VIII. Il Cile di Pinochet: l`economia
Nei mesi successivi al colpo di stato l’economia cilena era ancora traballante. Poiché la giunta militare non era particolarmente abile nel rimediare alle persistenti difficoltà economiche, Pinochet nominò un gruppo di economisti che erano stati educati negli Stati Uniti all`Università di Chicago. Dato il supporto finanziario ed economico da parte di Pinochet, degli USA e delle istituzioni finanziarie internazionali, Los Chicago Boys avvocarono delle politiche neoliberiste basate sul laissez-faire, sul libero mercato e sul conservatorismo fiscale, in netto contrasto con l`intensivo programma di nazionalizzazione ed economia pianificata centralmente, portato avanti da Allende[1].
La spesa pubblica venne tagliata. Le riduzioni cumulative ai fondi per la salute ammontarono al 60% tra il 1973 e il 1988. I tagli causarono indirettamente una crescita significativa di molte malattie e problemi di salute mentale prevenibili: aumenti dei casi di tifo (121%), epatite virale, ed un aumento nella frequenza e gravità di disturbi mentali tra i disoccupati.
Il precedente calo degli aiuti esteri avutosi durante gli anni di Allende venne immediatamente invertito dopo l`ascesa di Pinochet: il Cile ricevette 322,8 milioni di dollari statunitensi in prestiti e crediti nell`anno successivo al golpe[2].
Infatti, nonostante una considerevole condanna internazionale delle violazioni dei diritti umani da parte del regime militare, (questione su cui anche gli USA espressero preoccupazione) continuarono a esprimere la loro opposizione alle repressioni della giunta in sedi internazionali come le Nazioni Unite, ma al tempo stesso, a dare al Cile un sostanzioso supporto economico negli anni dal 1973 al 1979.
Gli USA andarono oltre la condanna verbale nel 1976, quando posero un embargo sulla vendita di armi al Cile, che rimase in vigore fino al ripristino della democrazia nel 1989. Presumibilmente, date le preoccupazioni internazionali circa la repressione interna cilena, la precedente ostilità statunitense e le azioni contro il governo Allende, gli USA non volevano essere visti come complici delle attività di “sicurezza” della giunta.
Alcuni importanti alleati degli Stati Uniti, però, come Regno Unito, Francia e Germania Ovest, non bloccarono la vendita di armi, approfittando della mancanza della competizione nordamericana[3] per cui l’embargo degli Stati Uniti non sortì alcun effetto.
Sotto Pinochet, gli stanziamenti per l`esercito e la difesa interna crebbero del 120% dal 1974 al 1979. A causa della riduzione nella spesa pubblica, decine di migliaia di dipendenti pubblici vennero espulsi da impieghi in altri settori dello stato.
Le politiche economiche sposate dai “Chicago Boys” e implementate dalla giunta causarono inizialmente gravi danni ai settori più poveri della società cilena, ed infatti, tra il 1973 e il 1989, ci furono ampi tagli nei redditi e nei servizi sociali, gli stipendi decrebbero dell`8%, i risparmi delle famiglie divennero il 28% di quello che erano stati nel 1970 e i budget per educazione, salute e alloggi scesero di oltre il 20% in media[4].
Il massiccio incremento nelle spese militari e i tagli nei finanziamenti ai servizi pubblici coincisero con la diminuzione dei salari e il costante aumento della disoccupazione, che era in media del 26% negli anni 1982-1985, arrivando a punte del 30%[5].
Anche il debito estero crebbe sostanzialmente sotto Pinochet, salendo del 300% tra il 1974 e il 1988[6].
Tuttavia le politiche di Pinochet che portarono ad una sostanziale crescita del Prodotto Interno Lordo, (in contrasto con la crescita negativa vista nell`ultimo anno dell`amministrazione Allende) vennero lodate internazionalmente per essere riuscite a trasformare l’economia cilena e aver portato ad un “miracolo economico”.
(continua)
[1] Valdes, J.G., Pinochet`s economists: The Chicago School in Chile, Cambridge, 1995.
[2] Petras, J., & Vieux, S., "The Chilean `Economic Miracle"`: An Empirical Critique", in Critical Sociology, 17, 1990 pp. 57-72.
[3] Falcoff, Mark, Cuba: The Morning After, 2003 p. 26.
[4] Sznajder, M. Dilemmas of economic and political modernisation in Chile: A jaguar that wants to be a puma, in Third World Quarterly, 17, 1996, pp. 725-736.
[5] Petras, J., & Vieux, S. op. cit, pp. 57-72.
[6] Schatan, J. The Deceitful Nature of Socio-Economic Indicators, in Development, 3-4, 1990, pp. 69-75.