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Schedario piemontese
Castellazzo Bormida

Schede storiche-territoriali dei comuni del Piemonte
Comune di Castellazzo Bormida
Redazione a cura di Monica Parola

Comune: Castellazzo Bormida.
Provincia: Alessandria.
Area storica: Alessandrino.
Abitanti: 4269 (ISTAT; 2001).
Estensione: 45,19 Kmq. (ISTAT; 1991).
Confini: il comune di Castellazzo Bormida confina a settentrione con Alessandria, a oriente con Frugarolo  e Casal Cermelli, a meridione con Castelspina, Sezzadio e Predosa, ad occidente con Oviglio, Borgoratto Alessandrino, Frascaro e Gamalero. Il luogo dell`attuale Castellazzo Bormida, nel 1130, è indicato come confine di un’ampia fascia di territorio che va da Castelletto a Voghera in cui i genovesi promettono di difendere i pavesi che vi transitano. Analogo accordo, con identici confini, si ha dieci anni dopo.
Frazioni: Ponciona-Rampina, Fontanasse.
Toponimo storico: nel corso dei secoli medievali - fino almeno a tutto il XIV secolo - il toponimo con cui viene identificato il luogo è solo quello di Gamundium; più rara la forma Casmonium, che gli studiosi dicono essere il nome primitivo mutato poi in Gamonium e Gamundium. Nei secoli seguenti compare la forma Castellatium, forse dalle rovine del castello decaduto dopo il passaggio delle truppe di Matteo Visconti, che diviene Castellazzo Bormida solo nel 1863. La prima menzione di Gaumundium si ha nel 937 circa, quando Ugo di Provenza dona alla moglie una serie di beni fra cui la corte di Gamondio. Ancora oscuri sono origine e significato del nome Gamondio; nel sec. X, Pistarino associa nell`astigiano una vallis Gaudemundi e poi la sua comparsa nell`onomastica personale della zona. E` un toponimo frequente in area franco-tedesca, fatto che ha indotto molti studiosi a ritenerlo di origine germanica ("imbocco, imboccatura"); in effetti il significato ben si adatterebbe al luogo, essendo probabilmente la nascita dell`abitato in età longobarda, che si trova lungo la Bormida, quasi alla confluenza con il torrente Orba. Con decreto regio del 1 febbraio 1863 si autorizza il comune di Castellazzo ad assumere la denominazione di Castellazzo Bormida.
Diocesi: Alessandria dalla sua fondazione nel 1175; prima faceva parte del comitato e diocesi di Tortona. Nel 1065 l` imperatore Enrico IV dona alla madre la corte di Gamondio sita nell`episcopato di Tortona. Nel periodo 1180-1405 le diocesi di Acqui e di Alessandria sono unite, con una netta supremazia religiosa dei vescovi di Acqui. Un documento della fine del XII secolo indica la chiesa di Gamondio (S. Maria , in qualità di chiesa plebana?) come legata a quella di Alessandria in occasione di un accordo fra i chierici di Gamondio e la chiesa di Mortara – a nome anche di quelle di Orba, Paverano e S. Teodoro di Genova – circa le spese sostenute da Mortara nel territorio di Gamondio. Che invece la chiesa di S.Martino di Gamondio rientri nella diocesi di Alessandria-Acqui è attestato indirettamente da un documento del 1181 che vede il suo preposito fra i testimoni di una conferma al monastero genovese di S. Tommaso da parte del vescovo di Acqui. Più esplicito un atto del 1210 con cui il giudice e podestà di Alessandria fa autenticare le testimonianze presentate dal rappresentante della cattedrale di Tortona e della chiesa di Orba per provare l`obbligo di diversi proprietari nel pagare le decime alle suddette chiese. S. Martino risulta esente da tale obbligo. Interessanti a riguardo sono anche due documenti del 1218 con cui il capitolo di Tortona e la pieve di Orba si accordano con la chiesa di S. Martino circa le decime da riscuotere nella fascia di territorio tra i torrente Orba e Gamondio.
