Il testamento di Schaeuble disereda un'Italia che
pensava di aver conquistato il diritto ad avere qualcosa. Comprensione,
apprezzamento, flessibilità sui suoi conti pesanti di debito.
Ci si illudeva, a Roma. E invece l'ex ministro delle
Finanze tedesco di Angela Merkel, prima di chiudersi nella cupola di cristallo del Bundestag dove vigilerà
su AfD in qualità di presidente, ha mantenuto fede alla sua fama di falco che
la accompagna da quando da consigliere di Kohl lo diffidava dal fidarsi di Roma
partner stabile della moneta unica. E ha presentato il conto sotto forma di testimonianza alla sua ultima partecipazione
all'Eurogruppo. La ricetta per il futuro dell'Eurozona dell'uomo che
lascerà il posto presumibilmente ad un altro inflessibile tutore dei
conti, ma di fede liberale nel Merkel IV, ha il sapore amaro di
una rivincita postuma per chi voleva piegare i Pigs dall'indebitamento facile e
non ci è riuscito.
Nessun debito condiviso, nessuna assicurazione per un
reddito di solidarietà europeo, nessun bilancio comune, ma solo una nuova
stretta occhiuta sui conti pubblici e la pericolosa trasformazione dell'Esm, il
Fondo salva-stati, in Fondo monetario europeo, che aiuterà solo chi apre le
porte di casa e del governo alla Troika.
Lascia perplessi ma non stupiti (se uno è falco non
muore colomba) questo testo "non paper" di Schaeuble perché sembra
che il tempo non sia passato. Come se la Grecia non fosse un problema creato
dalle banche tedesche e trasformato in sindrome europea, costata tre volte il
dovuto per la lentezza dell'intervento di Berlino. Come se i surplus reiterati
della Germania, tale che il suo saldo dell'export oggi è poco meno della metà
di quello del gigante cinese, non fossero da sanzionare veramente, piuttosto
che meritevoli del solito buffetto che da anni gli regala Bruxelles. E come se
il problema europeo si risolvesse con i soliti compiti a casa, dettati dai
sacerdoti stavolta del neonato Fme, pena la fine della flessibilità sui conti,
piuttosto che con una maggiore integrazione politica.
Se davvero è questa l'Europa che immagina Berlino,
fatta di zero condivisione, persino sulla tutela dei depositi, fondamentale
invece per l'Unione bancaria e impostata sulla gestione muscolare in Eurogruppo
dei rapporti con i partner europei, verrebbe voglia di indire un referendum
alla catalana, questo sì, ma certo non per uscire scriteriatamente dallo Stato,
ma per marcare la differenza da un'Unione Europea, che così come la vogliono i
tedeschi resta un condominio con un unico capo scala. Il loro. Troppo vecchia e
troppo brutta come impostazione per crederla vera, se non fosse che lo stesso
Fiscal Compact prevede per chi non rispetta la regola del debito un tutoraggio
molto simile a quello prospettato dall'uomo che ha messo paura a mezz'Europa.
Il monito di Schauble forse è destinato a restare
tale, ma sarebbe molto pericoloso prendere sotto gamba le palesi intenzioni
autarchiche e "austeriche" di chi ha appena annunciato ai partner il
nuovo progetto egemonico made in Germany.
…
Roberto Sommella
Direttore Relazioni Esterne Antitrust, fondatore de La Nuova Europa (prima pubblicazione: "uffington Post"