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Schedario piemontese
Carentino

Schede storiche-territoriali dei comuni del Piemonte
Comune di Carentino
Redazione a cura di Marco Battistoni – Sandro Lombardini

Comune: Carentino
Provincia: Alessandria
Area storica: Alto Monferrato
Abitanti: 326 (censimento 1991)
Estensione: 981 ha. (ISTAT) / 992 ha. (SITA).
Confini: Bergamasco, Borgoratto Alessandrino, Bruno, Mombaruzzo, Oviglio
Frazioni: L’ISTAT riconosce l’esistenza di un “centro”, che raccoglie circa l’80 per cento della popolazione, e di un insediamento in “case sparse”.
Toponimo storico: “Carentinum” è attestato dal 1180.
Diocesi: Gia appartenente alla diocesi di Acqui, come risulta da un atto di infeudazione a privati di una parte delle decime del luogo nel 1251, Carentino fu aggregato alla diocesi di Alessandria l’11 settembre 1407.
Pieve: Non si hanno attestazioni.
Altre presenze ecclesiastiche: La presenza di una chiesa dedicata ai Santi Fabiano e Sebastiano è attestata nel 1180, quando Alessandro III ne conferma i possessi alla chiesa matrice. Nel 1370 la prebenda della chiesa, già spettante al marchese Gabriele d’Incisa, è assegnata al chierico Guiscardo Brogio dal vescovo di Acqui. Lo stesso documento del 1180 cita la presenza a Carentino una chiesa di Santa Maria. Verso la metà del secolo XVI la cura d’anime viene trasferita alla chiesa di Santa Maria, fuori dell’antico abitato di San Sebastiano, già officiata e ceduta dal convento degli umiliati. La chiesa di Santa Maria viene sostituita da un nuovo edificio sotto il titolo di San Sebastiano nel 1780. A quest’epoca è attestata l’esistenza di una Confraternita della Santissima Trinità, dotata di oratorio e di redditi fiscalmente esenti pari a £ 15, mentre la Confraternita dei Santi Giacomo e Cristoforo possiede beni per un reddito di £ 60; Nella chiesa parrocchiale viene eretta nel 1677 una Compagnia del Rosario. Il beneficio di Nostra Signora di Loreto, con chiesa fuori del concentrico e con redditi pari a £160 annui, è di patronato della comunità.
E’ segnalata la presenza di una cappella di San Rocco, abbattuta forse nei primi decenni del secolo XIX, nonché quella di un oratorio della Beata Vergine alla cascina Aimonetta, di proprietà e sui vasti possedimenti dei Guasco.
Assetto insediativo: Fortemente nucleato, con tensioni affioranti, durante l’età moderna, nella vita devozionale e, probabilmente, in materia fiscale, tra il concentrico e le cascine circostanti.
Comunità, origine e funzionamento: La vita istituzionale della comunità di Carentino tra il tardo medioevo e l’età moderna appare strettamente legata sia alla sua appartenenza al marchesato d’Incisa sia a forme di parziale subalternità rispetto al vicino, popoloso centro fortificato di Bergamasco. Mentre
Carentino partecipa, sia sotto i marchesi d’Incisa sia con la frammentazione del loro dominio, alla evoluzione di diversi aspetti di una vita comunitativa istituzionalizzata, quali per esempio la progressiva definizione dei confini e dei rapporti fiscali che distinguono i propri abitanti da quelli di Bergamasco e di altri luoghi confinanti, non sviluppa tuttavia prerogative collettive a più alto profilo quali la compilazione statutaria o le esenzioni dai dazi che Bergamasco riuscirà a ottenere grazie allo stretto rapporto instaurato con i marchesi del Monferrato. Una certa precarietà dell’assetto istituzionale autonomo di Carentino si manifesterà, in età contemporanea, nella sua temporanea aggregazione al comune di Bergamasco.