Pieve: non si hanno attestazioni dirette dell`esistenza di una pieve di Gamondio; sappiamo solo che verso il 1005 i conti longobardi Oberto e Ottone scambiano alcuni beni con la chiesa di S. Maria di Gamondio costruita dalla figlia del re Adalberto e madre dei suddetti conti. I beni di proprietà della chiesa sono tutti in Gamondio e in Valloria, nei dintorni della chiesa. Si può supporre che questa chiesa avesse funzioni "plebane", trattandosi della più antica per cui si hanno attestazioni documentarie ed essendo il luogo sede di una corte regia longobarda, come testimoniano da un documento del 961 circa. Diversi strumenti del XII secolo, soprattutto, continuano a definire Gamondio come "curtis". Altre sono le chiese di cui si ha notizia nel luogo di Gamondio - S. Andrea (1074, 1109); S. Martino (1074, 1153, 1210, 1223); S. Salvatore (1170); SS. Trinità (1187, 1214); S. Leonardo (1187) - che alla fine del XII secolo era sede anche di un ospedale. E` interessante forse ricordare che nel 1074 la chiesa di S. Andrea è oggetto di una sentenza arbitrale circa la sua dipendenza da quella di S. Martino; nel 1109 la stessa si vede donare da un privato i diritti che questi aveva verso i suoi debitori. Nel corso del Duecento la chiesa di San Martino sembra aver accresciuto la sua importanza fra le chiese del luogo, già forte nella seconda metà del secolo precedente, se nel 1223 il suo prevosto è fra i giudici delegati pontifici cui si rivolge per problemi il vescovo di Albenga. Questa chiesa nel 1264 passa all`ordine degli Agostiniani di Alessandria, come risulta da una notifica pontificia del vescovo di Acqui.
Altre presenze ecclesiastiche: nel 1164 la chiesa di S. Maria è donata dal vescovo di Acqui all`abbazia di Fruttuaria su preghiera di Guglielmo marchese del Monferrato; dal documento risulta che la chiesa rientrava nella sfera delle proprietà temporali del vescovo e di una permuta fra Fruttuaria e il monastero di Rocca delle Donne. Tuttavia , circa dieci anni dopo, Alessandro III - in occasione della conferma alla cattedra vescovile di Alessandria di Ottone - indica fra i possessi della chiesa cattedrale S. Maria di Gamondio. Nel 1170 l`arcivescovo di Milano conferma beni e diritti al monastero di Spigno tra cui la chiesa di S. Salvatore in Gamundio con possessi; tale conferma è rinnovata dal papa Alessandro III nel 1179.
Nel 1187 la chiesa della SS. Trinità e l`ospedale di S. Rainero risultano soggette alla canonica di Mortara. In questo stesso anno, Enrico IV imperatore prende sotto la sua protezione il monastero di Tiglieto con i suoi beni, fra cui la chiesa di S. Leonardo di Gamondio, con le pertinenze in loco; documenti identici sono quelli di Ottone IV del 1208 e di Enrico VII del 1311. Verso la fine del secolo XII (1198) i beni dell`ospedale sono invece gestiti da un procuratore nominato dal priore di S. Teodoro di Genova, che aveva comprato diversi beni in Gamondio un decennio prima; del resto, un atto alla metà del secolo XII ci informa che il preposito della chiesa di Mortara aveva donato l`ospedale al priore di S. Teodoro di Genova e che tale donazione era stata ratificata dal vescovo di Tortona.
