CAPO IX
Segue la cronologia di casa Ceva secondo il Moriondo ed altri
Il teologo Gio. Batt. Moriondo nella parte seconda della sua opera intitolata Monumenta Acquensia compilò due tavole genealogiche dei marchesi di Ceva. La prima sotto il numero VI a col. 805 ha per istipite Anselmo primo marchese di Ceva, si estende sino alla sesta generazione, in cui figurano Oddone III Bonifacio V, Manuele II e Francesco II. La seconda sotto il numero VII col. 809 incomincia da Guglielmo II terzo marchese di Ceva, che fiorì nel 1197. Lasciò morendo dieci figli per nome Giorgio I, Bonifacio I, Manuele, Benedetto, Leone, Guglielmo III, Oddone, Michele, Pagano e Raimondo. Alla quarta generazione di questo Guglielmo II si trovarono diecinove marchesi contemporaneamente, i di cui nomi sono: Bonifacio, Oddone, Manfredo, Matteo, Gabriele, Guglielmo, Giorgio, Francesco, Corrado, Antonio, Enrico, Francesco, Bauduino, Giacomo, Enrio, Giacomo, Guglielmo, Oberto e Gioanni.
Il professore Casalis nel suo Dizionario storico dà un elenco dei primi marchesi di Ceva, coll`epoca approssimativa del loro rispettivo dominio che è del tenore seguente: " Anselmo figliuolo quartogenito di Bonifacio di Savona del Vasto circa il 1142; Guglielmo I, 1178 ; Guglielmo II, 1197; Giorgio I, 1219; Giorgio II il Nano, 1268; Bonifacio I, 1324; Cristoforo I, 1386; Ottone I, 1414; e Galeazzo I, 1530."
Verso il fine del secolo XV eransi già fatte tante divisioni di questo marchesato, che non è ben certo qual ramo della famiglia dei Ceva ne fosse allora, e si considerasse come il principale.
Passa quindi il Casalis a dare notizie particolari dei marchesi di Ceva che noi ommetteremo per ora potendosi questo leggere nel citato Dizionario a pag. 488 e seguenti, ed anche per non ripetere molte cose che già si dissero, e che si diranno in appresso. Siccome però le memorie che si pubblicarono dal Casalis furono ricavate dai documenti raccolti specialmente dal succitato signor teologo Moriondo e dall`abbate Sclavo, e dal canonico Grassi, sarà cosa ben fatta dar di questi un succinto ragguaglio.
Trenta sono i documenti del Moriondo che parlano del marchesato di Ceva. Il primo è del mese di luglio 1188, e contiene una donazione fatta da Guglielmo marchese di Ceva, fu Anselmo, alla Chiesa di Casotto, condonando a quei Certosini i debiti che avevano contratto coi suoi antenati, e provvedendo alla loro sussistenza, cedendo loro gratuitamente alpi e vigneti. L`ultimo in data 21 gennaio 1379 porta il seguente titolo: Consilium Antonii de Carlino I. C. super quaestionem inter D. Iohannem de Ceva, et sindicos Castellini, solvendum ne sit frodum, in florenis de fabbrica Cevae, an de Florentia apud Eq. J. B. Vascum a Bastita.
Sette di questi documenti cioè il n° 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 13, furono somministrati al Moriondo dall`abbate Sclavo. Altri sette si ricavarono dai regi archivi, ed i restanti da monsignor Della Chiesa, dagli archivi dei marchesi Ceva di S. Michele, Ceva della Bosia, e dell`abbate Grassi di S. Cristina ecc.
Nei manoscritti dell`abbate Sclavo oltre i sovra citati, si trovano due altri documenti che non si trovano nel Moriondo. Il primo porta la data delli 4 febbraio 1299, ed è una convenzione fatta dal marchese Guglielmo Ceva e figli col marchese Nano. In forza di questo il marchese Guglielmo cede al marchese Nano i diritti che ha su Garessio, Provinea, Mursecco, Ceresole, Bagnasco, Bardinetto, Ormea, Monasterolo, Montezemolo, Massimino, Castelnuovo, Bastita di Carassone, Castelvecchio e Castelbianco, ad eccezione dei diritti su Ceva, Roasio e Priola cujus castri Bastita pactum est ut destruatur.
