto
all’attività informativa in Europa e Medio Oriente, assassinato a Tunisi il 15
gennaio 1991.
17 Sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega per
i servizi di informazione e sicurezza.
•
Il passaggio decisivo avvenne, tuttavia, nel gennaio del 1981, quando, come
si vedrà, era già in atto la parallela manovra “depistante” dell’esplosivo
Taranto
-
Milano. Il 30 gennaio 1981, infatti, veniva trasmesso al procuratore della
Repubblica di Bologna un appunto concernente le risultanze degli accertamenti
condotti dal SISMI sulla vicenda. L’appunto era datato 23 gennaio 1981 e
forniva una serie di notizie, partendo proprio dalle affermazioni di Abu AYAD e
riportava l’esito di un presunto incontro con due tedeschi che avrebbero
frequentato il campo di addestramento falangista.
•
In sostanza, nessun esito concreto e una serie di indicazioni vaghe e non
suscettibili di verifica tali da porre i magistrati nella difficile posizione
di dover valutare l’attendibilità di spunti informativi più che di indicazioni
precise ed esaurienti.
•
Ai primi di marzo del 1981, la “pista libanese”
riprese nuovo impulso a seguito della visita a Beirut di una delegazione di
parlamentari italiani , ai quali Salah KHALAF dichiarò di aver fornito alle
autorità italiane elementi di prova sulla responsabilità dei neofascisti che si
addestravano in Libano.
•
Al rientro dalla visita in Libano, alcuni parlamentari
facenti parte della delegazione riferivano alla stampa il contenuto del
colloquio avuto con l’esponente palestinese e l’intera stampa nazionale
diffondeva, pertanto, la notizia.
•
Il 7 marzo 1981, quale diretta conseguenza di queste
dichiarazioni, il giudice istruttore richiedeva al SISDE di riferire se
rispondeva al vero che il Servizio era stato contattato dall’OLP nei termini
riferiti dai parlamentari e, ovviamente, il 25 marzo 1981 il SISDE asseriva di
non aver avuto contatti con l’OLP
La pubblicazione di un articolo sul settimanale Panorama, a firma di Pino
BUONGIORNO, il 23 marzo 1981, relativo ai nomi di estremisti di destra che
avevano trovato rifugio in Libano
produceva l’effetto voluto, perché il 24 marzo 1981 i giudici istruttori
indirizzavano al BKA una richiesta di informazioni sulla identità dei cittadini
tedeschi addestrati in Libano nell’estate del 1980 cui le autorità federali
rispondevano con nota in pari data.
18- La delegazione, in missione in Libano,
incontrò Abu Ayad il 5 marzo 1981. Era guidata dall’on. Giuliano Silvestri (Dc)
ed era composta da Andrea Borri e Francesco Lussignoli (Dc), Guido Alberini e
Giorgio Mondino (Psi), Agostino Spataro e Alessio Pasquini (Pci), Aldo Ajello
(Partito radicale), Eliseo Milano e Alfonso Gianni (Psiup). Al seguito della
delegazione parlamentare, vi erano quattro giornalisti: Igor Man (La Stampa),
Maurizio Chierici (Il Corriere della Sera), Domenico Del Giudice (Ansa) e
Vincenzo Mussa (Famiglia Cristiana). All’epoca, presidente della Commissione
Esteri della Camera era l’on. Giulio Andreotti.