Dipendenza medioevo: Nel corso del XII Carentino entra a far parte dell’area egemonica dei marchesi d’Incisa, forse grazie a divisioni ed eredità tra i rami aleramici, ma entro fine secolo il perdurante controllo sul luogo esercitato di fatto dagli Incisa risulta subordinato alla supremazia, sia pure contesa, dei marchesi di Monferrato, a nome dei quali risulta i n possesso degli Incisa entro il 1224 insieme a Bergamasco e a Castelnuovo Bormida. Alla fine del secolo XIII Carentino entra nella zona di gravitazione del comune di Asti, con cui gli Incisa stipulano un’alleanza con la cessione del castello e delle sue pertinenze, ma, a partire dai primi anni del Trecento, si assiste a un riavvicinamento tra gli Incisa, organizzati in consortile, e i marchesi del Monferrato, ai quali Bergamasco viene ceduta nel 1305 insieme con Bergamasco e Vaglio. Il rapporto tra i marchesi di Monferrato e gli Incisa si consolida nel corso del secolo XIV, mentre si accentuano i rapporti tradizionali di diretta fedeltà degli Incisa all’impero.
In seguito alla pace di Lodi del 1454, gli Incisa, che erano stati alleati dei duchi di Milano contro la Lega italica e i marchesi del Monferrato, vengono sciolti dal giuramento di fedeltà che li legava a questi ultimi; nel 1466 gli Incisa giurano fedeltà allo stato di Milano, conservando tuttavia, anche successivamente, notevoli margini di autonomia politica.
Feudo: Il dominio degli Incisa su Carentino e sugli altri luoghi del marchesato (comprendente anche, nella sua massima ampiezza, Bergamasco, Incisa, Castelnuovo, Vaglio, Betonia e Cerreto) è consolidato nel secolo XII e si articola, a partire dalla fine del secolo XII, in un consortile. A partire dalla fine del secolo XV i conflitti, o faide, tra gruppi agnatizi più ristretti, fratelli e cugini, sorretti di volta in volta da detentori superiori di potere, in particolare il marchesato del Monferrato e lo stato di Milano, raggiungono un elevatissimo grado di violenza, che sembra minacciare di volta in volta la coesione territoriale e quella parentale del marchesato. La carriere più spregiudicata è forse quella di Oddone, che, nel 1487, non soltanto esce vittorioso da una feroce vendetta contro i cugini Ippolito e Pietro Maria, ma ottiene dal marchese Bonifacio III di Monferrato l’investitura dell’intero marchesato insieme al fratello Secondino e al cugino Alberto, con l’esclusione degli altri consorti. Oddone inaugurerà così la ricerca di un dominio personale ed esclusivo, diventando vassallo sia del re di Francia sia del duca di Savoia per contrapporsi ai parenti già suoi alleati e sostenuti a loro volta dal marchese del Monferrato, dal quale Oddone verrà catturato e giustiziato nel 1519.
Nonostante una breve infeudazione di Bergamasco a Gerolamo Perbono di Oviglio e alla cessione in favore dei marchesi del Monferrato dei diritti degli Incisa in cambio di alcuni beni allodiali a Castelnuovo Belbo, il figlio di Oddone, Gian Giacomo, otterrà una nuova investitura imperiale su tutti i luoghi del marchesato nel 1536. La faida tra due schieramenti bilanciati, e in particolare tra Gian Giacomo e il figlio di Secondino, sarà alimentata fino al 1544 dagli alternanti appoggi esterni dell’imperatore Carlo V vuoi direttamente vuoi mediante il senato di Casale, finché il figlio di Secondino, Boarello II, rimasto erede unico del marchesato, rinuncerà nel 1544 ai suoi diritti in cambio dei feudi di Camerana e di Gottardo dopo una lunga lite davanti al senato di Milano con i Gonzaga, ormai divenuti marchesi del Monferrato.
Sono attestate investiture ai De Fino (1606); a Callerio Bonetti (1624); a Guido Porta nel 1646. Il feudo di Carentino viene portato in dote da quest’ultima famiglia ai Faà di Bruno nel 1655.