Il secondo in data 14 luglio 1487 è del tenore seguente: Actum in Montebaxilio in castro dicti loci, in sala domorum bassarum de supra coquinam in praesentia D. D. Georgii et Aimonis marchionum Cevae etc. D. Guglielmus natus egregii et potentis D. Georgini marchionis Cevae, nomine et vice praedicti patris sui, constituit suos procuratores nobiles et circumspectos viros D. D. Lodovicum Biglionum, et Matinum Fauzonum de Monteregali, ad transigendum et ad paciscendum cum quocumque domino, et praesertim cum universitate Montisregalis de juribus scilicet, et de loco Bastitae, Carassoni, idest pro parte ejusdem loci, et castri contingente dicto domino Georgino tantum de dicto loco Bastitae.
Et ego Mellanus Ambrosius de Bacanis inferioribus notarius publicus omnibus et singulis interfui et scripsi.
Il canonico Grassi di S. Cristina fra i documenti raccolti nella sua storia di Monteregale tre ne pubblicò che non si trovano nel Moriondo. Il primo in data 22 dicembre 1142 contiene la divisione dei sette marchesi figli di Bonifacio, di cui si parlò altrove. Il secondo in data 7 agosto 1250, contiene una tregua seguita tra i marchesi di Ceva ed il comune di Monteregale a mediazione di Tommaso di Savoia, conte e vicario generale del sacro imperio di consenso delle parti. Questo atto di tregua fu scritto da Unco Donato notaio. Il terzo che porta la data delli 5 febbraio 1256 è un laudo tra il comune di Monteregale, i marchesi di Ceva e di Saluzzo, di Cravesana, Del Carretto, il comune d`Alba, di Cherasco, i signori delle due Sommarive, di Cigliero, della Rocca di Corneliano, di Montaldo d`Asti, e del comune di Savigliano dove seguì questo laudo scritto dal notaio De Bella.
La giurisdizione del marchesato di Ceva fu divisa nel 1457 in dodici parti dette Donzeni o Capitanati. Le porzioni di questi titoli giurisdizionali si trovano descritte in un manoscritto del tenore seguente:
Donzeni
1½ Ceva Garessio, a cui va annessa Viola, Mursecco, parte di Lisio e Ceresole.
1½ Ceva Ormea con Priola, Monasterolo, parte di Pamparato, Roascio e Torricella.
1 Ceva S. Michele.
1 Ceva Ceva, Castellino con Battifollo, parte d`Illiano e Torre.
1 Ceva Mombasiglio, parte di Torre e Niella.
2 Ceva Nuceto, a cui s`unisce Perlo, Malpotremo, parte di Lisio, Priola, Pamparato, e Scagnello.
2 Ceva Priero con Sale, Montezemolo e Castelnuovo.
1 Ceva Lesegno con parte di Roascio, Torricella e Scagnello.
1 Ceva Bagnasco.
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n.12
Si esercitava questa giurisdizione a semestri, con piena autorità ac si essent soli Domini loci Cevae, spettando a questi marchesi la nomina del giudice ed uffiziali di Ceva. I semestri di giurisdizione per turnum avevano il loro principio alli 2 maggio sino alli 2 novembre, e così di seguito. Questa giurisdizione fu in vigore sino all`invasione dei Francesi nel 1796.
Per via di eredità, di matrimonii o d`acquisti di terre ebbero col tempo punti di giurisdizione in Ceva gli Andossili, i Paleotti, i Balbi di Vernone, i Bassi di Ceva, i Battaglieri di Scagnello, i Bianchi di Dronero, i Blengini, i Castrucci, i Faussoni, Vegnaben di Mondovì, i Derossi di Ceva, i Morozzi, i Malopera, i Gagliardi di Ceva, i Gagliardi Orta, i Ferreri d`Ormea, i Gromis di Trana, i Guerra di Cherasco, i Massimini, gli Incisa, i Germoni, i Mocchia ed i Vitali di Cuneo, i Ripa Boschetti di Giaglione, i Pellosi Cipolla, i Regis Magliani, i Roeri Bertoni di Chivasso, i Rovelli di Ceva, i Tesauri di Fossano, i Turinetti di Priero, i Vacca, i Della Chiesa d`Isasca, i Viarisi di Chieri, i Vivalda, i S. Giorgi di Castell`Argento e diverse altre famiglie.
Nel 1847 si pubblicarono in Torino le famiglie nobili della monarchia di Savoia coi tipi Fontana e Isnardi, nel vol. II si contengono pag. 169 che trattano dei marchesi di Ceva. Vi figurano n. XII tavole genealogiche ben dettagliate, ma che qui si omettono per non ripetere cose già dette. Dalle narrazioni però che illustrano queste tavole dotta fatica del P. Angius si raccolsero alcune memorie che meritano di far parte di questa raccolta.
