Il 12 luglio del 1975, il diario vespertino “La Segunda” pubblicò in prima pagina: “Due mila marxisti ricevono istruzione in Argentina, per organizzare azioni di guerriglia contro il Cile”.

Nelle pagine interne, si aggiungeva: “Forze di sicurezza dell’esercito argentino, scoprono che dirigenti del MIR, che in Cile si davano per dispersi, e che le organizzazioni internazionali comuniste, davano per assassinati, sono invece vivi ed anzi, si addestrano in Argentina per comandare compagnie di guerriglia”.

Questo fu l’inizio della campagna chiamata “il caso dei 119”.

Il 14 e 16 giugno, il giornale “El Mercurio” annunciò che 50 guerriglieri erano stati arrestati a Talca e che altri gruppi avevano attraversato la frontiera dall’Argentina, in un piano combinato del MIR cileno e del ERP argentino.

Per tutto il periodo successivo i giornali cercarono di ribaltare la verità: i cileni spariti erano in realtà fuggiti all’estero per tramare contro il governo, quelli trovati uccisi erano stati fatti fuori dalle stesse organizzazioni marxiste di cui facevano parte. Le notizie, o spesso le stesse fonti da cui provenivano erano create artificialmente.

Il 18 luglio la rivista argentina “Lea” pubblicò una lista di 60 cileni uccisi in diversi paesi dai propri compagni di lotta, il 24, il giornale “La Segunda”, riportando quanto pubblicato dal giornale brasiliano “O Día”, pubblicò una lista di 59 cileni morti durante uno scontro con la polizia nella zona di Salta.

Le associazioni di stampa, e i governi argentino e brasiliano, successivamente negarono l’ufficialità e l’attendibilità dei due giornali “Lea” e “O Dia”.

La lista totale dei 119 morti comprendeva 18 donne e 101 uomini, 105 dei quali detenuti nel 1974, 14 nel 1975.

(continua)