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Schedario piemontese
Felizzano

Schede storiche-territoriali dei comuni del Piemonte
Comune di Felizzano
Redazione a cura di Marco Battistoni – Sandro Lombardini

Comune: Felizzano
Provincia: Alessandria
Area storica: Alessandrino
Abitanti: 2510 (censimento 1991); 2427 (dati comunali 1999).
Estensione: ha. 2518 (ISTAT) / ha. 2413 (SITA)
Confini: Altavilla Monferrato, Fubine, Masio, Quargnento, Quattordio, Solero, Viarigi.
Frazioni: L’ISTAT (censimento 1991) riconosce un “centro”, che raccoglie oltre il 95 per cento della popolazione, e un “nucleo”, mentre è quasi insussistente la presenza di “case sparse”.
Toponimo storico: Le forme più diffuse del toponimo durante i secoli del Medioevo comprendono due serie che si differenziano per la vocale della sillaba iniziale. La prima, leggermente più precoce, reca in questa posizione una “i”: “Filicianus”, attestato nell’880, “Filizanus” (1165), “Filixanus” (1199), “Filiçanus” (1236); la seconda, una “e”, come la voce italiana attuale e prevalente nell’età moderna: “Felicianus” (917), “Felizanus” (1101), “Felizzanus” (1178), “Felitianus” (1195), “Feliçanus” (1219).
Diocesi: L’appartenenza diocesana di Felizzano durante il Medioevo appare assai incerta. Nel “Registrum Ecclesiarum Dioecesis Astensis” del 1345 figurano, con l’annotazione delle rispettive quote d’estimo, le chiese di San Michele, San Pietro e San Salvario di Felizzano, ma come “luoghi esenti” da giurisdizione. Quasi negli stessi anni, un’altra chiesa di Felizzano, Sant’Ambrogio, compare in due elenchi di chiese del distretto (non quindi della diocesi) di Alessandria, compilati nel 1350 (con aggiunte del 1353) e nel 1355. Al 1367 risale invece un atto di collazione effettuato dal vescovo di Acqui rispetto a una chiesa di Felizzano non individuata. L’anno successivo, il chierico Marchetto Guttuario rendeva allo stesso vescovo la prebenda di Sant’Ambrogio di Felizzano, che viene quindi concessa ad Antonio di Cassinasco, della diocesi acquese. Nel 1474 le chiese locali furono aggregate alla diocesi di Casale, per passare infine, dopo la parentesi napoleonica, a quella di Alessandria, in seguito alla ricostituzione e rimaneggiamento delle diocesi piemontesi intervenuti nel 1817 con la bolla “Beati Petri” di Pio VII.
Pieve: Non si hanno indicazioni di presenza di una chiesa plebana nel luogo o di dipendenza delle chiese locali da una qualche giurisdizione plebana.
Altre presenze ecclesiastiche: Durante il basso Medioevo risultano presenti a Felizzano quattro chiese, dedicate rispettivamente a San Pietro, attestata dalla fine del secolo XIII; Sant’Ambrogio, San Michele (priorato), San Salvario, dalla metà del secolo XIV. Della chiesa di San Pietro ci è nota una lite contro il priore di San Michele, che ebbe luogo nel 1285.
Per i secoli IX-X, è documentata nel territorio di Felizzano l’importante presenza fondiaria del monastero di Sant’Ambrogio di Milano, che ebbe origine da una donazione di Carlo il Grosso dell’880, confermata nel secolo successivo da parte dei re d’Italia Ugo e Lotario e dagli imperatori Ottone I e Ottone III. Essa fu inoltre ampliata da alcuni lasciti testamentari, fra i quali figura la “corte” legata all’abate dal vescovo di Vercelli nel 946. Più tardi sorse un priorato gerosolimitano, con annesso ospedale, per iniziativa dei marchesi di Monferrato, come risulta sia da una conferma pontificia dei beni acquisiti dal priorato, risalente al 1160, sia da una donazione del 1167 da parte dell`imperatore Federico I.