Nella famiglia Cravesana si trova che la figlia di Francesco figlio di Manuello per nome Argentina sposò Raffaele Doria genovese, Ammiraglio di Giovanni re di Napoli, che presto restò vedova di questo celebre capitano, e li 11 settembre 1324, passò a seconde nozze con Giacomo marchese di Saluzzo.
Parlando della famiglia Ceva racconta questo storico un curioso aneddoto riguardo a Guglielmo Ceva figlio di Guglielmo I. Si dice che papa Innocenzo (senza dir quale) avesse ordinato al vescovo d`Asti che udita la di lui confessione gl`imponesse una condegna penitenza. E seguendo il vescovo gli ordini del Sommo Pontefice obbligò il marchese Guglielmo ad edificare un Ospedale coll`assegnamento d`un reddito sufficiente per le manutenzioni di dodici poveri infermi, ed un sacerdote che la facesse da Cappellano.
Osserva giudiziosamente l`illustre scrittore delle famiglie nobili non doversi da ciò dedurre che il marchese Guglielmo fosse reo di gravi scandali e di enormi delitti da provocare una provvidenza dal Sommo Pontefice, ma che la chiedesse egli stesso per ispirito di religione.
La morte intanto non permise al penitente Marchese di dar compimento al già intrapreso Ospedale. I suoi figli ed eredi ricorsero al papa Onorio III, per ottenere la commutazione della penitenza imposta al loro genitore in altr`opera pia e soddisfattoria. Onorio incaricò il vescovo d`Alba, e quello d`Asti di dispensare i ricorrenti dall`adempimento della penitenza suddetta con che somministrassero ogni anno venti moggie di frumento ai Certosini di Casotto, ordinando a questi di pregar sovente per l`anima del marchese Guglielmo, e dei suoi figli.
Nel 1517 s`accesero tra i marchesi di Lesegno, consignori di Roascio, Torricella, Priola, Chiusa, Ormea, Bastia, Boves, Cigliè, Pamparato, Lisio, Viola e Mongrosso, sì tremende discordie che cinque di loro furono sacrificati all`ira dei litiganti. Le vittime furono Paolo Amedeo e Marco Antonio, suo figlio, Cristoforo con Gilardino suo figlio, ed Antonio figlio di Ottino; furono autori di questa strage Aimone Gio. Giacomo, Galleotto ed Antonio, tutti della famiglia Ceva Lesegno. La causa di tanto furore non è conosciuta. Si lanciò il bando contro i barbari fratricidi, si diedero essi a precipitosa fuga e furono confiscati i loro beni.
Nella discendenza dei marchesi Ceva, signori di Priero, Sale e Castellino s`incontrano pessimi caratteri ed esecrandi delitti. Un nome da condannarsi a perpetua infamia si è quello di certo Febo figlio di Giovanni, uomo di pessima natura vuoto d`ogni sentimento di giustizia, pieno d`orgoglio, ed avidissimo del bene altrui.
Per accrescere il suo stato mandò i suoi scherani, ad assalire il giovane Gio. Vincenzo figlio d`Agamennone per farne fine e mettersi al possesso de` suoi beni. Fallì ne` suoi barbari disegni, ma gli riuscì di far uccidere Gio. Andrea figlio di Aleramo. Consumato il fratricidio, Febo mosse ad invadere i beni dell`estinto, e fece mostra della più brutale inumanità, cacciando dalla casa del defunto le infelici sue sorelle, le quali andarono per lungo tempo raminghe, finchè le obbligò a sposare i suoi due nipoti figli di Lazarino. Gilardino fratello di Febo diede di sè buona speranza ne` primi anni, ma menti poco dopo a se stesso, s`unì al scellerato fratello nei suoi disegni di usurpazione e di assassinamento, e tentò di togliere dal mondo Giovanni Vincenzo.
Queste scelleraggini essendosi scoperte furono ambedue perseguitati dalla giustizia, e vennero ridotti in durissime angustie; per togliersi alla pena meritata, Gilardino si percosse nel petto col pugnale. Febo fece anch`esso una morte da disperato.
Non è a stupire che in quel secolo s`incontrino non pochi di questi caratteri, e che nella nobilissima famiglia Ceva siansi trovati uomini scellerati, come spesso accade nelle famiglie anche le più illustri; nelle quali sorgono di tanto in tanto certi soggetti che disonorando se stessi, formano come il fondo oscuro del quadro per far vie maggiormente spiccare la virtù dei loro avi.