Alcune chiese appartenevano a degli ordini religiosi: S. Agostino e S. Martino alle monache e ai padri agostiniani, S. Francesco e Santa Maria ai padri minori cappuccini, S. Giacomo della Vittoria e S. Maria della Corte ai Padri serviti, S. Giovanni del Mortuzzo ai cavalieri di Malta, S. Paolo della Croce alle suore francescane angeline, SS. Trinità ai canonici regolari di S. Croce di Mortara. Vi erano inoltre i monasteri di S. Salvatore di Gamondio, S. Serafina, S. Chiara e S. Stefano e il santuario di S. Maria della Creta. Nove erano le confraternite: S. Michele, S. Antonio Abate, SS. Annunziata, S. Nicolao, Santa Croce, SS. Trinità, Della Pietà e S. Sebastiano. La confraternita di S. Sebastiano amministrava lo “spedale”omonimo, quella di San Giovanni Decollato gestiva lo “spedale” sotto il nome di S. Caterina e un` Opera Pia detta Moccagatta, quella S. Nicolao si occupava di un piccolo Monte di Pietà, il suo fondo consisteva in dieci sacchi di frumento che annualmente dava in prestito ai confratelli. Esistevano inoltre gli ospedali di S. Bernardino, S. Ranieri e S. Rocco.
Assetto insediativo: Castellazzo Bormida si trova nella parte del Piemonte sud orientale che prende il nome di agro alessandrino, cioè in quella zona che è l`anticamera della pianura lomellinese è, di fatto, una zona pianeggiante completamente a sè e circondata dalle colline del Basso Monferrato, dell`Astigiano, dell`Alto Monferrato e dell`Appennino Ligure. Solo uno stretto passaggio di poco più di 15 chilometri fra gli speroni di Montecastello e di Tortona mette in comunicazione l`agro alessandrino col resto della pianura padana. Si tratta di un vero e proprio bacino sia nella sua forma quasi circolare e per il fondo piatto e basso, sia per la conformazione del sottosuolo. Il suo territorio è quasi completamente compreso tra il torrente Orba a levante e il fiume Bormida a ponente.
Comunità, origine e funzionamento: mancano indicazioni documentarie esplicite dell`esistenza di una comunità organizzata in Gamondio, anche se un atto del 1146 parla di Gamundienses, homines comunis Gamundii in occasione della promessa di aiuto che i suddetti abitanti fanno al comune di Genova per il possesso dei castelli di Voltaggio, Fiaccone e Aimeno. In cambio, Genova esenta gli uomini di Gamondio dai pedaggi di Voltaggio, ricevendo da essi il giuramento di fedeltà.
Il popolo di Gamondio compare così espressamente indicato solo in una donazione del 1152 di certe terre allodiali e feudali da parte dei marchesi del Bosco. Interessante è l`accordo intercorso : i marchesi si impegnano a supportare la difesa dei cittadini di Gamondio, mentre gli abitanti delle terre donate debbono servire nell`esercito (marchionale?) con i Gamondiensi e giurare loro fedeltà. In modo analogo, i castellani, ossia i vassalli, dei marchesi debbono prestare fedeltà al popolo di Gamondio e concorrere alla fortificazione della città e del castello. Alla fine del documento, fra i testimoni, vengono nominati i cinque consoli di Gamondio. Alla metà del secolo, dunque, il comune di Gamondio sembra avere un certo rilievo politico che, nel giro di un decennio, circa lo porterà a contribuire alla fondazione di Alessandria con ben quaranta famiglie. I documenti successivi fanno riferimento, invece, sempre e solo agli "uomini di Gamondio", senza più indicazioni di consoli o rappresentanti comunali: così in occasione della pace fra il comune di Alessandria e il marchese di Monferrato nel 1178; così nel 1210, quando Ottone IV conferma a favore di Alessandria - e dei luoghi che l`hanno originata – tutti i privilegi di città nobile come altre città lombarde. Analogo riferimento si ha in un altro privilegio del 122.
Il luogo è importante nella storia delle origini di Alessandria poiché è fra gli otto comuni che nel 1168 concorrono a fondare la città e poi ancora nel 1184 è individuato da Federico I per la sua rifondazione. Nel 1193, con la riconciliazione dei tortonesi con Enrico VI, questi impone alla città - avversa ad Alessandria - di non ricevere nessuno degli abitanti di otto città, fra cui Gamondio, con evidente riferimento al ripopolamento avvenuto.