Assetto insediativo: Felizzano fu in età romana un fundus sulla sinistra del Tanaro, in corrispondenza di un luogo di attraversamento del fiume, di fronte all’odierno luogo di Redabue. All’880 risale la prima menzione della curtis di Felizzano. Più tardi, è attestata da diversi documenti, il più antico dei quali risalente al 942, l’esistenza di un’area fortificata. L`esistenza di un castello con una “curtis” è attestata a partire dalla metà del secolo X, quindi da una donazione del 1213 con cui metà del castello viene ceduto dal marchese Guglielmo del Monferrato ad Asti in cambio di aiuti nella guerra contro Alessandria. Le mura del castello, smantellato nel 1543, costituivano ancora attorno al 1840 un elemento caratterizzante dell’abitato, che in parte vi si trovava racchiuso. Alla stessa epoca si conservava inoltre memoria di una precedente suddivisione del luogo in due borgate, San Biagio e Santa Maria di Fassara, mentre si distinguevano allora nel suo territorio i sei “sobborghi” di Sant’Antonio, Borghetto, Verrelato, Porta San Pietro, Archi di Campolungo e Barbacena. La vocazione del territorio di Felizzano e la stessa caratterizzazione giurisdizionale del luogo fu profondamente segnata tra la fine del medioevo e gli inizi del XVIII secolo dalla presenza del “porto” sul Tanaro e dalla “strada franca” che vi conduceva, collegando le terre monferrine a nord e a sud del fiume, attraverso il territorio alessandrino, stabilmente appartenente dal 1535 circa allo stato di Milano.
Comunità, origine e funzionamento: L`uso del termine “districtus” in un documento del 1205 fa supporre l’esistenza di un territorio giuridicamente ben definito. La prima notizia certa relativa a un’organizzazione comunale è del 1266 circa, allorché il “commune de Filiçano”, rappresentato dal sindaco Giacomo Carraria, appare impegnato in una causa con la chiesa di San Salvario dello stesso luogo, i Giovanniti e il monastero di San Bartolomeo di Azzano. Nell’età moderna, il consiglio ordinario di Felizzano era composto da “sei soggetti, li quali per quattro mesi di cadun anno, di due in due mesi interpollatamente e ripartitamente eserciscono li rispettivi uffizj di sindaco, ragionato, estimatore e visitatore de’ danni campestri”. Venivano designati tra i proprietari residenti attraverso una tipica procedura composita, fatta di elezione indiretta e di cooptazione, in cui interveniva anche il giusdicente, depositario della nomina dei due elettori previsti fra i sei componenti del consiglio.
Parte integrante del profilo politico della comunità erano gli importanti privilegi ottenuti nel 1447 e 1452 dai marchesi del Monferrato e nel 1535 dal duca di Milano Francesco II Sforza, che consentivano a Felizzano non solo l’esenzione dai dazi delle vettovaglie importate per il consumo locale, ma anche la libera esportazione dei prodotti del suo territorio.
Dipendenza medioevo: Felizzano si sottomise nel 1135 ad Asti e da questa venne successivamente occupata, durante la guerra contro il marchese del Monferrato. Nel 1193, il marchese dovette riconoscere di tenere il luogo in feudo da Asti, un legame riconfermato nel 1206 [Sella 1887]. Alterne vicende fecero tuttavia sì che il luogo, parti o diritti di esso, fossero alternativamente sotto il dominio di più comuni o signori: Asti, Alessandria, marchesi di Monferrato. Nel 1224, il marchese Guglielmo VI possedeva “medietas Felzani”. Agli inizi del XV secolo, Felizzano cadde in potere di Facino Cane e, in seguito dei duchi di Milano. Nel 1448, Francesco Sforza, alleatosi con il marchese Giovanni VI di Monferrato, assegnò al fratello di questi Guglielmo la città di Alessandria con tutto il suo distretto e vescovato. Queste cessioni, che comprendevano Felizzano, furono annullate già l’anno successivo dalla spregiudicata politica dello Sforza. Nel 1454, due anni dopo la “dedizione spontanea” di Felizzano ai marchesi di Monferrato, Guglielmo riottenne comunque in feudo dal duca di Milano alcune delle terre alienategli e poi ritoltegli qualche anno prima, tra le quali appunto Felizzano. Le investiture furono poi rinnovate a favore dei marchesi di Monferrato fino al 1531, ossia fino all’estinzione della dinastia dei Paleologi.
