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Finis Terrae
Finis terrae (XIX)
Giancarlo Patrucco

Prendiamoci una pausa. Dopo le incertezze etimologiche e le complicazioni delle genealogie, in questo numero parleremo di araldica, che è argomento fantasioso e multicolore. L’araldica non è comunque estranea alle ricerche intorno alle dinastie. Anzi, poiché è l’arte di interpretare le armi, ossia le figure riprodotte sugli stemmi, essa ha a che fare con le case nobiliari in più modi. Per conoscerli dovremo andare comunque al di là del nostro periodo di riferimento, quello altomedievale, visto che armi, stemmi e insegne fanno la loro comparsa non prima dell’XI secolo e l’araldica trova la sua massima celebrazione ancora dopo, nell’esaltazione della cavalleria. Ne vale però la pena, perché si tratta di un mondo singolare, affascinante e, per certi versi, pieno di sorprese.

Il termine araldica nasce da araldo, il personaggio itinerante che veniva ingaggiato per illustrare una giostra, un torneo, una tenzone. Il presentatore, diremmo oggi, come Pippo Baudo che introduce Al Bano. Col crescere delle regole, però, aumenta anche l’importanza dell’araldo, che non si limita più ad annunciare le sfide, magari a suon di tromba, ma diventa anche il giudice delle contese e della legittimità dei contendenti. Nasce, così, un  vero e proprio linguaggio, di cui l’araldo si fa geloso depositario e  interprete indiscusso.

D’altronde, di un personaggio così c’è gran bisogno, man mano che gli stemmi familiari diventano più complicati. La loro lettura o blasonatura richiede, infatti, la corretta individuazione delle figure sempre più numerose che li compongono e la conoscenza dei significati sempre più intricati che le case  vi attribuiscono. Gli stemmi parlano, ma solo l`araldo ne capisce l’idioma.

Il pezzo più importante è senz’altro lo scudo, sulla cui superficie o campo sono disegnate le componenti: armi ereditarie o di famiglia (dipendenza), armi d’omaggio o di potenza (padronanza), armi ricevute in concessione, armi acquisite per matrimoni, ovvero quarti d’alleanza
Se il campo è di un solo smalto, cioè a un solo colore compatto e unico, lo scudo si dice pieno o semplice. Se invece risulta suddiviso in una o più linee,  i campi che ne derivano sono detti partizioni. Abbiamo così uno scudo partito, cioè diviso in due per la lunghezza, troncato, cioè diviso in due per la larghezza, interzato, inquartato, tagliato in diagonale, ecc…

Ogni partizione, a sua volta, può essere occupata da figure, che in araldica vengono dette pezze. Di seguito vi presentiamo alcune tra le principali pezze, quelle che sono dette onorevoli per distinguerle dalle araldiche vere e proprie:

Non basta lo scudo, però, a far completo lo stemma. Ci sono anche gli accessori, detti ornamenti. Fra questi, i tenenti, ossia le figure umane che a volte lo sostengono, l’elmo o il cimiero e, soprattutto, la corona

Le corone sono particolarmente importanti perché denotano il titolo spettante alla casata. Dopo quello regio,  il più alto è quello di principe che si trova allo stesso livello del duca. Pertanto, le due corone sono uguali, costituite da una vera sormontata da otto foglie d’acanto o fioroni d`oro,  alternate da altrettante perle. Segue il titolo di marchese, la cui vera è cimata di quattro foglie d`acanto,  alternate da dodici perle disposte in quattro gruppi di tre perle ciascuno. Segue il titolo di conte la cui corona è costituita da una vera cimata di sedici perle.  La corona baronale è costituita da una vera con filo di perle che gira intorno alla stessa. Infine, quella di nobile è cimata di otto perle, mentre la corona di patrizio è costituita da una semplice vera.

Qualunque sia il tipo di corona, essa è stata comunque, nei secoli, oggetto del desiderio di tanti. Così, accanto alle case di antica nobiltà, è progressivamente aumentato il numero delle famiglie che, non potendo vantare sangue blu, riuscivano ad acquisire un titolo in altri modi, magari anche comprandolo. Ne sono prova evidente molti stemmi gentilizi, che riportano all`esercizio di mestieri, più che a grandi imprese o a fatti d`armi.
Quest`ambizione attraversa ancora oggi molti italiani, nonostante il lapidario contenuto della XIV Disposizione  della Costituzione Repubblicana:

I titoli nobiliari non sono riconosciuti.
I predicati di quelli esistenti…valgono come parte del nome.

E’ questo il motivo per cui, con ogni probabilità, abbondano in natura e sul web siti araldici che, dietro compenso, si incaricano di “farvi” un albero genealogico con relativo stemma di famiglia. Non volendo incentivare questa moda, non ve ne indico. Se proprio volete, li troverete facilmente da soli.

 

11/02/2006 12:00:00
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