Dipendenza dal medioevo: nel sec. X il luogo faceva parte del complesso terriero di proprietà regia compreso tra Bormida, Tanaro e Orba: nel documento del 937 circa, infatti, Ugo di Provenza dona alla moglie una serie di beni fra cui la corte di Gamondio; così ancora nel 1005 il luogo è indicato come corte regia. Un certo controllo sul luogo, seppur breve e non ben definito dalla documentazione, deve averlo avuto anche il comune di Genova alla metà del XII secolo, stando a due documenti che coinvolgono gli abitanti di Gamondio in un giuramento di fedeltà alla città marittima. Ancora nel 1144, nell`atto di concordia fra i genovesi e i pavesi, si vieta di offendere i genovesi entro determinati confini indicati, fra cui la fascia che da Sala va a Rovereto, a Gamondio e Sezzè. L` anno seguente, Gamondio con Marengo, è indicato quale luogo genovese da difendere nella sottomissione del marchese di Parodi al comune di Genova. Del resto, che un rapporto di dipendenza ci fosse stato lo ricorda anche un atto del 1192 con cui i genovesi rinnovano la convenzione, fatta nel marzo 1181, con gli alessandrini e li esentano dal pedaggio come in passato lo erano stati gli uomini di Gamondio. Poco dopo, però, in occasione della pace fra il marchese Guglielmo e Alessandria, nel 1178, gli uomini di Gamondio si trovarono costretti a giurare fedeltà al marchese il quale, stando a un documento del 1164, l`aveva ricevuta in dono da Federico I. Nondimeno, un atto del 1183 fa riferimento a Gamondio come controllata dagli alessandrini già da quarant`anni, fatta salva però la fedeltà e l`ordine dell`imperatore.
Nel 1191 Enrico VI conferma a Bonifacio del Monferrato il possesso del luogo; mentre alla fine del secolo (1199), lo stesso marchese pretende dal comune di Alessandria la restituzione di alcuni luoghi e beni, compreso Gamondio, evidentemente occupato nel corso di uno degli innumerevoli scontri tra parti per il controllo del territorio. Ancora trent`anni dopo, una petizione sottoposta ai rettori della lega lombarda, marchigiana e romagnola contro gli alessandrini fa riferimento sia alla fedeltà della stessa città al marchese, sia a diversi luoghi contestati. Tra i quali vi è Gamundio, di cui si riporta il privilegio di concessione imperiale.
Nessun documento ci dice cosa accadde al luogo nel XIV secolo, solo da Goffredo Casalis sappiamo che verso il 1314 è occupata dalla truppe di Matteo Visconti e che ha inizio la sua decadenza, passando attraverso l`occupazione provenzale nel 1374 e di Facino Cane nel 1410. Alla morte di Filippo Maria Visconti (1447) è conquistata temporaneamente dai francesi, e nel 1448 Francesco Sforza cede fittiziamente il luogo al marchese del Monferrato che in realtà non riuscì più a riprenderlo.
Feudo: nel 967 e poi ancora nel 1164 e 1191 gli imperatori infeudano Gamondio e altre località – con tutti i distretti, pertinenze e i diritti regali – ai marchesi del Monferrato. Il duca Filippo Maria Visconti lo infeuda a Vitaliano Borromeo nel 1437 . Questo signore lo vende a Cotta Catalano e Innocenzio nel 1440. Il duca Francesco Sforza lo infeuda a Guasco Cristoforo signore d’Alice nel 1448. Devoluto alla sua morte ed infeudato a Tristano Sforza figlio del duca Francesco nel 1470. Il re di Francia Luigi XII l’infeuda a Visconti Bernardino Francesco nel 1499. Devoluto e infeudato a Alfonso D’Avalos marchese del Vasto e di Pescara col titolo di conte nel 1531. Soltanto nel 1649 il feudo passa al marchese Ottavio Pallavicino di Genova che lo acquista dai discendenti del marchese d`Avalos per la somma di 50.000 ducati. Il feudo viene trasmesso così, di padre in figlio, fino all`estinzione della famiglia Pallavicino, avvenuta nel 1778, passando alle dirette dipendenze dei Savoia.