Feudo: Felizzano figura tra i castelli del contado di Asti che, dopo la “dedizione” astigiana del 1310 a Enrico VII, l’imperatore ordinò ai maggiorenti della città di rendere in quanto posseduti “illegalmente”. Per gran parte dell’età moderna, Felizzano fu “terra immediata”, ossia un luogo non infeudato, ma direttamente dipendente dalla giurisdizione del principe. Il privilegio di poter mantenere questa condizione venne riconosciuto dai duchi del Monferrato nel 1648.
Nel 1707, all’indomani dell’invasione sabauda, un’analoga garanzia di non infeudazione venne concessa alla comunità, a titolo oneroso, dal nuovo sovrano Vittorio Amedeo II. Nel 1744, anche questa volta a titolo oneroso, Felizzano fu tuttavia eretta in feudo, con titolo marchionale e concessa a Francesco Evasio Paolo Sibaldi, esponente di una famiglia decurionale alessandrina, benché non appartenente della nobiltà più antica e prestigiosa. Nel 1752 questi alienò il proprio feudo al patrizio alessandrino Leonardo Colli.
Mutamenti di distrettuazione: Attorno al 1535, dopo la morte del marchese Giangiorgio di Monferrato (1533), ultimo della dinastia dei Paleologi, Felizzano si trovò direttamente e stabilmente inserita nella compagine dello stato di Milano. Probabilmente in forza di una tradizione di privilegi e franchigie ottenuti sotto i marchesi del Monferrato e confermati dai Visconti e dagli Sforza, la comunità riuscì ad affermare, insieme con Annone, Cassine, Pasturana e, in modo meno completo, Refrancore, lo statuto alquanto problematico di “terre separata” o “adiacente” rispetto al Contado di Alessandria. Inizialmente le spinte verso l’assorbimento in questa struttura erano sembrate prevalere. Dal 1548 al 1561, pare infatti che Felizzano e le altre terre successivamente riconosciute come “separate” fossero ad esempio interamente solidali con le altre comunità del Contado per il pagamento delle tasse dovute alla camera ducale, prima fra tutte, la più onerosa, il cosiddetto “mensuale”, introdotto da Carlo V nel 1536 e sensibilmente aumentato nel 1547. Nel 1561, nel momento cioè in cui i Contadi ottennero rappresentanze istituzionali proprie, autonome rispetto a quelle cittadine, le Congregazioni, sembra però che almeno Felizzano e Cassine (il rapporto fiscale delle “cinque terre” con il Contado non fu mai in realtà del tutto omogeneo) interrompessero unilateralmente il loro raccordo fiscale con lo stesso Contado. Il Magistrato ordinario alle entrate del ducato di Milano decretò nel 1566 che da quel momento quelle terre avrebbero provveduto in maniera autonoma, ciascuna per conto proprio, alla riscossione dei tributi, al di fuori dunque del controllo del commissario del Contado, deputato a questa operazione (nelle parole di una fonte del primo Settecento, “la denominatione poi di terre separate e diverse proviene dalla prerogattiva che hanno caduna di queste terre di pagar a dirittura al Principe, senza passare, come le altre terre del contado, per via d’uno stesso scoditore”), mentre le loro quote particolari di imposizione sarebbero state scomputate da una somma comprensiva anche della porzione assegnata al Contado stesso (andando cioè, secondo le espressioni usate dalle fonti contemporanee, “in scaricamento del mensuale imposto al Contado d’Alessandria” o “ad exonerationem portionis mensualis taxatae Comitatui”).
