XII. Le cifre della repressione
Vale la pena di analizzare attentamente le cifre della repressione[1]
Nel periodo gennaio-giugno 1974, si possono distinguere chiaramente due tappe. Nel primo trimestre furono i membri delle Forze Armate che effettuarono le massicce e indiscriminate detenzioni, nel secondo trimestre, invece iniziò la partecipazione degli apparati di sicurezza, le detenzioni diventarono selettive, rivolgendosi verso dirigenti politici e sindacali, per reprimere le organizzazioni dei lavoratori e i partiti che iniziavano una resistenza.
Nel secondo semestre del 1974, gli arresti aumentarono nel mese di agosto, riattivandosi le detenzioni massicce con il proposito di assicurare la tranquillità ed evitare agitazioni durante il primo anniversario del governo militare.
Nel primo semestre del 1975, il totale dei detenuti arrivava per lo meno a 800 persone.
Terminata la prima fase di arresti di massa, le detenzioni furono praticate singolarmente, da membri della DINA e del SIFA (Servicio de Inteligencia de la Fuerza Aérea).
Tra l’11 settembre, e il 31 dicembre 1973, scomparvero 319 pesone.
La scoperta di fosse clandestine in Lonquén, Laja, Mulchén e altre, suggerì che durante questo lasso di tempo le scomparse obbedissero agli ordini delle autorità di eliminare gli oppositori.
Nelle città di provincia, nelle zone rurali, nelle industrie, si ebbero il maggior numero dei sequestri “silenziosi”, non dichiarati.
Spesso i familiari e i testimoni del sequestro vedevano dove parenti e amici venivano condotti, ma dopo di che ne perdevano definitivamente le tracce.
Iniziarono azioni legali, processi e ricorsi, ma inutilmente. Nessuno poté avere risposte o giustizia.
Alcuni vennero a sapere che i propri familiari erano stati assassinati, ma ancora oggi ignorano come, dove e quando. Non videro mai i corpi né ricevettero spiegazioni o certificati di alcun tipo.
Le scomparse si concentrarono dei mesi di settembre-ottobre, già nei mesi successivi la cifra si abbassò notevolmente.
Durante il 1974 scomparvero 235 persone, 206 di Santiago, 27 della provincia, (105 dei quali furono compresi nella lista dei 119).
Nel 1975 scomparvero 81 persone, la maggior parte da Villa Grimaldi
Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, il quadro delle detenzioni praticate da i “Carabineros” e dal servizio di Investigazione (senza contare le detenzioni realizzate dal corpo militare) tra il 1970 e 1980 fu:
Anno | Carabineros | Investigazione | Totale |
1970 | - | - | 539.521 |
1971 | - | - | 553.196 |
1972 | 493.967 | 64.775 | 558.742 |
1973 | 459.455 | 65.096 | 524.551 |
1974 | 667.859 | 84.706 | 752.565 |
1975 | 806.304 | 87.694 | 893.998 |
1976 | 915.47 | 108.660 | 1.024.137 |
1977 | 999.060 | 113.607 | 1.112.667 |
1978 | 850.999 | 90.615 | 941.614 |
1979 | 783.884 | 81.125 | 865.009 |
1980 | 748.616 | 74.642 | 823.258 |
1981 | 714.067 | 66.855 | 780.922 |
Le detenzioni contate dal Vicariato e dalla Commissione Cilena dei Diritti Umani dal 1979 furono: 1979, 1.325; 1980, 1.129; 1981, 911; 1982, 1.789; 1983, 15.077; 1984, 39.440; 1985, 8.946, e 1986, 33.665.
Nel maggio del ‘75 il Ministero dell’Interno riconobbe che in Cile il numero delle persone detenute era di 41.359, nel febbraio successivo la stessa fonte, indico che il numero era salito a 42.486.
Si stima che i casi di detenzione in seguito alla scomparsa, tra il ‘73 e il ‘76, furono 2000, dei quali solo 668 documentati dal Vicariato della Solidarietà.
Tra l’11 marzo dell’81, data dell’entrata in vigore dell’attuale costituzione cilena, e l’1 gennaio dell’83, morirono 84 persone.
Negli ultimi anni le morti prodotte dalla repressione furono: 1983, 96; 1984, 80; 1985, 66, e 1986, 58. Totale, 300 morti
Le cifre della tortura sono molto più difficili da precisare per l’effetto intimidatorio che il tormento ha sulle vittime, comunque (con dati che il Vicariato della Solidarietà fornisce dal ‘79, e la Commissione Cilena dei Diritti Umani dall’82) il Rapporto della Commissione Interamericana di Diritti Umani dell’85 mostra il seguente panorama:
Anno | Denunce formalizzate | Stimate |
1979 | 143 | - |
1980 | 91 | - |
1981 | 68 | - |
1982 | 57 | 123 |
1983 | 77 | 434 |
1984 | 100 | 294 |
Totales | 536 | 851 |
Per quanto riguardò l’85, la Commissione Cilena dei Diritti Umani, contò 168 casi, 255 nell’86, stimando tuttavia che i casi reali furono una volta e mezzo tanti.
La tortura ebbe tre obiettivi fondamentali. Innanzitutto ottenere rapidamente informazioni con lo scopo di poter effettuare altri arresti, e smascherare presunte attività sovversive dei partiti politici di sinistra. Secondo, rompere la resistenza del prigioniero, annullandolo la sua rete di contatti politici, e rendendolo, quindi, inutile per un ulteriore sviluppo di compiti all’interno dei partiti d’opposizione. Infine, castigare, come vendetta per l’affinità ideologica o politica del detenuto.
I servizi segreti della Forze armate (FF.AA.), Carabineros, e Investigazione, agirono senza tregua nei mesi immediatamente successivi al golpe, mostrando spesso di essere stati addestrati alla pratica della tortura, molto probabilmente nella scuola americana USARSA, nel canale di Panama.
La libertà di stampe in quegl’anni era praticamente inesistente. Nel 1986 le aggressioni denunciate da giornalisti furono: sequestro e omicidio, 1; minacce di morte, 19; feriti dalla polizia, 2; altre aggressioni, 3; abuso di potere, 10; detenzioni, 11; processati,12; esonerati, 47.
Nello stesso anno, le aggressioni ai mezzi di comunicazione furono: 2 locali assaltati; 15 furono sospesi o fatti chiudere; 12 requisiti; 7 sospesi; a 4 furono proibite o sospese le emissioni di frequenza.
E’ difficile calcolare con precisione la quantità degli esiliati politici prodotti dal regime. Secondo i dati della Commissione Interamericana di Diritti Umani, solo nei primi due anni del governo militare, 20,000 cileni si videro costretti a emigrare per ragioni politiche, più decine di migliaia per motivi economici o indotti da un clima di vivibilità insostenibile.
Secondo la Chiesa Cattolica il numero totale delle situazioni esilio forzato o volontario ammonta a più di centomila.
(continua)
[1] Maria Eugenia Rojas, “La represion politica en Chile”, 1986, in http://www.derechos.org/nizkor/chile/libros/represion/