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Economia
Schaeuble disereda l'Italia
Roberto Sommella


Il testamento di Schaeuble disereda un'Italia che pensava di aver conquistato il diritto ad avere qualcosa. Comprensione, apprezzamento, flessibilità sui suoi conti pesanti di debito.

Ci si illudeva, a Roma. E invece l'ex ministro delle Finanze tedesco di Angela Merkel, prima di chiudersi nella cupola di cristallo del Bundestag dove vigilerà su AfD in qualità di presidente, ha mantenuto fede alla sua fama di falco che la accompagna da quando da consigliere di Kohl lo diffidava dal fidarsi di Roma partner stabile della moneta unica. E ha presentato il conto sotto forma di testimonianza alla sua ultima partecipazione all'Eurogruppo. La ricetta per il futuro dell'Eurozona dell'uomo che lascerà il posto presumibilmente ad un altro inflessibile tutore dei conti, ma di fede liberale nel Merkel IV, ha il sapore amaro di una rivincita postuma per chi voleva piegare i Pigs dall'indebitamento facile e non ci è riuscito.

Nessun debito condiviso, nessuna assicurazione per un reddito di solidarietà europeo, nessun bilancio comune, ma solo una nuova stretta occhiuta sui conti pubblici e la pericolosa trasformazione dell'Esm, il Fondo salva-stati, in Fondo monetario europeo, che aiuterà solo chi apre le porte di casa e del governo alla Troika.

Lascia perplessi ma non stupiti (se uno è falco non muore colomba) questo testo "non paper" di Schaeuble perché sembra che il tempo non sia passato. Come se la Grecia non fosse un problema creato dalle banche tedesche e trasformato in sindrome europea, costata tre volte il dovuto per la lentezza dell'intervento di Berlino. Come se i surplus reiterati della Germania, tale che il suo saldo dell'export oggi è poco meno della metà di quello del gigante cinese, non fossero da sanzionare veramente, piuttosto che meritevoli del solito buffetto che da anni gli regala Bruxelles. E come se il problema europeo si risolvesse con i soliti compiti a casa, dettati dai sacerdoti stavolta del neonato Fme, pena la fine della flessibilità sui conti, piuttosto che con una maggiore integrazione politica.

Se davvero è questa l'Europa che immagina Berlino, fatta di zero condivisione, persino sulla tutela dei depositi, fondamentale invece per l'Unione bancaria e impostata sulla gestione muscolare in Eurogruppo dei rapporti con i partner europei, verrebbe voglia di indire un referendum alla catalana, questo sì, ma certo non per uscire scriteriatamente dallo Stato, ma per marcare la differenza da un'Unione Europea, che così come la vogliono i tedeschi resta un condominio con un unico capo scala. Il loro. Troppo vecchia e troppo brutta come impostazione per crederla vera, se non fosse che lo stesso Fiscal Compact prevede per chi non rispetta la regola del debito un tutoraggio molto simile a quello prospettato dall'uomo che ha messo paura a mezz'Europa.

Il monito di Schauble forse è destinato a restare tale, ma sarebbe molto pericoloso prendere sotto gamba le palesi intenzioni autarchiche e "austeriche" di chi ha appena annunciato ai partner il nuovo progetto egemonico made in Germany.

Roberto Sommella Direttore Relazioni Esterne Antitrust, fondatore de La Nuova Europa  (prima pubblicazione: "uffington Post"

11/10/2017 21:52:20
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