Il nuovo stato di cose si presentava come un compromesso non privo di tensioni, come dimostra il risorgente contenzioso che ne derivò, nella misura in cui manteneva comunque un legame con l’organismo intermedio, vissuto con insofferenza dalle “terre separate” e sfruttato dal Contado nel tentativo di conseguire un loro completo assorbimento. La permanente ambiguità dell’inquadramento istituzionale delle “terre separate” dal Contado si esprimeva nella loro contemporanea appartenenza alla provincia facente capo ad Alessandria. Una distinzione spesso sfumata nelle rappresentazioni contemporanee e che si prestava a manipolazioni, come emerse con particolare evidenza nel 1707, quando gli imperiali, alleati del duca di Savoia nell’ultima fase della guerra di successione spagnola, invocarono l’estraneità alla Provincia di Alessandria, ceduta ai sabaudi in forza del trattato segreto stipulato nel 1703, delle “terre separate”. Nelle allegazioni di parte sabauda, mentre veniva sottolineata la differenza tra ciò che si designava come Contado e la realtà territoriale indicata con il “termine più lato di Provincia”, parallelamente si ricordava come le comunità contestate fossero “sempre state soggette al governo d’Alessandria, pagando li daciti come fanno l’altre terre del Contado, prendendo il sale in Alessandria e considerate senza dubbio come terre di detto Contado o sia Provincia”, così come figurassero comprese nel Contado nelle rappresentazioni cartografiche e nelle principali descrizioni del ducato di Milano
La specificità del Contado rispetto alla Provincia e quindi la condizione di “terra separata” cominciarono tuttavia a perdere rilievo proprio con l’annessione sabauda del 1707 (riconosciuta internazionalmente con la pace di Utrecht del 1713), da un lato, a causa della diminuzione dell’importanza  dei privilegi commerciali di Felizzano e di altre comunità dell’area, legati in larga misura alla presenza del confine monferrino e piemontese, dall’altro lato, perla ben maggiore pregnanza istituzionale della provincia sabauda rispetto all’antica provincia milanese. Un processo che tuttavia si compì pienamente solo nel 1775, quando il Contado e la sua Congregazione vennero infine sciolti.
Dopo la caduta dell’antico regime in Piemonte (1798), entro la maglia amministrativa francese, Felizzano seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Alessandria. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del circondario e quindi di Felizzano non mutò fino alla Restaurazione. Dopo la parentesi napoleonica, Felizzano rientrò a far parte della ricostituita provincia di Alessandria, parte dal 1818 della più vasta “divisione” facente capo alla città. A livello subprovinciale, Felizzano fu sede di mandamento. Nel 1859, la divisione di Alessandria ridivenne, con le altre divisioni piemontesi, provincia, mentre l’area dell’ex provincia costituì un circondario.
Mutamenti territoriali: Non si hanno attestazioni.
Comunanze: Nel 1838 i beni comunali ammontavano a 49 giornate e 41 tavole, che venivano concessi in affitto a privati mediante pubblico incanto e fornivano così alla comunità un reddito annuo medio di circa 3070 lire. Tali beni consistevano allora in gran parte di appezzamenti di prato e di bosco ceduo, di cui veniva affittato il taglio ogni sette anni.
Luoghi scomparsi: Non si hanno attestazioni.
Statuti: L’archivio comunale conserva una raccolta di atti e carte sparse manoscritte e a stampa relativi ai privilegi concessi dai principi alla comunità di Felizzano dal secolo XV al secolo XVIII. Il repertorio del Fontana segnala diverse edizioni manoscritte e secentesche a stampa dei privilegi di Felizzano confermati dal marchese Guglielmo VIII Paleologo il 20 giugno 1452, al momento della dedizione della comunità ai marchesi del Monferrato, con conferme e aggiunte successive.
Liti territoriali: Nel corso del secolo XVIII la comunità di Felizzano entra in un contenzioso, a cui appariva da tempo estranea, intorno alla Garaita, “detta la Garaita Franca”, un’area alquanto vasta, ma dai contorni indefiniti e dalla superficie incerta, situata lungo il Tanaro e oggetto, a quell’epoca, dello sforzo di organizzazione catastale e amministrativa intrapresa dal governo sabaudo nei territori dell’Alessandrino.

 

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