Una delle difficoltà più grandi che incontra chi cerca di ricostruire la storia di un luogo è il nome. Nel mondo di oggi si fa fatica a crederci. I nomi delle località, infatti, sono una delle cose più controllate, classificate, verificate e pubblicizzate che ci siano. Anche le più piccole, sperdute e insignificanti frazioni che stanno ai margini del nostro orizzonte figurano sulle mappe in Intenet, sui navigatori satellitari, nelle rubriche telefoniche, nei codici postali. Sempre con lo stesso insieme di lettere, disposte allo stesso modo, con i medesimi accenti, elisioni, troncature. E, quando una denominazione cambia o una se ne aggiunge, la trafila burocratica è pari alla quantità di passaggi necessari a registrarne la modificazione. Interminabile.

Eppure, non è sempre stato così. Tutt’altro. Molti dei nomi di luogo usati oggi sono il punto di arrivo di trasformazioni e di evoluzioni che hanno avuto origine in periodi assai distanti dal nostro. Indagarne l’origine  e la successione nel tempo ci fornisce indicazioni preziose sulla loro connotazione antropica, sulla loro funzione economica e sociale, nonché sulle vicende storiche che li hanno visti coinvolti. In più, dice qualcosa delle radici e della memoria storica del luogo, che possa essere condiviso da tutti i suoi (attuali) abitanti.
Non deve meravigliare, dunque, che più di una scienza moderna si occupi del problema e che tutte vengano impiegate dagli storici:

- l’etimologia indaga l’origine e il vero senso delle parole e ne analizza gli elementi, comparandoli con quelli di altre parole della stessa lingua o di lingue affini;
- l’onomastica è un settore della linguistica che studia i nomi propri;
- al suo interno c’è la toponomastica, che indaga i nomi propri di luogo: i toponimi (da topos=luogo e onyme=nome).

La materia non è di facile acquisizione e si presta ad osservazioni e interpretazioni tra loro anche molto diverse. Se le regole generali, infatti, possono essere date una volta per tutte, ogni toponimo finisce per rappresentare una storia a sé. Una storia, si badi bene, che ha a che fare con le notevoli vicissitudini attraversate del Paese e con le trasformazioni che esso ha subito nel corso dei secoli. Dunque, più un luogo è longevo, più è arduo addivenire ad un’esplicitazione del suo toponimo sufficientemente condivisa.
Prendiamo, ad esempio, le nostre zone. Non basta dire che i toponimi in –asco sono di derivazione ligure, quelli in –ano di provenienza romana e quelli in -e/a/ingo di ascendenza longobarda. il Monferrato è stata terra di conquista per tante popolazioni e quindi non si può pretendere che i nomi siano soltanto latini o soltanto germanici: molto spesso, su radici più antiche si sono impiantate parti più recenti, derivate dalla lingua di un altro popolo che in quella terra è passato o vi si è insediato.

Non bastano però neanche questi tre grandi gruppi storico-etnici a sistematizzare  la toponomastica locale. Da queste parti sono passati altri,  alcuni dei quali precedenti, come i Taifali, i Sarmati, gli Alamanni, i Goti, Visigoti, Ostrogoti, Gepidi, solo per citare i maggiori.  Di qui, la necessità di tener conto di una molteplicità di variabili e di contesti, prima di giungere ad una definizione conclusiva. Ne diamo alcuni esempi nel seguito, riportando fra le letture anche un intervento di Aldo A. Settia, relativo alle difficoltà di indagare le coppie toponimiche.

Quanto agli strumenti da impiegare, va ricordato che i testi basilari sono per lo più di provenienza tedesca, con autori del calibro di Förstemann e di Gamillscheg. In Italia, comunque, esistono buoni compendi di toponomastica. I più noti sono forse i dizionari della Utet, di Hoepli e di Garzanti, ma si contano edizioni locali di apprezzabile significato.
Anche il web vanta un dizionario etimologico, rintracciabile all’indirizzo http://www.etimo.it Su Internet, comunque, ci sono progetti ancora più ambiziosi. Uno per tutti è quello della Lombardia, che merita da solo un intero numero della rubrica e a cui dedicheremo una prossima puntata.