Mutamenti di distrettuazione: nel 1707 Alessandria e Castellazzo passano sotto il controllo della casa Savoia. Nel periodo napoleonico Castellazzo segue la sorti dell’intero territorio della provincia di Alessandria, aggregato a una circoscrizione avente come capoluogo Alessandria. Si tratta dapprima del dipartimento del Tanaro (1799), e in seguito dipartimento di Marengo (1801). Dopo la parentesi napoleonica, Castellazzo Bormida entra a far parte della provincia di Alessandria, istituita nel 1818.
Modificazioni territoriali: la circoscrizione territoriale viene modificata a seguito delle seguenti variazioni: nel 1924 distacco di territori aggregati al comune di Casal Cermelli; nel 1929 aggregazione di territori staccati del comune di Alessandria e distacco di territori aggregati al comune di Alessandria.
Comunanze: in ottemperanza alla legge del 16 giugno 1927 sull’alienazione degli usi civici, il regio commissariato per il riordino degli usi civici, con decreto del 12 giugno 1939, autorizza l’alienazione 0.60 ettari di terreno comune di “categoria A” ossia bosco, pascolo e incolto.
Luoghi scomparsi: alcuni riferimenti a luoghi scomparsi si hanno in qualche documento del secolo XII:  una vendita ai canonici di S. Martino cita una terra posta nel luogo detto "campastro", e quando, nel 1186, Urbano III prende sotto la sua protezione l`abbazia di Tiglieto indica la grangia di S. Leonardo in Gamondio fra i beni del monastero. Alla fine del secolo (1192) gli abitanti di Gamondio sono presi, insieme alle terre marchionali, come indicazione di confine dei beni della chiesa di Casale in Mirabello, con riferimento alla valle "Sala". Nel Duecento al luogo di Gamondio subentra, leggermente spostato, l`odierna Castellazzo come Villanova; la differenza topografica emerge chiaramente dall`atto di definizione dei confini tra il territorio di Gamondio e quello di Sezzadio in data 27 giugno 1300. Il territorio comprendeva luoghi lungo le due rive del Bormida, dove nell`Ottocento c`erano Casal Cermelli, Porta Nuova, Castello Spina fino al castello del Ferro e Cantalupo. Così nel 1203 in un atto di vendita si fa riferimento al luogo detto Borgoratto; mentre una vendita di terre del 1206 cita il luogo detto Roncaglia.
Catasti: i più antichi documenti di natura catastale depositati presso l’ archivio comunale di Castellazzo Bormida risalgono al secolo XVI. Si tratta di quattro “libri dei possessori” recanti la data del 1563 e appartenenti a quattro quartieri di Castellazzo: Borgonovo, Piliano, S. Lazzaro, S. Martino. In successione si trovano i libri dei possessori dei quartieri di S. Maria e di S. Martino datati 1639; un libro di campagna delle misure figurate fatto da Beltramo Colombo degli anni 1633-1639, un libro grosso della misura del territorio di Castellazzo del 1684, un sommarione del territorio di Castellazzo del 1770, un catasto dei beni ecclesiastici, feudali e di seconda stazione degli anni 1773-1774, il catasto napoleonico del 1805, un catasto del 1860, e un catasto datato 1881.
Ordinati: le deliberazioni della comunità raccolte nell’archivio comunale iniziano nel 1642 e arrivano fino ai giorni nostri. Si riscontrano alcune lacune per gli anni dal 1642 al 1652, dal 1662 al 1691, dal 1718 al 1727, dal 1742 al 1745, dal 1784 al 1799, dal 1805 al 1806, dal 1810 al 1814.
Liti territoriali: le liti territoriali, rintracciabili presso l’archivio comunale, che coinvolgono il Comune di Castellazzo Bormida sono contro il Comune di Alessandria nel 1662, 1681, 1689, per confini e lavori sul Bormida e contro il comune di Predosa per l’affitto di terreni della “Cerretta”, dal 1700 al 1770.

 

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