Mutamenti di distrettuazione: Carentino appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, sebbene con nozione priva di un preciso contenuto amministrativo era classificato fra le terre dello stato “al di là del Tanaro”. Nel coltivare larghi spazi di autonomia, i signori locali, marchesi d’Incisa, furono protagonisti di temporanee dedizioni e alleanze verso i duchi di Milano, il re di Francia e il duca di Savoia nel secolo XV e agli inizi del XVI. Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708, Carentino entrò a far parte della provincia di Acqui. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798). Entro la maglia amministrativa francese, Carentino dapprima (1801) seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Asti. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento del Tanaro, circondario (“arrondissement”) di Acqui. Con il successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo dell’Acquese e quindi di Carentino fu quello del dipartimento di Montenotte, Sottoprefettura di Acqui, Cantone di Incisa.
Dopo la parentesi napoleonica, Bergamasco entrò a far parte della provincia di Acqui, a sua volta parte della più estesa circoscrizione amministrativa costituita dalla divisione di Alessandria (istituita nel 1818). In questo quadro, Carentino fu compreso nel mandamento di Mombaruzzo.
Mutamenti territoriali: Il comune di Carentino viene aggregato a Bergamasco nel 1928.
Comunanze: Nel 1783-95 una vertenza sui boschi situati in regione Mosca attesta la presenza di rivendicazioni di uso comune insieme ad attriti con la comunità di Bergamasco.
Luoghi scomparsi: Sul territorio comunale reperti di età neolitica. Forse l’insediamento tardo medievale sorgeva in località San Sebastiano.
Catasti: Presso l’archivio storico del comune non sono conservati catasti precedenti alla seconda metà del secolo XVIII, anche se è attestata una misura del territorio del 1740, senza mappa. E’ invece conservato il catasto risalente all’epoca del “censimento” dell’Alessandrino, l’opera di catastazione promossa dalle autorità sabaude negli anni Sessanta e Settanta del secolo XVIII, a cui fanno seguito il catasto del 1790, dotato di mappe particellari.
Ordinati: L’archivio storico comunale conserva, in serie ininterrotta, i deliberamenti del consiglio della comunità a partire dal 1814, con frammenti di deliberazioni a partire dai decenni finali del secolo XVI.
Statuti: Non si hanno attestazioni di compilazioni statutarie.
Liti territoriali: Nel 1414 i territori di Carentino e Bergamasco vengono definiti “con apposizione de’termini” rispetto a quello di Oviglio. I confini vengono dichiarati “antichi” nel 1437, quando il riacuirsi della controversia verte sul pagamento dei “carichi” a Oviglio da parte dei Bergamaschesi “che possiedono beni in quel territorio”; la loro condanna da parte del delegato milanese è accompagnata dall’ordine di piantare nuovi termini divisori dalla “ripa del Belbo in mezzo la bocca di Stampasso” lungo la “Valle Fredda“ e fino al “sentiero che tende” da Oviglio a Gamalero.
Durante l’età moderna le vertenze per intorno ai confini con Oviglio sono un fulcro di contenzioso giurisdizionale tra il marchesato del Monferrato e lo stato di Milano “per la gran quantità de’terreni che sono in contesa tra i due Stati”.
I conflitti di Carentino con Bergamasco intorno alle imposizioni fiscali per i beni posseduti dai Bergamaschesi sul territorio di Carentino sono concentrati e discussi davanti al senato del Monferrato in particolare negli anni 1508-31 e 1620, epoca in cui viene stimato che “nel finaggio et territorio di Carentino possedono molti particolari di Bergamasco tanti beni che quasi assendono alla terza parte del registro”: questi proprietari di fondi iscritti a catasto, o “a registro”, a Carentino invocano una “antica consuetudine, che allegano esser stata che fra essi duoi luoghi”, sulla base della quale “né li uni né li altri fossero tenuti” al pagamento di tasse, “eccetto il fodro et camperia, per li beni che li uni possedono sopra le fini delli altri”.

 

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